Un autista, per anni, ha spedito all'Atac lo stesso referto del pronto soccorso. Identico. Cambiava solo la data in cima al foglio e inviava la fotocopia all'ufficio del Personale. Per il resto sempre lo stesso malore, sempre lo stesso medico ad assisterlo. Per decine di volte. Una incredibile coincidenza che avrebbe insospettito anche il supervisore meno astuto. Il problema è che nella municipalizzata dei trasporti di Roma, nessuno controllava. Ora però, nel palazzone di via Prenestina che fa da quartier generale alla società del Campidoglio, la musica è cambiata. L'assenteismo resta alto, oltre il 12%, ma la stretta sui finti malati e sui furbi dei congedi comincia a sentirsi. Da inizio anno sono stati licenziati 26 dipendenti. Nella stragrande maggioranza dei casi, una ventina, si tratta di lavoratori che presentavano all'azienda certificati medici farlocchi o riprodotti in fotocopia come il conducente di cui si diceva sopra. Altri ancora sfruttavano le licenze 104 (previste per assistere parenti disabili) ma l'invalidità dei famigliari, si è scoperto, era fasulla. Per un dipendente invece l'handicap del padre era vero, ma il giorno di permesso lo spendeva in tutti altri modi, senza passare dal genitore nemmeno per un caffè.
IL PRIMATO
Gli altri sei licenziati sono invece dipendenti accusati di frodi varie contro l'azienda, oltre alla sindacalista pasionaria che parlò in tv, non autorizzata, dei roghi sugli autobus, allontanata poche settimane fa. Ma la pattuglia più nutrita è quella degli assenteisti. All'incirca venti, già messi alla porta da inizio anno. Più di due al mese. E sembra essere solo l'inizio. Perché la municipalizzata sta trattando con l'Inps per rafforzare ispezioni e visite fiscali. Il presidente e ad di Atac, Paolo Simioni, sulle colonne del Messaggero, ad agosto parlò dell'assenteismo come dello «specchio dello scollamento che si è creato nel tempo tra l'azienda e i lavoratori e talvolta ha portato a un abuso delle tutele». Soprattutto per i congedi previsti dalla legge 104. All'Atac su 11.346 dipendenti in 2.888 hanno la licenza famigliare. Il 25% dei lavoratori, mentre nel settore privato la media è del 3,15%. Otto volte di meno.
CAMBIO DI ROTTA
In generale, c'è da aggredire un monte di assenze che non ha uguali nelle grandi società dei trasporti nel resto dello Stivale. A Roma oltre il 12% di autisti, macchinisti e impiegati sta a casa ogni giorno. All'Atm di Milano è la metà. Fino a qualche mese fa le cose andavano peggio. L'ultimo rapporto interno dell'azienda capitolina ha annotato un'inversione di rotta che fa ben sperare. Nel secondo trimestre di quest'anno, il tasso complessivo di assenze è più basso di 1,4 punti percentuali rispetto al primo trimestre, si passa dal 13,67 al 12,33 per cento. Una flessione così non si registrava da tempo. Certo i margini di miglioramento sono ancora ampi, come sanno bene al Tribunale fallimentare che segue da vicino la procedura del concordato e che ha chiesto di aumentare l'efficienza. Non solo combattendo gli assenteisti, ma anche rafforzando la produttività di chi va a lavoro. In estate è stato introdotto per la prima volta un bonus per gli operai dei depositi, un premio che può essere incassato solo se i bus macinano un certo numero di chilometri. Agganciato al merito, insomma, perché la presenza non basta.