ROMA Nelle intenzioni del ministro dell'Economia, dovevano essere il vero marchio di qualità della prossima legge di Bilancio. Dopo che il tappo del deficit è saltato per la spinta congiunta di Movimento Cinque Stelle e Lega, gli investimenti pubblici restano però il principale elemento con il quale il governo contrasterà, in Italia e all'estero, le obiezioni di chi vede una manovra non solo rischiosa ma anche sbilanciata sulla spesa corrente, per di più di sapore assistenzialistico. L'obiettivo enunciato ancora nella bozza di Programma nazionale di riforma che circolava giovedì (si tratta del documento che accompagna quello di Economia e finanza vero e proprio) ovvero «continuare l'opera di revisione della spesa pubblica con l'obiettivo di ridurre il rapporto fra spesa corrente e Pil e di aumentare la spesa per investimenti» appare certo superato nel momento in cui la struttura tecnica del ministero dell'Economia è impegnata a riscrivere la nota di aggiornamento al Def per aggiornare obiettivi e priorità.
L'ANNUNCIO
E tuttavia è stato il presidente del Consiglio Conte ad annunciare ieri investimenti aggiuntivi per 15 miliardi in tre anni, che si andrebbero a sommare a quelli del Fondo istituito due anni fa dal governo Renzi. Con la legge di Bilancio per il 2017 erano stati resi disponibili 47 miliardi spalmati in 15 anni. La successiva manovra ne aveva aggiunti 36,1 nello stesso orizzonte temporale, che sono stati ripartiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri lo scorso giugno, quando a Palazzo Chigi sedeva già Giuseppe Conte. Gli ulteriori 15 sarebbero invece distribuiti su tre anni, anche se deve ancora essere precisata la progressione temporale. A queste risorse, insieme a quelle ancora parcheggiate, spetterebbe il compito di spingere la crescita grazie ad un moltiplicatore valutato tra 1,3 e 1,4; e per questa via verrebbe controbilanciato l'effetto del maggior disavanzo sul rapporto debito/Pil. Missione piuttosto ardua, anche ammesso che i finanziamenti freschi siano davvero tali. L'obiettivo di medio periodo più volte enunciato dal ministro è riportare il livello degli investimenti fissi lordi, nell'ambito della spesa in conto capitale del bilancio dello Stato, al 3 per cento del Pil, livello che era stato raggiunto prima dell'avvio della recessione del 2008. Attualmente si attestano intorno al 2.
LE DIRETTRICI
Le direttrici di intervento messe a punto dal ministero dell'Economia sono comunque tre. La prima riguarda la ridotta capacità di spesa degli enti locali, che al di là delle restrizioni finanziarie del Patto di stabilità interno negli ultimi anni è stata frenata anche dalle difficoltà di applicazione del nuovo Codice degli appalti. Per tentare di porre rimedio alla perdita di competenze tecniche e progettuali ed alla complicata interazione tra le amministrazioni locali e quelle centrali scenderà in campo l'apposita task force già annunciata da Tria, che avrà però sede a Palazzo Chigi. Un secondo versante, comunque connesso al precedente, è quello del partenariato pubblico-privato.
SEMPLIFICAZIONI
Questa formula ha alcuni vantaggi: permette di ovviare al fatto che le risorse finanziarie sono comunque limitate ed allo stesso tempo dovrebbe spingere ad utilizzarle in maniera più efficiente. Inoltre il coinvolgimento dei privati può contribuire a selezionare opere a più alto rendimento, in termini economici ma anche di benessere dei cittadini. Non si parte da zero, anzi è già a buon punto il lavoro di elaborazione di un contratto standard per il partenariato. Infine ci sarà un intervento diretto anche sul Codice degli appalti, con l'obiettivo naturalmente di semplificare le procedure.