L'AQUILA - L'Abruzzo, più che altre regioni entra nel mirino del governo sulla partita cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle dell'abolizione di vitalizi degli ex consiglieri regionali, considerati dalla stragrande maggioranza degli italiani un'insopportabile privilegio. È infatti l'unica che non ha approvato nemmeno una legge di riduzione degli assegni, limitata nel tempo, e di entità ben più modesta, rispetto alla pesante sforbiciata che hanno in animo di fare a Roma, con il ricalcolo delgi assegni in base a quanto effettivamente versato, come già avvenuto per gli ex parlamentari.
Pochi giorni fa ha tuonato il vicepremier Luigi Di Maio: "Dopo Camera e Senato tocca alle Regioni. Se non taglieranno i vitalizi degli ex consiglieri, bloccheremo i trasferimenti per pagarli!”
E il rullo di tamburi non fa dormire certo sonni tranquilli ai cento e passa ex consiglieri abruzzesi che godono del vitalizio. "Graziati" dalla circostanza che le proposte di legge presentate all'Emiciclo negli ultimi cinque anni sono rimaste pezzi di carta, lasciati ad ingiallire nelle commissioni. Se riparlerà a questo punto, forse, nella prossima legislatura, visto che quella uscente, fino alle elezioni previste a febbraio 2019, potrà occuparsi, con il consiglio regionale sciolto, solo di ordinaria amministrazione.
Il taglio del vitalizio riguarderebbe, in Abruzzo, 110 ex consiglieri, che godono per tutta la vita a partire dai 65 o anche dai 60 anni con penalità, di assegni che vanno dai 1.800 euro, in caso di una sola legislatura all'Emiciclo, ad un massimo di 5 mila euro al mese. Ci sono poi 42 eredi che percepiscono l'assegno di reversibilità, da 1.000 a 2.800 euro circa. Cumulabili con i vitalizi da ex parlamentari italiani ed europei, e pure con altre pensioni.
I vitalizi, cancellati per i nuovi consiglieri a partire da questa legislatura, continuano a costare alle casse regionali circa 363 mila euro al mese, ovvero oltre 4,3 milioni di euro all’anno. Va detto però che il consiglio regionale abruzzese si è distinto anche in una virtuosa riduzione delle spese di funzionamento.
Il governo giallo-verde vorrebbe agire ora d'imperio, imponendo alle Regioni di ricalcolare gli assegni, prevedendo il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo, ovvero in base ai versamenti effettuati. Come già avvenuto per gli ex onorevoli di Camera e Senato.
Ne usciranno fuori assegni molto più modesti, secondo alcuni calcoli anche inferiori ai 500 euro mensili. Una mannaia, anche rispetto ai tagli non superiori al 20 per cento, già effettuati dalle Regioni, tranne come detto l'Abruzzo, visto che quello che hanno versato gli ex consiglieri, non è nemmeno lontanamente sufficiente a coprire l'importo ricevuto, anche trasferibile agli eredi.
Il punto però è che altre Regioni si sono già mosse in tale direzione, dando coerentemente seguito alle indicazioni all'ordine del giorno approvato ad ottobre 2014 dalla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle province autonome.
Si sono mosse già a parire dal 2014 Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle D’Aosta e Veneto.
A seguire, dal 2016, hanno ridotto i vitalizi o sono ad un passo dal farlo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Sardegna Toscana e Umbria. Unica regione mancante, ebbene si, l'Abruzzo.
Tutte le leggi regionali hanno dato seguito, più o meno, alle indicazioni della Conferenza delle Regioni, ovvero di procedere ad un taglio del 6 per cento per vitalizi sotto i 1.500 euro, al 15 per cento per gli importi superiori ai 6 mila euro. Con una mano più pesante per coloro che cumulano più di un'indennità di questo genere, ovvero il vitalizio da ex parlamentare italiano o europeo.
Tagli da intendersi come "contributo di solidarietà" e “limitati nel tempo”, in media tre anni.
Importante accorgimento normativo, perché ha messo al riparo queste norme dalla prevedibile pioggia di ricorsi dei beneficiari che invece ritenevano che l'importo non poteva essere rimesso in discussione in modo retroattivo, perché “in netto contrasto con i principi basilari dell’ordinamento giuridico in materia di intangibilità dei diritti acquisiti”.
Argomenti che non hanno fatto breccia davanti ai Tribunali del Lavoro. E a tal proposito esemplare è la sentenza del Tribunale del lavoro di Torino che ha respinto il ricorso contro la legge piemontese argomentando che “l’eventuale flessione del reddito potrebbe ritenersi ampiamente compensato, sul piano morale, dall’opportunità data ai consiglieri regionali di rendere un rilevante e prestigioso servigio alla collettività". Agingiendo che i ricorsi non dimostrano "le pesanti conseguenze sul livello di reddito complessivo, che ciascuno degli ex consiglieri regionali avrebbe patito".
Eppure in Abruzzo lo spettro del diritto acquisito, e dei conseguenti ricorsi è stato agitato, non solo dai legali degli ex consiglieri percettori, ma anche da più di un consigliere regionale della maggioranza e anche dell'opposizione di centrodestra.
Un eccesso di prudenza, oltremodo sospetta, che ha contribuito a impedire, con un' estenuante melina, l'approvazione di una proposta di legge di riduzione dei vitalizi del Movimento 5 stelle, depositata ad inizio legislatura, a cui si aggiunto poi anche un provvedimento messo a punto da Sinistra italiana e un pdl della maggioranza di centrosinistra, annunciata ad agosto 2017.
Il vitalizio regionale, va poi ricordato è stato abolito in Abruzzo, come imposto anche dalle norme nazionali della spending review, nel 2011, nel corso della legislatura di centrodestra di Gianni Chiodi, ma a partire dalla legislatura successiva, quella attuale e che volge al termine. Anche qui per non intaccare il sedicente "diritto acquisito", che ha fatto salvi gli assegni di chi quella legge l'ha approvata.
IL REPORT DELLA CONFERENZA PRESIDENTI CONSIgli REGIONali
Iniziative a seguito dell’adozione dell’ordine del giorno approvato dalla Conferenza il 10 ottobre 2014, sulle misure di riduzione dei vitalizi in godimento – e maturati prima dell’abolizione – dei consiglieri regionali. (aggiornato a luglio 2018)
FRIULI VENEZIA GIULIA
Legge regionale n. 2 del 13 febbraio 2015 (artt. 2-3)
LAZIO
L. R. n. 12 del 24 novembre 2014 (art. 7)
LOMBARDIA
L. R. n. 25 del 1° ottobre 2014 (artt. 2-3-4)
MARCHE
L. R. n. 34/2014 (art. 14)
MOLISE
L. R. n. 11 del 18 aprile 2014 (art. 9)
L. R. n. 9 del 4 maggio 2015 (art. 13)
PIEMONTE
L. R. n. 21 del 15 dicembre 2014 (artt. 1-2-3)
PUGLIA
L. R. n. 17 del 9 aprile 20142 (art. 1)
SARDEGNA
Delibera n. 31 del 18 dicembre 2014 dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale
SICILIA
Già adottate precedenti iniziative
TOSCANA
L. R. n. 86 del 29 dicembre 2014 (artt. 71- 72 e art. 75)
TRENTINO ALTO ADIGE
L. R. n. 4 dell’ 11 luglio 2014 (art. 1)
L. R. n. 5 dell’11 luglio 2014 (artt. 1-2-3-4)
VALLE D’AOSTA
L. R. n. 19 dell’11 dicembre 2015 (artt. 5-6)
VENETO
L. R. 23 dicembre 2014, n. 43 (artt. 1-2)
NUOVI INTERVENTI LEGISLATIVI
BASILICATA
Legge regionale 29/05/2017, n. 10 (art. 1)
CALABRIA
L.R. n. 11 del 15 maggio 2018 (artt.1-2-3)
CAMPANIA
L. R. n. 38 del 29 dicembre 2017 (art. 1)
EMILIA- ROMAGNA
L. R. n. 7 del 11/05/2017 (artt. 1- 2- 3)
LAZIO
L. R. n. 3 del 4 giugno 2018 (art. 6)
MARCHE
L. R. 28 aprile 2017 n. 15 (art. 30)
SARDEGNA
Delibera n. 213 del 13 dicembre 2017 dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale
TOSCANA
L. R. n. 78 del 27 dicembre 2017 (art. 14)
UMBRIA
L. R. 23 aprile 2018, n. 3 (artt. 1-2-4)
VALLE D’AOSTA
L. R. 21 dicembre 2016, n. 24 (art. 2)
VENETO
L. R. 7 febbraio 2018, n. 3 (artt. 1-2)