L'AQUILA - Il Consiglio dei ministri di ieri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Erika Stefani, ha deliberato di impugnare la legge su L'Aquila capoluogo, proposta dal consigliere del Partito democratico Pierpaolo Pietrucci e approvata dall'aula in extremis nell'ultima seduta della legislatura, l'8 agosto scorso, prima delle dimissioni del governatore Luciano D'Alfonso.
Le legge, numero 28 del 24/08/2018, recante "Abruzzo 2019 - Una legge per L’Aquila Capoluogo: attraverso una ricostruzione, la costruzione di un modello di sviluppo sul concetto di Benessere Equo e Sostenibile (BES)", secondo il governo vìola infatti l’art. 81, terzo comma, della Costituzione, cioè non ha la necessaria copertura finanziaria.
In realtà, stando a quanto apprende AbruzzoWeb da fonti interne al Consiglio regionale, si sarebbe trattato di un puro errore materiale dei tecnici dell'Emiciclo, visto che all'articolo 16 della legge che riguarda la "Norma finanziaria", si parla di biennio ma si fa riferimento al periodo 2018-2020, quindi in realtà tre anni e non due.
Il comma 1 dell'articolo 16, infatti, recita che "Le disposizioni della presente legge si applicano a decorrere dall'anno 2019 e pertanto per l'anno 2018 non comportano oneri a carico del bilancio regionale", salvo al secondo comma fare riferimento a risorse relative al biennio 2018-2020: "Per il biennio 2018-2020, agli oneri di cui all'articolo 7, stimati per entrambe le annualità in euro 785.000,00, e corrispondenti allo 0,5% dello stanziamento in bilancio relativo al gettito derivante dal bollo auto, si fa fronte con le risorse stanziate nella Missione 9 'Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente', Programma 09 'Politica regionale unitaria per lo sviluppo sostenibile e la tutela del territorio e dell'ambiente', Titolo 2 del bilancio pluriennale 2018-2020, stanziamento di nuova istituzione, iscritte con la legge di bilancio ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118".
La proposta di L'Aquila capoluogo, diventata legge dopo due anni di gestazione, prevede per la città maggiori e più incisivi strumenti a disposizione per esercitare il suo ruolo: risorse aggiuntive e coordinamento più stretto tra la Regione, il Comune capoluogo e i Comuni limitrofi.
Ora le strade possono essere due: o si rinvia tutto alla prossima legislatura, con il nuovo Consiglio regionale che uscirà dalle elezioni del 10 febbraio nella pienezza delle sue funzioni, o, per scongiurare lunghi e costosi contenziosi con lo Stato, si potrebbe apportare una modifica facendola votare dall'attuale assemblea, visto che secondo alcune interpretazioni sarebbe annoverabile tra gli atti indifferibili.