L'AQUILA L'Abruzzo tornerà al voto, per le regionali, il 10 febbraio del 2019. Lo slittamento, a più riprese paventato nelle scorse settimane, è praticamente cosa fatta: ieri è arrivata la comunicazione informale della Regione che oggi si tramuterà in una delibera che rischia di finire davanti alla giustizia amministrativa visto che Forza Italia ha immediatamente confermato la volontà di adire le vie legali qualora si fosse andati oltre il 2 dicembre. L'accelerazione sulla fissazione della data c'è stata ieri. Il presidente vicario, Giovanni Lolli, si è messo nuovamente in contatto con la presidente della Corte d'Appello, Fabrizia Francabandera. All'inizio si sarebbe ragionato su tre date, tutte nel mese di febbraio: 3, 10 e 24. Poi il cerchio si è stretto sulla prima utile, ovvero il 10.
In conseguenza di ciò, Lolli ha convocato i capigruppo per le 19, in grande urgenza. C'era solo Lorenzo Sospiri, di Forza Italia, il quale ha tuonato: «La motivazione della decisione è quella che abbiamo contestato fin dal principio, ovvero che dai calcoli collegati alle norme vigenti si sarebbe arrivati troppo prossimi al Natale. Abbiamo già allertato i legali: attendiamo la delibera per fare ricorso sulla scorta di quanto ha già stabilito il Tar Lazio, ovvero che la prorogatio, in caso di scioglimento anticipato, deve essere quanto più breve possibile. A noi appare come la chiara volontà di sottostare a necessità tutte politiche. Per quanto riguarda Forza Italia mi sento già di comunicare che alla scadenza del novantesimo giorno dalle dimissioni di D'Alfonso restituiremo tutte le indennità che ci verranno erogate da quel momento in poi». Durissimo il commento di Fabrizio Di Stefano: «Se finora il 10 febbraio era noto come il Giorno del Ricordo, d'ora in poi diventerà anche il giorno della vergogna dell'Abruzzo. Non esistono altri termini per definire, infatti, la scelta effettuata per individuare la data del voto per le elezioni regionali. Non ci sono considerazioni giuridiche univoche che sostengono tale decisione ed è bene essere chiari: si tratta di una scelta politica grave, che prolungherà di fatto l'agonia dell'Abruzzo, che prima è stato malgovernato e poi è stato abbandonato da D'Alfonso. La scelta di fondo da compiere era semplice, ossia tra la politica con la P maiuscola, e quindi voto il 10 novembre, perché l'Abruzzo non può restare paralizzato e senza governo, o la politica con la P minuscola che ha avuto un ultimo, inutile senso di autoconservazione e di salvaguardia della poltrona per qualche settimana in più a danno dei cittadini. Tuttavia nemmeno questa decisione antipopolare cambierà il corso degli eventi: restiamo e resto in azione e proseguirò con ancora maggiore determinazione il mio cammino per restituire alla nostra Regione e agli abruzzesi forza, dignità e un governo capace e autorevole». Anche Sara Marcozzi, candidato presidente del Movimento Cinque Stelle, ha contestato la decisione: «Abbiamo sempre dichiarato che sulla base delle leggi si sarebbe potuto tornare al voto dal 15 novembre in poi, garantendo le prerogative di tutti. Francamente non capiamo perché scavallare l'anno e perché ritardare così tanto. Si poteva tranquillamente votare tra fine novembre e inizio dicembre, evitando il protrarsi della situazione di stallo. Ricorso al Tar? Valuteremo il da farsi».