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Pescara, 24/07/2024
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Data: 10/09/2018
Testata giornalistica: Corriere della Sera
L’elenco di chi lavora è lungo. Si vuole la disparità? Dai poliziotti ai camerieri, tantissimi sono impegnati nei festivi. E così la spaccatura tra le categorie si allarga di Pierluigi Battista

È paradossale, ma il divieto di apertura domenicale dei negozi e dei centri commerciali creerà una nuova diseguaglianza tra due categorie di lavoratori: quelli che lavorano la domenica e quelli a cui è vietato di farlo. Si dice: è una difesa del meritato riposo, del diritto a trascorrere in famiglia la domenica. Ma perché questo diritto vale per alcuni e per altri no? Se il riposo domenicale è un diritto inalienabile perché questo diritto viene alienato per altri lavoratori? Una discriminazione. Al contrario, stavolta.Facciamo un elenco provvisorio di lavoratori che continueranno a lavorare la domenica. Gli infermieri, i medici, i volenterosi che presidiano i Pronto Soccorso e gli ambulatori medici e per le emergenze anche quelli veterinari. I Vigili del fuoco. I poliziotti. I carabinieri. I forestali. I finanzieri. Le guide alpine. I maestri di sci. I vigili urbani, più quelli richiamati per particolari manifestazioni ricreative cittadine con blocco del traffico, cioè tutte le domeniche. Gli steward degli stadi. Le maestranze che permettono gli avvenimenti sportivi. I tecnici del pit stop nei box della Formula Uno. I tecnici del video e del suono delle trasmissioni tv che fanno da focolare domestico domenicale per le famiglie che non lavorano nel giorno di festa consacrato al riposo. I tecnici che riprendono gli avvenimenti giornalistici e di cronaca, compresi l’Angelus con l’allocuzione papale a San Pietro e, profanamente, i movimentati tour dei ministri Salvini e Di Maio, che invece si apprestano a chiudere i negozi della domenica per salvaguardare la dignità del lavoro e del riposo. I giornalisti. I tipografi. I poligrafici.

I baristi. I ristoratori. I camerieri. I lavapiatti. Gli addetti alle pulizie. I lavoratori della nettezza urbana. Gli autoferrotranvieri. I bigliettai. Piloti, hostess e lavoratori degli aeroporti. Dei porti. Delle stazioni ferroviarie. Delle stazioni dei bus extra-urbani. Il personale mobilitato per l’apertura di musei, cinema, teatri, siti archeologici e sale da concerto. O lavoratori dei call center che fanno la guardia per eventuali disguidi sulle linee telefoniche, elettriche, idriche, eccetera. I giovani rider che, in bicicletta o in motorino portano il cibo dei ristoranti e delle trattorie nelle case degli italiani che si godono il meritato riposo domenicale. Gli addetti ai caselli autostradali. I lavoratori delle pompe di benzina e degli autogrill. I lavoratori che permettono le trasmissioni radiofoniche domenicali. Gli addetti alle informazioni turistiche. Le guardie penitenziarie. Il personale alberghiero. Più i lavoratori stagionali negli alberghi, negli stabilimenti balneari, nella raccolta di frutta e ortaggi: ma essendo stagionali, possono meritatamente godere delle domeniche fuori stagionale. Più i lavoratori di Amazon e di altri negozi su Internet che dovranno accogliere le richieste dei numerosi consumatori frustrati dalla chiusura dei negozi «fisici» e che compreranno a man bassa per via digitale ciò che non possono raggiungere per via materiale. Incremento delle vendite elettroniche: si chiama nemesi.

La spaccatura del mondo del lavoro in due fasce poteva essere evitata attraverso la ricerca di contratti meno asfissianti per i lavoratori dei centri commerciali e dei negozi: straordinari, condizioni di lavoro, turnazioni ragionevoli e così via, come si fa in tutti gli altri settori in cui il lavoro domenicale viene previsto. È prevalsa invece un’ideologizzazione dell’ostilità nei confronti dei centri commerciali, le nuove piazze degli italiani. Una saldatura tra motivazioni religiose, fobie anticonsumistiche, iper-rigidità sindacali, esaltazioni del «piccolo» contro la grande distribuzione (ricordate il linciaggio sui social di Gianni Morandi che si faceva fotografare con i sacchetti della spesa?) che impedisce ad altri lavoratori e lavoratrici di fare la domenica ciò che non possono fare gli altri giorni della settimana, senza minacciare la dignità di nessuno. Troppo buon senso, meglio vietare

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