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Data: 15/10/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Zingaretti: mai con M5S Gentiloni lo appoggia: «Ma non servono abiure»

ROMA «Rivendico con orgoglio il lavoro dei governi Letta, Renzi e Gentiloni». «Si deve cambiare, ma senza abiure». Ma chi parla, Matteo Renzi? L'ex leader interviene a sorpesa alla Piazza Grande di Zingaretti? No, non è Renzi, è Paolo Gentiloni a scandire verso mezzogiorno questa analisi assai poco polemica con il passato e con il presente, spiegando così la sua particolare adesione non a Zingaretti in quanto corrente, non a un candidato alla leadership del Pd in quanto contrapposto ad altri, piuttosto a una necessità, a una esigenza, a una convinzione: bisogna rilanciare il Pd, e per farlo va messa in mora, deve passare la mano, buona parte della passata classe dirgente, a cominciare da Renzi.
«C'è bisogno di Pd. In questa Italia di governo gialloverde che in quattro mesi ha sfasciato i conti e quanto di buono era stato fatto, il Pd deve fare da argine, deve far maturare una riscossa, e per farlo bisogna cambiare strada, senza abiure, ma cambiare si deve». Se il giorno prima Nicola Zingaretti aveva tracciato la mappa per «archiviare il renzismo», Gentiloni lascia fuori gli «ismi», della passata esperienza, anzi, si sente giustamente e consapevolmente partecipe, ritiene però che il futuro prossimo venturo non debba e non possa passare più da Renzi. Ma neanche solo da Zingaretti, fa capire Gentiloni, che non cita mai né l'ex leader né l'aspirante, l'unico che cita è Marco Minniti e solo per elogiarlo: «Rivendico il lavoro fatto da Marco come ministro dell'Interno del mio governo». Dunque? L'idea gentiloniana è che il Pd da solo non basti, che l'alternativa debba passare per forza dal Pd, incrociarlo, ma non esaurirsi, quindi lancia la proposta: una grande alleanza per l'alternativa, che riecheggia il frontismo di Carlo Calenda in terra italiana, e la grande alleanza «da Macron a Tsipras» in proiezione europea.
Idee e suggestioni non molto dissimili dal Renzipensiero (e del resto Gentiloni ne è stato tra i più vicini politicamente negli anni dell'ascesa), tanto che l'ex leader, in una intervista sul Corriere, ha detto cose simili, che il Pd «da solo non basta», che bisogna andare oltre, e ha proposto la formazione di «comitati civici» per opporsi ai gialloverdi. Alla Leopolda Renzi proporrà anche una contro-finanziaria studiata dall'ex ministro del Tesoro Piercarlo Padoan.
«Sosterremo Zingaretti senza strappi né clamore, ma con la nostra impostazione», ha rassicurato Gentiloni a quanti gli chiedevano lumi su questa adesione spuria e politicamente sbilanciata.
GIRARE LE SPALLE «Mi impegnerò perché il congresso si faccia e perché ne esca un Pd più forte e unito», l'impegno di Gentiloni davanti ai Zinga boys e olds. E lui, il governatore laziale? Molto soddisfatto per la due giorni alla ex Dogana, preceduto dall'intervento di Bernice King, figlia di Martin Luter, che ha perorato la causa dell'accoglienza («non possiamo girare le spalle a coloro che cercano sollievo e uno spazio sicuro»), ha concluso la kermesse attaccando pesantemente i gialloverdi a suon di vergogna per la vicenda Riace, ha galvanizzato la platea sotto il sole promettendo che «bisogna mandarli presto a casa, i nazional populisti» e, sulle vicende interne al Pd, ha promesso lotta alla egocrazia, neologismo per indicare il no al leader solo al comando (Renzi), il no all'io (sempre Renzi), al posto dei quali va ripristinata «la bellezza del noi».
Il tutto seguito da una nota difensiva: «Non ho mai proposto l'alleanza con il M5S, ma di dividerli e disarticolarli, sì». «Zinga ha visto che su quella linea nel partito non ci sentono, che sponde da Giggino Di Maio non ne vengono, ed è corso ai ripari», chiosano dalle parti renziane. Ora si attendono le prossime, imminenti mosse di Minniti. Il tam tam dice che scioglierà la riserva prima della Leopolda (che è il prossimo fine settimana).
Nel frattempo, gli strateghi congressuali registrano le adesioni a Zingaretti (ieri si sono visti Fassino, Vita, Franceschini, Di Biase), si vocifera di interessamento di Bonaccini, collega emiliano, come di scambi di sms al miele tra Zinga e Nannicini. Ma gli stessi strateghi fanno presente che, ove mai si andrà alla battaglia delle primarie, Minniti dovrebbe stravincere al Sud, mentre Renzi e renzismo manterrebbero buoni posizioni al Nord, e per Marco da Reggio Calabria la strada della leadership sarebbe in discesa.

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