BUSSI Tutti assolti. La quarta sezione della Corte di cassazione ha annullato il verdetto della Corte d'assise d'appello dell'Aquila del febbraio 2017 nei confronti dei 10 imputati nel processo ai responsabili dell'inquinamento diffuso attorno al polo chimico di Bussi. Il verdetto, emesso ieri nella tarda serata, assolve quattro degli imputati per non aver commesso il fatto. Per gli altri sei, invece, la Corte ha dichiarato prescritto il reato di disastro ambientale che era stato riconosciuto in Appello. In quella sede gli imputati, tutti ex tecnici e dirigenti Montedison, erano stati condannati a pene da 2 a 3 anni di reclusione. Le condanne erano state, però, condonate in quanto i reati sono precedenti all'indulto del 2006. Con la sentenza di ieri la Cassazione ha sostanzialmente riabiltato il verdetto di primo grado della Corte d'Assise di Chieti del dicembre 2014, presieduta dal giudice Camillo Romandini, che aveva derubricato il reato di disastro ambientale in disastro colposo e aveva giudicato gli imputati non colpevoli per prescrizione del reato. Una sentenza inaspettata, quella della Cassazione, per le 27 parti civili tra cui ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia di Pescara, Comuni di Bussi e della Val Pescara. E per il Comitato pescarese Bussiciriguarda ieri a Roma con i propri legali e una delegazione di attivisti.
«Sapevamo che era una guerra difficile e che abbiamo a che fare con poteri forti - commenta il sindaco di Bussi Salvatore Lagatta, parte civile nel processo -. Aspetto di conoscere le motivazioni della sentenza, ma comunque resta difficile comprendere come si possa essere arrivati all'assoluzione. Spero che questo non influisca sull'avvio della bonifica. Conosciamo già la posizione della Edison nei confronti della bonifica per Tremonti e anche per le discariche 2b e 2b. E abbiamo motivo di essere molto preoccupati. La giustizia che aspettiamo è la bonifica. Solo quando il territorio sarà ripulito sarà fatta giustizia».
«CHI INQUINA NON PAGA»
Duro e amaro il commento di Cristina Gerardis, avvoCato dello Stato e parte civile: «In Italia chi inquina non paga. Peccato per il lavoro fatto e per un territorio che ritengo non riceverà il giusto ristoro per il gravissimo danno subito. L'unica consolazione personale è aver lavorato fino all'ultimo, con colleghi, enti locali e associazioni ambientaliste».
Si chiude, così, il lungo procedimento giudiziario segnato da cambi di sede, ricusazioni e interferenze. Alla sentenza della Corte d'Assise di Chieti, ricordiamo, aveva fatto seguito un procedimento disciplinare del Csm nei confronti del presidente Camillo Romandini, responsabile di presunte interferenze nei confronti dei giudici popolari in merito alla sentenza di assoluzione degli imputati. Il procedimento si è concluso nei giorni scorsi con la perdita di due anni di anzianità per il giudice abruzzese. Cala dunque il sipario su quello che è passato alla storia come il processo Bussi. Un maxiprocesso per numero di imputati, parti civili e implicazioni sociali ed economiche. Resta, invece, ancora tutta da giocare la partita della bonifica.