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Data: 09/09/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
«In manovra primo taglio delle accise sulla benzina»

Massimo Bitonci, sottosegretario all'economia, lei fa parte del gruppo ristretto della Lega incaricato di scrivere il pacchetto fiscale per la prossima manovra. A che punto siete?
«Presenteremo martedì una proposta che, peraltro, Matteo Salvini già conosce».
Può spiegarla anche a noi?
«Ci sarà una misura sulle aliquote Irpef per il 2019, e anche una riduzione delle accise sulla benzina. Poi per il 2020-2021, Salvini ci ha chiesto di preparare una flat tax».
Cosa è previsto per l'Irpef il prossimo anno?
«Proporremo una riduzione della prima aliquota dal 23% al 22%».
Poi nel 2020 e nel 2021 cosa succederà?
«Ci sono allo studio due ipotesi, una ulteriore riduzione delle aliquote Irpef oppure una flat tax progressiva. Non lo abbiamo ancora stabilito».
Da cosa dipenderà?
«Il Tesoro sta facendo delle simulazioni sul gettito».
Si è detto che il punto di arrivo dell'Irpef potrebbero essere tre aliquote: 21%, 38% e 43%. È corretto?
«Stiamo ancora valutando. Sul tavolo ci sarà comunque la proposta di una flat tax con più aliquote. Il punto di partenza resta il taglio del primo scaglione».
Senta, tagliare solo la prima aliquota Irpef di un punto rispetto alla promessa della flat tax non rischia di sembrare riduttivo. In fine dei conti sono tra 90 e 150 euro l'anno per contribuente?
«Siamo a settembre, la manovra è in fase di scrittura, dobbiamo tenere conto delle risorse disponibili. E poi il taglio dell'Irpef è solo un tassello di una manovra fiscale più ampia».
Cos'altro c'è nel pacchetto?
«L'ampliamento del regime dei minimi. Applicheremo l'aliquota del 15% fino a 65 mila euro, poi cui sarà un'aliquota incrementale del 5% fino a 100 mila, si pagherà, cioè, solo sulla parte che supera i 65 mila euro».
La proposta di legge depositata prevedeva il 15% fino a 100 mila?
«Fosse dipeso da noi saremmo partiti subito con i 100 mila euro, ma abbiamo dovuto rispettare il limite europeo sui minimi. Altri Paesi, come la Francia, hanno avuto una deroga dalla Commissione europea, la chiederemo anche noi».
Su quante risorse potete contare?
«Noi dobbiamo stare dentro la quota parte di bilancio riservata alle misure della Lega. Lo spazio è quello che resta dopo la sterilizzazione dell'Iva, del finanziamento delle spese indifferibili e del maggior costo per gli interessi sul debito».
Si è parlato di misure per 10 miliardi?
«La quota parte della Lega è di 5 miliardi, altri cinque sono per le misure del Movimento 5 Stelle. Loro impiegheranno la loro parte per il reddito di cittadinanza».
Come sarà divisa la vostra quota tra le varie misure?
«La flat tax sui minimi circa 1,5 miliardi. Il resto andrà alla riduzione dell'Irpef e alle altre proposte che presenteremo al tavolo martedì».
Cos'altro c'è?
«Ci sarà come detto un primo sfoltimento delle accise sulla benzina, cancelleremo quelle più datate nel tempo. E poi ci sarà un'altra misura molto importante per le imprese, una riduzione dell'Ires dal 24% al 15% per gli utili che vengono reinvestiti per l'acquisto di attrezzature e beni per lo sviluppo dell'attività. Una specie di nuova legge Tremonti. Proporremo di estendere questa misura anche alle assunzioni».
Le accise di quanto saranno tagliate?
«Stiamo ancora facendo i conteggi. Sarà un primo segnale».
Nel contratto di governo si parla di cancellare tutte quelle voci «anacronistiche», che risalgono addirittura alla guerra di Etiopia e che valgono secondo i calcoli dei consumatori, fino a 20 centesimi al litro?
«È un tema che sta molto a cuore a Matteo Salvini».
Come saranno coperti i 10 miliardi necessari a finanziare il vostro pacchetto e quello del Movimento Cinque Stelle?
«Dovrebbe essere all'interno degli spazi di bilancio che verranno concessi dalla Commissione europea».
Sicuri che Bruxelles sia disposta a concedere tutta questa flessibilità?
«Non credo che l'Europa ponga tutti questi vincoli. Primo perché c'è un dato politico, il prossimo anno ci sono le elezioni europee e in questi passaggi le maglie sono sempre un po' più larghe. E poi perché Germania e Francia questa flessibilità l'hanno già utilizzata. All'Italia non può essere negato di portare avanti delle politiche di sviluppo».
Farete la pace fiscale?
«Sì, e sarà la più ampia possibile. Molto simile a quella del 2002».
Fu un condono tombale, quanto si pagherà per chiudere i contenziosi?
«Ci saranno probabilmente tre aliquote».
Cancellerete gli 80 euro di Renzi?
«Non servirà».

ROMA Giovanni Tria sparge ottimismo. Segno che per il ministro dell'Economia il confronto all'Ecofin con i colleghi europei e con la Commissione è andato bene. «Tutte e tre le riforme», ossia la flat tax, il reddito di cittadinanza e le pensioni a quota 100, «partiranno», ha detto il ministro. «Ci sono i margini», ha aggiunto, «per farle partire gradualmente». Cosa significa si inizia a intravedere. Un taglio della prima aliquota Irpef per la flat tax, una quota 100 con qualche paletto per le pensioni, un allargamento del Rei per il reddito di cittadinanza. La svolta responsabile di Matteo Salvini e Luigi Di Maio ha aiutato Tria nella sua trattativa in Europa. Primo perché ha fatto calare lo spread, che rischiava di appesantire i conti pubblici alla voce interessi sul debito. «L'aggiustamento dei conti», ha ricordato ieri il ministro, «dipende anche dallo spread». Prima di tirare le somme, al ministero del Tesoro aspettano di avere i nuovi dati sul Pil che l'Istat rilascerà il 20 settembre. Dati, ha detto Tria, «un po' più confortanti» di quanto si pensava solo qualche settimana fa.
IL CONFRONTO
I mercati anche sembrano tranquillizzarsi. Per il ministro un buon segnale. Significa che hanno capito che «si è passati dalle parole alle azioni». La manovra di bilancio in scrittura, secondo il titolare di via XX settembre, li calmerà definitivamente, «resteranno sorpresi». La domanda resta, allora, sempre la stessa. Su quanta flessibilità europea l'Italia potrà contare? Rispetto al passato la Commissione non sembra sulla barricate. Complice, probabilmente, anche la scadenza del prossimo anno. Le elezioni europee alle porte sconsigliano di alzare i toni. I commissari Dombrovskis e Moscovici, che hanno in mano il dossier, si sono limitati a chiedere sostanzialmente due cose: un miglioramento del saldo strutturale di bilancio, e un calo del debito. Tria non ha battuto ciglio. Sin dal suo insediamento ha garantito che il saldo strutturale sarebbe rimasto stabile e che il debito sarebbe calato. Dunque l'unico compito a casa riguarda il saldo strutturale. Per rispettare le regole del fiscal compact, Roma dovrebbe ridurlo di 0,6 punti percentuali, 10,4 miliardi di euro, il prossimo anno. La Commissione ha già messo in conto che così non sarà e non ha fatto opposizione. Chiede solo un segnale. Insomma, Tria potrebbe proporre una correzione anche di un solo decimale, del tutto indolore per i conti pubblici. «Da un punto di vista dei dati», ha spiegato ieri il ministro dell'Economia, «il confine tra non peggioramento e miglioramento, è tanto piccolo che ovviamente un miglioramento si farà». L'obiettivo è riuscire a recuperare i 10 miliardi necessari ad avviare le riforme promesse da Lega e Movimento Cinque Stelle. Una dote già equamente divisa in due: 5 miliardi per le promesse della Lega, altri 5 per quelle grilline. E anche il premier Conte, al mondo imprenditoriale e finanziario di Cernobbio, ha detto che il governo sarà «coraggioso» e ha rassicurato: «Alcune misure saranno dosate sui cinque anni» per il bisogno di rispettare i vincoli, «che non sono tanto quelli europei ma quelli per convincere i risparmiatori a prestare all'Italia 400 miliardi l'anno». Il governo - ha sottolineato - «ha chiaro che i risparmiatori guardano alla nostra capacità di ripagare debito e interessi».

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