ROMA Una soluzione per Alitalia è vicina. Come anticipato dal Messaggero, al vertice di martedì svoltosi a Palazzo Chigi sarebbe stato individuato lo schema di massima che dovrebbe favorire il rilancio della compagnia di bandiera. Lo ha confermato il vicepremier Luigi Di Maio. «Su Alitalia abbiamo trovato la quadra» ha detto ieri usando un'espressione cara a Umberto Bossi. Ma a chi gli domandava se oltre alle Fs anche il Tesoro entrerà nel capitale di Alitalia, il vicepremier glissava preferendo evidenziare la parte «privata» della nuova compagine societaria che si va delineando. La verità è che secondo fonti autorevoli, il ministero dell'Economia non farà parte del team di azionisti che si faranno carico della compagnia, confermando così che la freddezza mostrata fin da subito dal ministro Giovanni Tria non era un'invenzione giornalistica. Non solo, oltre a non entrare nel capitale di Alitalia, il Mef sta studiando meccanismi finanziari che consentiranno l'integrale restituzione del prestito-ponte da 900 milioni concesso a suo tempo dal Tesoro. In modo tale che l'Europa non abbia a sollevare questioni in materia di aiuti di Stato. «La partnership tecnica fra Fs e Alitalia - ha spiegato Di Maio - è il punto di partenza, ma gli investitori arriveranno perché abbiamo dei contatti importantissimi che non vediamo l'ora di farvi conoscere». Con ogni probabilità quell'ora scadrà il 31 ottobre, termine entro il quale Fs dovrà trasformare la sua manifestazione di interesse in offerta vincolante. Un termine fissato per legge e che il governo intende rispettare. La stessa norma impone anche il rimborso del prestito ponte di 900 milioni entro 15 dicembre, sebbene fino a qualche giorno fa vi fossero dubbi sulla questione. Il partner industriale più probabile è l'americana Delta. Anche se non sembra ancora fuori gioco Lufthansa. Altri nomi probabili sono la low cost inglese easyJet e China Eastern. Nel frattempo i sindacati stanno trattando per rendere meno impattante la cassa integrazione (si parla di circa 1.520 unità).