LUSSEMBURGO L'Italia non era sull'agenda dell'Eurogruppo, ma quel deficit portato al 2,4% a dispetto di tutti gli impegni presi, l'ha resa protagonista della riunione in Lussemburgo. Ed ha spinto il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker ad una durissima uscita: «Se l'Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell'euro. Bisogna essere molto rigidi». I partner di Eurolandia, messi in allarme dai mercati agitati ancora ieri e da un Governo che ha apertamente sfidato le regole comuni, hanno voluto affrontare la questione subito e in pubblico, lanciando alle autorità italiane un messaggio chiaro: ci sono ancora due settimane di tempo per lavorare ad una manovra che sia accettabile, altrimenti la Commissione e l'Eurogruppo non avranno altra scelta che rigettare il testo non appena arriverà a Bruxelles. E proprio per lavorare ai dettagli di un testo e delle nuove stime, che ancora non sono note, il ministro dell'economia Giovanni Tria anticipa il rientro a Roma, saltando la riunione dell'Ecofin. Ma prima di lasciare Lussemburgo, risponde per le rime a Juncker: «Non ci sarà nessuna fine dell'euro». I mercati entrano però in fibrillazione e la borsa, dopo un venerdì nero, non recupera e chiude in calo. Lo spread sale invece di nuovo a 282 punti. L'Italia certo difende la sua manovra. Il premier Giuseppe Conte a colloquio con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ribadisce che il deficit-pil sarà al 2,4%. Salvini invece risponde direttamente a Junker:«In Italia nessuno si beve le minacce di Juncker, che ora associa il nostro Paese alla Grecia. Vogliamo lavorare per rispondere ai bisogni dei nostri cittadini - dice il vice premier - basta minacce e insulti dall'Europa l'Italia è un paese sovrano». Per l'Ue però i numeri annunciati dal Governo italiano la scorsa settimana «presentano preoccupazioni, e i membri dell'Eurozona hanno espresso queste preoccupazioni al ministro Tria», ha detto il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno al termine della riunione. I dettagli dei timori, li spiega il commissario Pierre Moscovici: «Per il momento quello che so è che il deficit del 2,4%, non solo per l'anno prossimo ma per tre anni, rappresenta una deviazione molto, molto significativa rispetto agli impegni presi». E anche il vicepresidente Valdis Dombrovskis ribadisce che, a una prima vista, i piani «non sembrano compatibili con le regole del Patto». Dopo le parole dei responsabili europei dei conti pubblici, lo spread è salito e la Borsa ha girato in negativo. Tanto da spingere il vicepremier Luigi Di Maio ad accusare «qualche istituzione europea» di giocare «a fare terrorismo sui mercati». Accusa subito respinta da Moscovici: «Quello che può creare turbolenze non sono le mie parole, ma quello a cui reagisco», ed ha difeso il suo ruolo di guardiano delle regole. Chiamato dai suoi colleghi, Francia e Olanda in testa, a spiegare i dettagli di una manovra ancora non nata ma già molto discussa, Tria ha difeso il contestato 2,4%. «È un numero che non corrisponde esattamente ad alcune regole europee», ma «se andate a vedere il numero di Paesi che sono in regola con tutte le regole europee sono pochissimi». Non significa, secondo il ministro, «che non bisogna cercare di rispettarle ma ci sono delle situazioni economiche in cui bisogna fare delle valutazioni». Per Tria bisogna guardare alla qualità della manovra: «Questa manovra è di crescita, se vinciamo la scommessa della crescita tutto va bene, sennò cambieremo la manovra come sempre bisogna fare». D'altra parte «tutte le strategie dei governi precedenti non hanno dato risultati quindi dobbiamo un pò cambiare», ha spiegato.