GENOVA Adesso toccherà alla procura di Genova eseguire il sequestro. I soldi della Lega potranno essere congelati a partire da oggi «ovunque e presso chiunque», fino al raggiungimento della cifra di 49 milioni di euro, ammontare dei fondi per i quali l'ex leader Umberto Bossi e l'ex tesoriere Francesco Belsito, insieme a tre ex revisori contabili del Carroccio, sono stati condannati per truffa aggravata ai danni dello Stato. Il Tribunale del Riesame ha accolto gli argomenti della procura e respinto in toto il ricorso dei legali del partito, che avevano invocato anche la Convenzione per i diritti dell'uomo e una questione di legittimità costituzionale. La vicenda riguarda i fondi incassati tra il 2008 e il 2010, i magistrati hanno verificato che il denaro incassato per le spese elettorali era stato trasferito con investimenti in Tanzania e a Cipro, o utilizzato per le spese della famiglia Bossi.
La furia del segretario del Carroccio Matteo Salvini non si fa attendere: «Temete l'ira dei giusti», dice. E se il partito incassa la solidarietà unanime di tutto il centrodestra, è lo stesso premier Giuseppe Conte a intervenire: «Non ci saranno ripercussioni per il governo, ma è chiaro che per un partito diventa difficile svolgere attività politica se non ci sono risorse».
CONTINUITÀ
L'attuale Lega, secondo il Tribunale di Genova, non può dirsi estranea a quanto accaduto in passato. Si legge nella sentenza depositata ieri: «Non può invocarsi l'estraneità del soggetto politico Lega Nord rispetto alla percezione di somme confluite sui suoi conti e dalle quali ha, pertanto tratto cospicui vantaggi patrimoniali». Per i giudici anche la questione di legittimità costituzionale invocata dalla Lega è del tutto infondata: anzi il sequestro tutela proprio gli organi costituzionali, parti civili nel processo. Si legge nelle motivazioni: «La confisca obbligatoria è finalizzata al fine legittimo e conforme ai principi dell'ordinamento giuridico interno e sovranazionale di assicurare allo Stato il profitto del reato ricercandolo ovunque e presso chiunque, rammentandosi sul punto che le parti civili del presente procedimento sono gli stessi organi costituzionali dello Stato (nella fattispecie la Camera dei deputati e il Senato), con conseguente esclusione di ogni possibile travalicamento del provvedimento ablatorio di recupero a giustizia di somme indebitamente percepite dai dirigenti protempore del partito».
E il collegio del Riesame di Genova boccia anche l'ultimo argomento dei legali del Carroccio: il riferimento al pronunciamento della Grande Chambre di Strasburgo in merito al sequestro, dichiarato illegittimo, dell'ecomostro di barese di Punta Perotti. Scrivono i giudici: «La Grande Chambre si pronuncia sul caso concreto, senza stabilire principi validi in astratto».
Salvini non ha intenzione di arrendersi. La polemica con i magistrati è aperta. Tanto da spingere il procuratore di Genova Francesco Cozzì a una battuta: «Vi prego di separare la vicenda Lega dalle indagini sul Ponte Morandi, anche se qualche politico tende ad accostarle». Ma il leader del Carrocio, che in questi giorni ha più volte sollecitato la procura a occuparsi del crollo anziché dei soldi del suo partito, commenta: «Lavoro per la sicurezza degli italiani e mi indagano per sequestro di persona (30 anni di carcere), lavoro per cambiare l'Italia e l'Europa e mi bloccano tutti i conti correnti, per presunti errori di dieci anni fa. Se qualcuno pensa di fermarmi o spaventarmi ha capito male, io non mollo e lavoro con ancora più voglia. Sorridente e incazzato».