ROMA Niente adeguamento all'inflazione per le pensioni alte. Sul progetto a cui sta lavorando il governo ha tolto il velo Luigi Di Maio, parlando nel corso di un incontro in Basilicata. Nelle intenzioni del vice presidente del Consiglio si tratterebbe di un intervento aggiuntivo rispetto al vero e proprio taglio dei trattamenti previdenziali al di sopra dei 90 mila euro lordi al mese, previsto nel disegno di legge presentato questa estate alla Camera. Ma lo stop all'aggancio al costo della vita (che in termini tecnici si chiama perequazione) potrebbe anche servire per garantire almeno un piccolo risparmio fin dall'inizio del prossimo anno ed eventualmente rimpiazzare il ricalcolo degli assegni nel caso non improbabile che incontri problemi sia sul fronte politico (la Lega è tutt'altro che entusiasta) sia su quello della legittimità costituzionale.
Il quadro in cui si muove il governo è quello lasciato in eredità dai provvedimenti dei precedenti esecutivi. In particolare quest'anno è venuto a scadenza il provvedimento che risale a Letta (seguito a quello ancora più drastico di Monti) con il quale la misura della perequazione veniva limitata in proporzione all'importo. Dal 2019 quindi le pensioni dovrebbero tornare ad essere rivalutate in misura quasi piena, secondo uno schema che prevede un taglio del 10 per cento per la sola quota tra 3 e 5 volte il trattamento minimo Inps e del 25 per cento al di sopra di quest'ultima soglia; nel regime applicato finora invece le decurtazioni erano sull'intera somma.
IL SISTEMA
Secondo quanto annunciato da Di Maio invece la rivalutazione salterebbe per le pensioni considerate alte, ovvero quelle che superano i 90 mila euro lordi annui (corrispondenti a circa 4.200-4.300 netti al mese conteggiando le addizionali locali). Non è detto però che il congelamento valga solo per quelle ritenute eccessive in base al meccanismo della legge; e alla fine l'operazione potrebbe toccare magari parzialmente anche assegni un po' più bassi. La norma inserita nel disegno di legge prevede un ricalcolo sulla base non dei contributi individualmente versati ma degli anni di anticipo di cui gli interessati hanno goduto rispetto ad un'età di riferimento, che per il passato è via via più bassa rispetto a quella dell'attuale vecchiaia. Un sistema che penalizza coloro che sono usciti dal lavoro relativamente presto perché la legge così prevedeva (è il caso delle donne) o per crisi aziendali. Inoltre il ricalcolo si applicherebbe non solo ai trattamenti passati, ma anche a quelli futuri, andando in questo modo a incrociarsi con la nuova possibilità di anticipo della pensione a 62 anni prevista dalla stessa legge di Bilancio: chi volesse sfruttarla avendo un assegno al di sopra della soglia se lo ritroverebbe automaticamente decurtato per un importo pari a circa il 2% per ogni anno di anticipo.
Proprio sul tema delle pensioni alte è prevista per giovedì un'audizione parlamentare del presidente dell'Inps Boeri, che più volte si è detto favorevole ad una loro riduzione ed ha fornito supporto tecnico alle misure del disegno di legge. Sarà l'occasione per fare un punto sull'iter del disegno di legge. Di Maio vorrebbe travasarlo per intero nella legge di Bilancio ma se ciò non avverrà è prevedibile una pausa di alcune settimane, sostanzialmente un rinvio al prossimo anno, mentre l'intervento sulla perequazione potrebbe comunque sfruttare la corsia preferenziale della manovra.
LA BOZZA
Per oggi intanto è in programma una nuova riunione della maggioranza con il ministro dell'Economia. Nella giornata di ieri ha fatto sentire la propria voce la Lega Nord, per precisare alcuni aspetti del pacchetto fiscale in preparazione. Rispetto all'intenzione enunciata nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza di recuperare gettito modificando le percentuali degli acconti d'imposta (Irpef, Ires e Irap) il sottosegretario all'Economia Massimo Bitonci ha fatto sapere che nel prossimo mese di novembre non ci saranno inasprimenti di questo tipo. Bitonci ha voluto anche ridimensionare la portata di una bozza di decreto fiscale circolata nei giorni scorsi, che dava una valutazione molto prudente dei possibili incassi provenienti dalla cosiddetta pace fiscale. Lo stesso Matteo Salvini è intervenuto sul punto per chiarire che per i contribuenti in difficoltà la soglia riguarderà anche il capitale (non solo sanzioni e interessi come nel caso della rottamazione) e che la soglia dei debiti ammissibili sarà fissata a 500 mila euro.