Raggi finora ha minimizzato: «Avrà un valore solo consultivo». Ma davanti a un risultato massiccio a favore della liberalizzazione dei malridotti trasporti pubblici di Roma, sarebbe imbarazzante per i 5 Stelle, aedi, a parole, dell'infallibilità della democrazia diretta, scegliere di voltarsi dall'altra parte rispetto al responso popolare e tirare dritto con il mantra Atac a tutti i costi. Ecco perché, voglia o non voglia la maggioranza pentastellata, il referendum del prossimo 11 novembre è uno spartiacque. Il quesito è semplice: «Volete voi che Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale... anche ad una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa?». Si chiede in sostanza che l'amministrazione applichi quanto previsto prima dalle norme comunitarie e poi dalle leggi nazionali. E cioè che i trasporti pubblici vengano assegnati a chi offre la proposta migliore - dal punto di vista della qualità e dei costi - e non, a prescindere, allo stesso soggetto, l'Atac, di cui il Comune è proprietario al 100% e che da anni raccoglie votacci dai romani come attestano tutte le rilevazioni indipendenti (comprese quelle dell'Agenzia di Palazzo Senatorio). Negli ultimi 9 anni, Atac è costata al contribuente 7 miliardi di euro e non ha rispettato i chilometri di corse previsti dal contratto di servizio. Ci sono le penali, certo. Ma a infliggerle, si diceva, è il Campidoglio, il proprietario di Atac. Controllore e controllato.
«Mettere a gara i servizi - sostiene Riccardo Magi dei Radicali, i promotori del referendum - significa affidarli al miglior offerente, mentre il Comune si occuperebbe della programmazione delle corse e di vigilare sul rispetto del contratto».
I PASSEGGERI
All'estero, in tanti casi, le liberalizzazioni hanno funzionato: secondo un'analisi dell'università Cattolica sulla «competizione nel Tpl», in Germania nei land dove si è arrivati a una gara, la produttività dei dipendenti è aumentata nel trasporto su gomma e sulle ferrovie il numero di passeggeri trasportati è cresciuto del 30%. In Svezia, dice la stessa analisi, tra il 1990 e il 2014, «la domanda soddisfatta dal trasporto su ferrovia è cresciuta da 6,6 a 12,1 miliardi di passeggeri-km».
In Italia l'Antitrust ha più volte confermato che «l'apertura alla concorrenza può contribuire in modo rilevante a risolvere i problemi, in modo da allentare la pressione sulla spesa pubblica ma garantendo anche un più ampio godimento del diritto alla mobilità». Oggi «nonostante i rilevanti esborsi di denaro pubblico, non c'è equità sostanziale nell'accesso ai servizi di Tpl né sono state intraprese politiche efficaci per sviluppare la mobilità sostenibile».
Perché il referendum abbia successo - si vota dalle 8 alle 20 nei normali seggi elettorali - toccherà raggiungere il quorum: 33,3% degli aventi diritto, quindi circa 700-800mila romani.
Che fine farebbe l'Atac con una gara pubblica? Per arrivare all'assegnazione di una commessa di queste proporzioni ci vorrebbero almeno 2 anni. Poi i dipendenti dell'azienda (e probabilmente buona parte del parco mezzi) sarebbero incamerati dai nuovi gestori.