L’AQUILA Archiviata l’ipotesi Biondi, prima da Giorgia Meloni al Messaggero («L’Aquila ha ancora bisogno di lui») e poi dallo stesso sindaco con un post mattiniero su Facebook («Ringrazio ma vado avanti. La decisione l’ho presa durante la riunione per organizzare i primi passi del decennale del sisma. Troppi sentimenti, troppe passioni, troppe speranze»), ora il centrodestra attende le mosse di Fratelli d’Italia. Biondi ieri ha chiuso la vicenda attaccando chi «meschinamente, ha tirato fuori questioni di poltrone e soldi. Io che la “poltrona” più bella del mondo ce l’ho già», ringraziando la Meloni e il partito e sostenendo di essere certo che si saprà trovare il candidato giusto per il centrodestra, «quello che saprà rivolgersi all’Abruzzo unico, dalle cime del Gran Sasso alle coste dell’Adriatico»: «Come per L’Aquila, anche per l’Abruzzo faremo sul serio. Io sono pronto». Biondi era nella short-list prodotta dal direttivo regionale, insieme ai coordinatori Etel Sigismondi e Giandonato Morra, ad Antonio Tavani e Guerino Testa. Da quel vertice, inoltre, era emersa una volontà territoriale chiara: scegliere il candidato solo ed esclusivamente tra i politici appartenenti al partito, escludendo ipotesi civiche o esterne. Dunque il primo passo, alla luce della chiusura della vicenda Biondi (che ieri è stato pungolato dalle opposizioni aquilane), è capire se FdI intenderà modificare questo assunto o meno. E, dunque, far pervenire a Roma un messaggio di “apertura”. Anche perché resta difficile immaginare che Giorgia Meloni voglia provocare una spaccatura in autonomia.Aquel punto, e solo eventualmente a quel punto, potranno prendere corpo altre ipotesi: in primis quella di Michele Russo, l’imprenditore pescarese che, non è un mistero, avrebbe qualche sponsor in Forza Italia e si sta muovendo, soprattutto nella Capitale, ma finora senza sferrare l’assalto finale; ma anche quella del senatore in carica di Fdi, Marco Marsilio, abruzzese di origini, il cui profilo sembra prendere corpo. Il quadro particolarmente incerto favorisce, però, altri scenari. Il primo è legato ai tempi. E’ assai probabile che la scelta finale possa richiedere un lasso più lungo rispetto a quanto paventato finora. Così come non è da escludere né che possa essere rivisto l’accordo nazionale (più di qualcuno ci spera, in verità), né che possano emergere profili a sorpresa, finora non contemplati dalle indiscrezioni. In questo ragionamento è destinato a recitare un ruolo anche Fabrizio Di Stefano, che di certo è un politico, il cui pacchetto di voti civico potrebbe far gola sicuramente al centrodestra, ma forse anche altrove (“La Notizia” di ieri immagina un accostamento, un po’ ardito, con il progetto di Giovanni Legnini, che vorrebbe allargare ai civici). Di Stefano sta proseguendo nel percorso di ascolto e dopo il successo dell’iniziativa aquilana con le associazioni culturali ieri ha detto che «oltre ai nomi è ora di parlare di programmi, dopo il 10 febbraio occorre governare».