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Data: 29/10/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Politica in fibrillazione - Pd, congresso a febbraio Torna lo spettro scissione

ROMA Il timing è scattato: l'11 novembre si terrà l'assemblea nazionale, il congresso sarà a febbraio. Il Pd volta pagina con Maurizio Martina che annuncia le dimissioni «nei prossimi giorni» da segretario, «il mio mandato è completato». Non è che ci sia molto entusiasmo tra i dem, molti avrebbero preferito che l'assise si tenesse dopo le Europee. Ieri ci ha provato il renziano Andrea Marcucci a modificare la linea: «Non mi scandalizzerei se si posticipasse il congresso», ha detto alla conclusione del Forum per l'Italia a Milano. Ma la sua idea non è prevalsa ed è state respinta al mittente da più parti. «Vedremo come ci presenteremo alle elezioni - dice Paolo Gentiloni - intanto qui a Milano c'è una buona atmosfera di ripresa. Il congresso? Prima si fa e meglio è».
LE POSIZIONI
E allora dicono i fedelissimi del senatore di Scandicci facciamolo al più presto, non perdiamo più altro tempo. Alla fine i tre candidati che si contenderanno la guida del Nazareno dovrebbero essere Nicola Zingaretti, Marco Minniti e probabilmente proprio Martina. Ma il timore di tutti è che la prospettiva sia tutt'altro che unitaria, che dividersi ancor di più possa prestare il fianco ai populisti.
«Se andiamo sotto il 15% è finita», l'allarme lanciato dal filosofo Cacciari, ex sindaco di Venezia. Ma Cacciari non è affatto il solo ad essere preoccupato. «Il congresso ha avvertito Martina è uno strumento utile per completare il lavoro, ma dipenderà da come lo facciamo».
Anime sempre più distanti in casa dem. L'operazione Minniti l'ha portata avanti Renzi, ma non a caso ha scelto un profilo basso: ad auspicare la discesa in campo dell'ex ministro dell'Interno è stato un gruppo di sindaci. I dirigenti vicini all'ex premier restano freddi. Il senatore di Scandicci non ci metterà il cappello, non si spenderà più di tanto. Guarda piuttosto al progetto dei comitati civici per la resistenza al governo giallo-verde.
Il fantasma della scissione ancora aleggia: non è escluso che Renzi possa optare per una lista europeista, più innovativa, per seguire le orme di Macron e non quelle di Sanchez.
LO SPOSTAMENTO
Lo spostamento a sinistra del partito non gli piace. E ai renziani non è piaciuto affatto il trattamento riservato dalla platea del Forum. C'è stata ammette un fedelissimo dell'ex presidente del Consiglio una corsa a cancellare tutte le riforme fatte in questi anni di governo. E poi, ci sono stati i distinguo di Federica Mogherini, di Dario Franceschini, di tutti coloro questa la convinzione dei renziani che vorrebbero che il senatore di Scandicci facesse le valigie e traslocasse verso un'altra direzione.
IL PIANO
Ma il piano di Renzi potrebbe avere tempi ancora più lunghi. E' difficile, infatti, che si concretizzi per le elezioni europee di primavera, più facile invece che eventualmente si realizzi in vista delle prossime Politiche.
Ieri comunque tutti hanno lanciato l'appello a serrare le file. «Serve un congresso per andare oltre i nostri confini», ha sostenuto Martina non nascondendo che «ci sono state mancanze e limiti» e promettendo che «costruiremo una proposta popolare, democratica, europeista, progressista e batteremo in Italia il mostro che si aggira per l'Europa e che vuole rovinare il nostro futuro».
IL FANTASMA
A riportare l'attenzione sul partito ci ha pensato Gianni Cuperlo: «Qui c'è un fantasma che ancora aleggia», ha osservato riferendosi a Renzi. «Non ho condiviso molte cose del suo governo, ma ha aggiunto raccogliendo le simpatie dei fedelissimi dell'ex premier - trovo insopportabile che chi ha condiviso tutto oggi mi spieghi i gravi errori che ha fatto. Nessuna abiura, ma discontinuità sì». Sul tavolo anche l'ipotesi di un listone aperto, proposta lanciata da Franceschini. «Ma i tempi lo consentono?», si è chiesto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
Il quale, da padrone di casa, ha pensato bene di spronare il partito a fare un'opposizione più convincente: «Serve un'pposizione dura», fatta «in piazza e non solo sui giornali, protestando quando si presentano situazioni come quella degli asili nido a Lodi».

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