ROMA A pagare la ricostruzione del ponte di Genova, crollato il 14 agosto scorso, sarà lo Stato. Il testo finale del decreto, arrivato ieri al Quirinale, conferma quanto anticipato dal Messaggero. Se Autostrade si rifiutasse di anticipare le somme richieste, evento molto probabile visto che è stata esclusa per legge dall'appalto, scatterà l'intervento statale che, in un secondo tempo, conta di rivalersi proprio sul concessionario. Ritenuto - è scritto sempre nel decreto responsabile del disastro che è costato la vita a 43 persone e quindi fuori dal piano per la realizzazione del nuovo viadotto.
Sul tavolo il governo ha messo complessivamente 645 milioni, di cui 360 solo per il realizzare il ponte. Si tratta di risorse recuperate nelle pieghe di fondi già presenti in bilancio, altre invece dovranno essere indicate dalla finanziaria in cantiere. Un fatto non di poco conto viste la difficoltà a trovare i soldi per reddito di cittadinanza, flat tax e quota 100. E sul quale si è già concentrata l'attenzione delle opposizioni.
IL QUADRO
Nel dettaglio la copertura - inserita in maniera puntuale come chiesto dalla Ragioneria e non presente nelle precedenti versioni del decreto - prevede 283,5 milioni nei primi cinque anni (2018-2022) e altri 210 milioni nel periodo dal 2023 al 2029. Come detto, la spesa per la demolizione e la ricostruzione, stimata in 360 milioni, è solo indicativa perché tutto dipenderà dagli interventi e dalla scelta del progetto da parte del commissario straordinario.
In attesa di dati certi lo Stato ha previsto di impegnare 30 milioni all'anno, dal 2018 al 2029. Ma qualora Autostrade dovesse pagare la ricostruzione, come previsto sempre dal decreto, questi soldi torneranno nelle casse pubbliche. Un punto su cui a Palazzo Chigi si fanno poche illusioni. Anzi si teme l'arrivo di una valanga di ricorsi. Un battaglia legale sia in Italia che in sede europea, visto che il testo esclude tutte le concessionarie, Autostrade in primis, dal partecipare alla gara per i lavori. Un concetto in netto contrasto con le direttive Ue e la stessa convenzione.
Le società che saranno chiamate a ricostruire il ponte non dovranno avere infatti «alcuna partecipazione diretta o indiretta in società concessionarie di strade a pedaggio, o siano da quest'ultime controllate o ad esse collegate». A questo punto viene inserita un'aggiunta: «anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali.
COPERTA CORTA
Dopo una lunga attesa e molte polemiche, il decreto per l'emergenza ha quindi visto la luce. Ma ci sono voluti ben 15 giorni dal varo del consiglio dei ministri, alla faccia quindi dell'urgenza, per completare un percorso nel quale il provvedimento è stato scritto e riscritto più volte per colmare lacune contabili e amnesie normative. Frenato da rimpalli di responsabilità, errori giuridici, inciampi procedurali, ricerca affannosa di coperture.
Nel decreto è confermata non solo l'esclusione di Autostrade ma anche lo stralcio dei fondi per il Terzo Valico, a cui la Lega teneva particolarmente. Per il porto arriveranno circa 13 milioni, troppo pochi secondo il Pd. Irritazione anche da parte dei genovesi, con il governatore ligure Giovanni Toti che dubita che il provvedimento sia «soddisfacente», mentre il sindaco di Genova, Marco Bucci, è pronto a tornare a discutere con il governo per aumentare le risorse.
Il decreto uscito dal Tesoro si compone di 47 articoli con le disposizioni urgenti, oltre che per Genova, anche per le infrastrutture, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro (è reintrodotta la Cigs per cessazione di attività per un massimo di 12 mesi per gli anni 2019-20) e altre emergenze. Negli 11 articoli di interventi urgenti è confermato l'arrivo di un commissario straordinario per la ricostruzione con ampi poteri (opera in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale), in carica 12 mesi (rinnovabili per non oltre un triennio), che verrà nominato con decreto del presidente del consiglio dei ministri entro 10 giorni dall'entrata in vigore del decreto. Per la città di Genova previsti altri 20 milioni di risorse per il 2018-19, in aggiunta ai 33,5 stanziati subito dopo il crollo. Ma vengono dimezzate da 500 a 250 le assunzioni per permettere agli enti locali di far fronte all'emergenza.