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Data: 11/09/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Negozi chiusi la domenica altolà della Lega ai grillini: escludere le città turistiche

ROMA Proprio come per il disegno di legge Spazzacorrotti dove alcuni punti saranno smussati, anche nel caso delle chiusure domenicali dei negozi, in cui però il testo ancora non c'è, il Carroccio è dovuto intervenire per ridimensionare le promesse degli alleati pentastellati. Luigi Di Maio vuole regolare le chiusure domenicali e festive dei negozi tenendone aperti solo il 25% a turno. La Lega ci va con i piedi di piombo. «Immediatamente ho chiesto spiegazioni in merito a questa proposta e non posso pensare che in una realtà turistica si blocchi tutto la domenica», ha detto Gian Marco Centinaio, il ministro delle politiche agricole e forestali con delega al Turismo durante la visita ufficiale all'82esima edizione alla Fiera del Levante di Bari. Matteo Salvini considera le domeniche sacrosante: «Se serve una legge, la faremo. Sono d'accordo sul fatto che occorre andare avanti, però avendo a cuore il tempo delle mamme, dei papà e dei nonni. Bisogna trovare l'equilibrio». Di proposte di legge per non tenere aperti i negozi anche la domenica ne sono state depositate due quasi identiche da Lega e M5S ad aprile, quando il governo gialloverde non era ancora nato. In quella firmata dai Cinquestelle si vuole ridurre le aperture domenicali a 12 su 52, mentre in quella della Lega (8 aperture) c'è esplicitamente scritto che ne vanno esclusi «gli esercizi commerciali ubicati in località turistiche, di montagna, balneari». L'altolà della Lega ha quindi costretto gli alleati a correggere prudentemente il tiro. Con il sottosegretario M5S alla Pa Mattia Fantinati che dopo la solita premessa contro «la liberalizzazione selvaggia che c'è solo in Italia» dice che «vogliamo trovare una sintesi».
LA TURNAZIONE
Poi arriva Sergio Battelli, fedelissimo di Di Maio che smorza i toni così: «Noi, comunque, non vogliamo impedire ai negozi di aprire la domenica o nei giorni festivi ma puntiamo a introdurre un meccanismo di turnazione. Ovviamente dalla regolamentazione rimarrebbero esclusi i negozi che si trovano nei centri turistici». Si tornerebbe dunque al sistema pre-Monti, quando sindaci e commercianti si mettevano d'accordo per organizzare la turnazione.
Per far calare un po' il polverone Confcommercio chiede un incontro urgente con il governo. Il presidente Carlo Sangalli mostra prudenza e auspica che si trovi «un punto di equilibrio tra le esigenze dei consumatori, la libertà delle scelte d'impresa e la giusta tutela della qualità della vita di chi opera nel commercio».
Anche Stefano Bassi, presidente dell'associazione delle Coop di consumo, è molto misurato: «Il governo faccia una proposta scritta - dice - non accettiamo di giocare ai Grandi contro i Piccoli perché c'è spazio per un equilibrio che tuteli tutti gli operatori e i consumatori ai quali di domenica offriamo un servizio».
Matteo Renzi, intanto, boccia l'idea di non aprire i negozi di domenica e ne fa una questione di mentalità. «Io - ha detto - ho lavorato la domenica da quando avevo 20 anni».
Tra i disegni di legge sul tema ce n'è uno del Pd che vieta l'apertura dei negozi non durante le domeniche ma per 12 giorni l'anno festivi (natale, capodano, Pasqua e pasquetta, Ferragosto e così via).
Ma le perplessità sulle proposte governative arrivano anche e soprattutto dagli addetti ai lavori. La grande distribuzione, ad eccezione di Eurospin che si è detta favorevole allo stop alle domeniche di acquisti liberi, parla di decine di migliaia di posti di lavoro a rischio. I centri commerciali ipotizzano la posibilità che saltino per aria 40 mila posti e chiedono un incontro con il governo. «Si avvantaggerebbero solo le vendite on-line», afferma il presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali (Cncc), Massimo Moretti. «È il solito terrorismo», replica il vicepremier Di Maio. E il ministro Riccardo Fraccaro ribadisce: «Tireremo dritto».

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