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Data: 09/09/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
M5S teme nuovi strappi: l'alleanza così non tiene

ROMA I pentastellati non si fidano. La retromarcia avviene l'indomani anche se a Matteo Salvini era stato chiesto di precisare da subito il suo attacca a testa bassa contro la magistratura. Brucia, al ministro dell'Interno, l'avviso di garanzia arrivato a seguito della vicenda dei migranti trattenuti sulla nave della guardia costiera. Ma ancor più irrita e preoccupa l'inchiesta sui fondi della Lega.
L'UMORE
Venerdì sera, dopo la diretta Facebook dal suo ufficio al Viminale, Salvini lascia il ministero dell'Interno in tenuta sportiva e sale su un taxi. Direzione periferia nord di Roma. A Bravetta si infila dentro la pizzeria Er Barone dove già a giugno si era incontrato con Luigi Di Maio per discutere del contratto di governo. Il vicepremier pentastellato aveva appeno preso la distanza dalle dichiarazioni dell'alleato: «Rispetto per le toghe», «non scateniamo guerre». Raccontano che i due abbiano parlato a lungo, e non solo di toghe e processi, ma che Di Maio abbia concluso la conversazione con lo stesso umore scuro con il quale l'aveva cominciata. Come è poi accaduto ieri a Cernobbio Salvini ha ufficialmente aggiustato il tiro nei confronti della magistratura e delle sentenze, ma rimane nella sostanza convinto che ci sia un disegno politico per mettere in un angolo la Lega e il governo. Un faccia a faccia confermato in mattinata e smentito in serata, ma che non cambia la sostanza del lungo lavorio fatto dai grillini e da Conte per frenare una possibile escalation. Salvini a Di Maio ha infatti mostrato tutta la sua preoccupazione per una vicenda che rischia di non finire presto perché il tribunale di Genova potrebbe avere in serbo altre iniziative.
Il timore dei pentastellati è infatti quello di non riuscire a reggere qualora dovesse arrivare al titolare del Viminale un avviso di garanzia sulla vicenda dei 49 milioni che Umberto Bossi sostiene fossero ancora in cassa sino alle sue dimissioni da segretario federale. Un possibile coinvolgimento giudiziario dei segretari federali della Lega che si sono succeduti a Umberto Bossi rischia di interessare non solo Roberto Maroni ma anche Salvini. A Di Maio l'intera faccenda dei fondi della Lega interesserebbe poco. Se non fosse che un coinvolgimento diretto dell'attuale ministro dell'Interno rischia di avere pesanti conseguenze sulla tenuta della maggioranza. Resta il fatto che, come ha ben compreso Salvini, la base pentastellata venerdì sera era in subbuglio per i suoi attacchi in diretta Facebook ai magistrati. Una reazione che a stento i vertici del Movimento sarebbero riusciti a contenere senza la presa di distanza del Guardasigilli, di Di Maio e dello stesso Conte che, offrendosi come avvocato, ha di fatto consigliato a Salvini di difendersi nelle aule giudiziarie e non dalla scrivania di ministro.
D'altra parte per il M5S un conto è l'avviso di garanzia per la nave Diciotti, un conto la sentenza sui 49 milioni di euro. E la tesi che ora è un'altra Lega, non più quella di Bossi, che Di Maio ha sempre sostenuto con i suoi per spiegare l'alleanza di governo, rischia di non reggere se poi Salvini «attacca i giudici come Berlusconi». La solidarietà espressa a suo tempo dal Cavaliere a Salvini per la vicenda della nave Diciotti e i fondi alla Lega, rischiano di alimentare quel cortocircuito che Di Maio ha cercato sinora di evitare. Ovvero di un M5S che ha stretto un contratto di governo con la Lega che è ancora alleata a Forza Italia.
«Io ieri a Salvini gliel'ho detto che non deve attaccare i magistrati». Ieri mattina Di Maio, nel raccontare della chiacchierata serale, ha rivendicato di aver convinto Salvini a cambiare linea sul lavoro dei giudici. Un messaggio chiaro destinato a coloro che nel Movimento già offrono le iniziative della Lega sul fronte migranti e che rischiano ora di saldarsi all'ala giustizialista che negli anni scorsi non hanno fatto sconti a nessuno.
Ieri sera sia il M5S che la Lega negavano frizioni nella maggioranza. «Non c'è nulla da chiarire», «i rapporti sono ottimi». «Salvini ha anche ringraziato Conte per la solidarietà». La voglia di voltar pagina si comprende, ma lo scontro con le toghe e il veloce ricompattamento dei vertici del M5S sull'alleato rischia di innescare sospetti soprattutto sulle capacità di Di Maio e Conte di contenere la Lega.
LE TENSIONI
Tutto accade alla vigilia del varo del ddl anticorruzione che in settimana potrebbe essere consegnato al Parlamento e della elezione del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Venerdì sera a difesa delle toghe era infatti intervenuto l'attuale vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. «Chi rappresenta le istituzioni rispetti la legge e la Costituzione». Un monito ovviamente condiviso con il presidente del Csm, nonchè presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La presa di distanza del vicepremier Di Maio e del ministro della Giustizia Bonafede dalle parole di Salvini sono infatti riuscite a spegnere l'incendio e il rischio di un nuovo scontro tra politica e magistratura. Almeno per ora.

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