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Data: 25/10/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tria: lo spread a 320 non è sostenibile Scontro con il M5S

ROMA La mission probabilmente era: non mostrare alcuna preoccupazione, tenere la barra dritta contro quelle che il governo considera prevaricazioni di Bruxelles, far venire fuori assoluta compattezza all'interno dell'esecutivo. E per un po', ospite nel salotto di Bruno Vespa di Porta a porta, il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, è stato ligio all'obiettivo. Ma alla domanda sull'impennata dello spread e gli impatti su banche e debito pubblico, non è riuscito a far finta di niente: i livelli attuali «non li possiamo mantenere a lungo». In realtà una deviazione dalla mission Tria l'aveva fatta già in giornata, rispondendo - durante un'intervista a Famiglia Cristiana - a una domanda sui sospetti e gli attacchi dei Cinquestelle nei confronti del suo staff al Mef. In particolare sulla vicenda delle parole pronunciate da Rocco Casalino, il portavoce del presidente del Consiglio, che in una conversazione privata - ma registrata di nascosto e diventata di pubblico dominio - accusò i tecnici di via XX Settembre di tradimento e dichiarò che presto sarebbe partita l'epurazione. «Non desidero commentare volgarità e minacce contro funzionari dello Stato, specie se questi ricoprono una funzione di garanzia ed indipendenza universalmente riconosciuta e prevista dall'ordinamento» aveva tagliato corto Tria. Troppo, comunque, per i Cinquestelle , che in una nota, replicano duramente: quelle di Casalino non erano «minacce ma la linea del Movimento 5 Stelle, perché tutto il Movimento è convinto che alcuni tecnici del Mef non svolgono il proprio ruolo con indipendenza e professionalità. Ci sorprende che il ministro Tria invece di fare valutazioni di merito e pulizia nel suo Ministero li difenda a prescindere». La polemica arriva anche a Mosca, dove si trova il premier Conte, il quale in serata fa sapere che rispetto a un mese fa nulla è cambiato e quindi rinnova «la piena fiducia al portavoce Rocco Casalino».
L'ALLARME
Intanto in tv, sulla rete ammiraglia della Rai, rimbomba l'allarme lanciato da Tria sullo spread. Rispondendo a una domanda il ministro dice che avere un differenziale btp/bund a 320 punti base non è «una febbre a 40 ma neppure a 37». Insomma «è un livello che non possiamo considerare di mantenere troppo a lungo». Non è tanto e solo una questione dell'impatto sul costo del debito pubblico: «Ci vogliono quasi sette anni perché si trasmetta su tutto lo stock» spiega il ministro. Ma c'è il discorso banche: «È chiaro che pone un problema al sistema bancario, alle banche più deboli» ammette, senza voler però entrare nel merito della questione e rinviando il tutto agli «stress test del prossimo mese. Le banche dovranno registrare trimestralmente il livello di capitale, lì si vedrà la situazione e vedremo come intervenire».
Ovviamente per Tria la reazione dei mercati non è giustificata: «I fondamentali dell'Italia sono solidi» ribadisce. Il problema «è l'incertezza politica». E così per cercare di fugare i dubbi, ancora una volta Tria ripete: «Non vogliamo scassare nessun conto», nè tantomeno mettere in discussione l'euro. I toni alti non aiutano? Il ministro concorda: è bene abbassarli, ma da entrambe le parti, anche quella di Bruxelles. E a proposito: Tria dice chiaramente che stavolta la Commissione ha sbagliato, la lettera inviata all'Italia lo ha lasciato «sorpreso e perplesso», perché nel bocciare la manovra ha fatto «valutazioni superficiali. Vengono criticati negativamente punti che non ci sono, forse li hanno letti sui giornali» attacca. E poi: «Forse la lettera è stata scritta un po' di fretta».
Ok al confronto quindi, ma siccome «la manovra è corretta non c'è nessun piano B». Le misure quelle sono e quelle restano. Però verranno «monitorate» in corso d'anno e comunque - assicura - il tanto contestato 2,4% di deficit resta il tetto massimo oltre il quale non si andrà. In giornata era stato il vicepremier Matteo Salvini a ribadire che la manovra non sarà cambiata, nemmeno se da Bruxelles arrivassero «12 letterine». In ogni caso la reazione è già pronta e Salvini la annuncia al termine del comitato interministeriale per gli Affari europei: l'Italia porrà il veto sul bilancio europeo «se ci saranno tagli per investimenti, lavoro, agricoltura, sicurezza e immigrazione».

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