ROMA «Dopo le ingiustizie e le sofferenze, la nostra priorità è restituire il diritto alla pensione a milioni di italiani: stiamo lavorando per questo». La battaglia della Lega per ristrutturare la riforma Fornero introducendo quota 100 sembra ormai vinta e il vicepremier Matteo Salvini può esultare. Nello schema che il governo sta mettendo a punto ci sarebbe la possibilità di uscire dal lavoro a 62 anni a patto di poter vantare 38 anni di contributi. L'operazione, tra l'altro, dovrebbe essere accompagnata anche da sconti per alcune categorie di lavoratori più deboli. «Dobbiamo immaginare di creare qualche flessibilità in uscita perché ci sono dei lavori particolari o persone con problemi di salute» ha spiegato Alberto Brambilla, consulente del Carroccio in materia previdenziale. Il problema, ovviamente, sono le coperture. La manovra viaggia intorno a 30 miliardi e almeno 22 sono già impegnati solo per disinnescare l'aumento dell'Iva e l'introduzione del Reddito di cittadinanza, pilastro delle politiche economiche a 5 Stelle. Dove trovare i soldi? «Ci sono molti spazi nel marasma delle leggi di Bilancio del passato: solo guardando alle ultime due in un attimo si trovano un sacco di misure solo sulla carta, per le quali mancano i decreti attuativi ma le risorse sono appostate» spiega il viceministro leghista all'Economia, Massimo Garavaglia. Dunque la traccia, come confermano fonti pentastellate, è realizzare una Spending review «seria e puntuale, recuperando fondi da nelle pieghe del bilancio, tra quelle leggi introdotte ma mai attuate, e comunque già finanziate».
L'OPERAZIONE
L'operazione non è affatto semplice. Per legge i ministeri devono già operare tagli per un miliardo di euro. E lo sforzo richiesto potrebbe essere ben superiore, pari a 4 miliardi, nonostante dai dicasteri stiano già arrivando richieste di spesa: dalle assunzioni nella Pa volute dal ministro Giulia Bongiorno al taglio dei ticket auspicato dalla collega della Salute, Giulia Grillo. I margini restano sono piuttosto stretti e il taglio «di tutti gli sprechi», promesso dal vicepremier Luigi Di Maio potrebbe non bastare, alla luce delle già pesanti tornate di spending review degli ultimi anni. Più che dai risparmi, le potenzialità della manovra saranno dunque legate agli spazi in deficit. La linea del ministro dell'Economia Giovanni Tria, l'unica che probabilmente non sarebbe in alcun modo osteggiata dalla Commissione europea, è quella di garantire un miglioramento, seppur minimo, del deficit strutturale. Per farlo il deficit nominale dovrebbe fermarsi all'1,6, ma Lega e Cinquestelle pretendono di andare oltre. Toccando, o superando di qualche decimale la soglia del 2%, si riuscirebbe infatti a recuperare moltissimi soldi: almeno 12 miliardi. Alcune coperture potrebbero arrivare riducendo i fondi per incentivi destinati finora alle imprese, come l'Ace. E resta in piedi l'ipotesi di mettere mano alla massa di agevolazioni fiscali di cui godono aziende e contribuenti. Su questo versante, Lega e 5 Stelle sono divise sulla sorte del bonus da 80 euro di Renzi. Il Carroccio lo considera intoccabile, fino a quando la Flat tax non verrà realizzata pienamente. I pentastellati vorrebbero cancellare il credito d'imposta (che vale 10 miliardi) trasfomandolo in detrazioni fiscali da far confluire, appunto, nel ridisegno delle tax expenditures. In questo modo si recupererebbero almeno un paio di miliardi. E poi c'è il caso della pace fiscale. L'obiettivo della Lega, che però al momento Di Maio ha bocciato, è quello di una sanatoria «più ampia possibile» su accertamenti, cartelle, multe e contenzioso tributario. Un'operazione una tantum, con un tetto per contribuente a un milione di euro, accompagnata anche dalla voluntary disclosure sulle cassette di sicurezza e da una misura strutturale: una sorta di transazione fiscale che allarghi le maglie del concordato con adesione.