Si voterà il 10 febbraio 2019. Ha prevalso l’interpretazione più larga, quella suggerita dal governo regionale. Ha prevalso la linea del respiro lungo, che serve al Pd per riprendersi dallo choc del voto del 4 marzo e per riorganizzare le truppe, trovare il candidato, tentare un rilancio. Nel contrasto mai sanato tra legge elettorale e Statuto, hanno pescato il cavillo allunga-data: fatti tutti i conti, la data delle elezioni sarebbe caduta a ridosso delle feste di Natale, e così si fa un salto fino a febbraio.
E la presidente della Corte d’Appello dell’Aquila Fabrizia Francabandera ha condiviso questa interpretazione, suscitando un mare di polemiche. Quella di Forza Italia, prima di tutto. E’ un’interpretazione sbagliata, dicono Lorenzo Sospiri e Mauro Febbo, pronti a impugnare davanti al Tar il decreto che sarà approvato oggi dalla Regione con la convocazione dei comizi elettorali, così come successe nel 2012 rispetto al termine fissato dall’ex presidente Renata Polverini per le elezioni del Lazio. Non solo: Sospiri, che ha ricevuto la notizia direttamente dal presidente facente funzioni Giovanni Lolli, ha chiesto che tutti i consiglieri regionali restituiscano le indennità che continuano a percepire, per non fare nulla, fino al prossimo 10 febbraio. Da quando il Consiglio è stato sciolto e fino al 10 febbraio, la Regione sborserà circa 3 milioni di euro solo di indennità dei consiglieri. Un botto di soldi tutti a carico dei cittadini che si sommano agli otto milioni di euro necessari per le elezioni.
Il 10 febbraio sarà quasi un anno, 11 mesi e rotti, dal 4 marzo, quando Luciano D’Alfonso è stato eletto al Senato. E saranno sei mesi dal 22 agosto, data dello scioglimento del consiglio regionale: sei mesi di immobilità totale, di una Regione a braccia conserte, costretta all’ordinaria amministrazione. Un tempo infinito, un tempo vergognoso, che si deve sommare ai mesi che la Regione, con in testa il suo presidente, ha dedicato alle varie campagne elettorali, a cominciare dal referendum per finire alle elezioni del 4 marzo. La Regione ostaggio di una classe politica che se n’è infischiata dei suoi elettori e dei suoi cittadini.
Un’interpretazione di comodo, commenta Sospiri:
“La legge elettorale abruzzese prevede che in caso di scioglimento anticipato del Consiglio, come in questo caso, le elezioni si svolgano entro tre mesi dalla data di scioglimento che decorre dalle dimissioni del presidente della Regione”.
Insomma, Forza Italia sostiene che i famosi tre mesi si contino a partire dal 10 agosto e non dal 22. E in ogni caso, come ha stabilito il Tar del Lazio nel 2012, “l’esigenza perseguita dalla norma è quella di garantire una tempestiva ricostituzione degli organi di governo regionale”. Quindi, non può esserci una proroga di sei mesi.
“Se finora il 10 febbraio era noto come il Giorno del Ricordo, d’ora in poi diventerà anche il giorno della vergogna dell’Abruzzo”,
ha detto Fabrizio Di Stefano, candidato presidente delle liste civiche legate al centrodestra.
Si tratta di una scelta politica grave, che prolungherà di fatto l’agonia dell’Abruzzo, che prima è stato malgovernato e poi è stato abbandonato da D’Alfonso. La scelta di fondo da compiere era semplice, ossia tra la politica con la P maiuscola, e quindi voto il 10 novembre, perché l’Abruzzo non può restare paralizzato e senza governo, o – come pare stia prendendo forma – la politica con la P minuscola che ha avuto un ultimo, inutile senso di autoconservazione e di salvaguardia della poltrona per qualche settimana in più a danno dei cittadini. Tuttavia nemmeno questa decisione antipopolare cambierà il corso degli eventi: restiamo e resto in azione e proseguirò con ancora maggiore determinazione il mio cammino per restituire alla nostra Regione e agli abruzzesi forza, dignità e un governo capace e autorevole”.
Rincara Sospiri: “Ho già chiamato i nostri legali per impugnare dinanzi al Tar la folle scelta della giunta regionale di indire le prossime elezioni regionali per il 10 febbraio. Ritengo tale decisione non condivisibile, non corretta, contraria al bene dell’Abruzzo e che determinerà un evidente sperpero di denaro pubblico. Sarà battaglia sul profilo legale”.
“La Consigliera regionale del M5S, Sara Marcozzi – recita un comunicato dei 5 stelle – non ha affatto gradito la scelta del Vice Presidente, Giovanni Lolli, di allungare così tanto l’attesa per il ritorno alle urne. E’ inaccettabile la scelta del Pd di tornare alle urne nel 2019, a un anno dall’incompatibilità e a sei mesi dalle dimissioni del Presidente D’Alfonso, lo statuto e le leggi regionali in combinato disposto prevedono che, in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, il ritorno al voto debba essere garantito entro tre mesi dalle dimissioni del Presidente della Giunta regionale. Il Pd ha, come al solito, “stirato” le leggi al solo fine di allontanare quanto più possibile la sicura debacle che li attende alle urne.
Pericolo anche per la legge di bilancio, aggiunge Marcozzi:
“Una decisione che espone a un pericolo enorme l’economia della nostra regione. La legge, infatti, stabilisce che possano essere approvati solo atti indifferibili e urgenti. Il bilancio è certamente un atto indifferibile ma solo relativamente alla parte ordinaria, vale a dire l’approvazione di quella parte di bilancio che riguarda le spese correnti o quelle obbligatorie”.