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Pescara, 24/07/2024
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Data: 12/09/2018
Testata giornalistica: Il Centro
«Mare sporco, condannate Alessandrini». Mancato divieto di balneazione nel 2015, la Procura chiede 6 mesi di reclusione per omissione per il sindaco e Del Vecchio

PESCARA Arriva la richiesta di condanna, da parte della pubblica accusa, per i quattro esponenti politici che hanno scelto la via del rito abbreviato nei due procedimenti, quello sulla realizzazione della City (la struttura che dovrebbe ospitare gli uffici della Regione Abruzzo) e quello della delibera fantasma sul divieto di balneazione: vicende completamente distinte, ma unite in un unico processo davanti allo stesso gup Gianluca Sarandrea soltanto per alcune intercettazioni.
LA REQUISITORIA. Il pm Anna Rita Mantini ha concluso la sua requisitoria chiedendo la condanna per l'attuale sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, e per l'allora vice sindaco Enzo Del Vecchio, a 6 mesi di reclusione per il reato di omissione di atti d'ufficio, e il rinvio a giudizio, per lo stesso reato, per il dirigente comunale Tommaso Vespasiano. Così come ha chiesto la condanna a 8 mesi per l'ex sindaco Luigi Albore Mascia e l'ex assessore comunale, Marcello Antonelli (accusati di abuso d'ufficio), e il rinvio a giudizio per gli altri 12 imputati per la vicenda City (vedi articolo in basso).
VERDETTO NEL 2019. Una decisione che però arriverà soltanto il prossimo 8 gennaio, dopo le programmate repliche del nutrito collegio difensivo. Sul pasticcio della delibera di divieto di balneazione, che risale all'agosto del 2015, firmata, ma mai pubblicata, l'accusa è stata categorica: «E' stata gestita più come una questione politica che tecnica, nonostante che in gioco ci fosse la salute dei cittadini e soprattutto dei bambini visto che l'inquinamento del mare aveva superato tutti i parametri e anche di molto». Il pm ha evidenziato come il Comune di Pescara fosse «consapevole che quelle zone erano critiche per i continui problemi legati anche alla rottura degli impianti Aca» e che quindi c'era una sola soluzione possibile e immediata per risolvere quella situazione: «Bisognava soltanto sospendere la balneazione».
LA BALNEABILITÀ. Ma quel divieto, anche per una serie di disguidi della macchina amministrativa comunale, dovuti in particolare a un difetto di comunicazione (il fax dell'Arta con i risultati dell'inquinamento, non era stato letto in tempo reale), venne fatto in ritardo e mai reso pubblico. Ma poi il pm, che prima del rinvio a giudizio aveva richiesto e ottenuto dal gip l'archiviazione del reato di falso per tutti e tre gli indagati, ha anche ammorbidito la posizione del sindaco: «Alessandrini venne investito della questione soltanto dopo», ha detto, «e fece quel provvedimento relativo ai dati dell'Arta del 29 luglio 2015, soltanto il 3 agosto, quando erano già arrivati i nuovi dati Arta che rendevano di nuovo balneabile quel tratto di mare».
POLEMICHE DA STRONCARE. E fu lo stesso sindaco ad ammetterlo nel corso dell'interrogatorio in fase di istruttoria, quando disse che aveva agito in quel modo per «stroncare le polemiche politiche e rassicurare il fruitore del turismo locale», oltre che per «sedare una volta per tutte la polemica sterile che non aveva alcun addentellato su problemi reali (tutela della salute pubblica dell'ambiente)». Una vicenda che venne fuori da alcune intercettazioni telefoniche sull'utenza del dirigente Vespasiano che era già indagato nella vicenda City; da qui la necessità di far viaggiare i due procedimenti insieme, altrimenti quello sul divieto di balneazione, senza le intercettazioni tra Vespasiano e Del Vecchio in particolare, non sarebbe neppure nato.

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