L'AQUILA Parte dall'Aquila, significativamente, la corsa di Fabrizio Di Stefano a presidente della Regione. L'ex parlamentare ha rotto ufficialmente gli indugi con una conferenza stampa che si è tenuta ieri nella sede municipale di palazzo Fibbioni, nel cuore del centro storico, lanciando un messaggio chiarissimo al centrodestra impantanato, dicendosi ancora disponibile a una sintesi di coalizione sul suo nome e, addirittura, raccogliendo al volo l'assist di Salvatore Santangelo, seduto accanto a lui insieme a Mariacristina Luciani, che ha evocato le primarie. Per il momento Di Stefano prosegue sulla linea di un progetto civico che ha già fatto registrare notevoli e significative adesioni. Ieri, in sala, c'erano tra gli altri Daniele Toto e Giovanni Di Pangrazio (anche loro impegnati nella rete civica), Ennio Pavone (ex sindaco di Roseto), Tonia Piccioni (ex sindaco di Alba Adriatica), Antonio Di Gianvittorio (vice sindaco di Notaresco), Mario Colantonio (assessore all'Urbanistica di Chieti), Maurizio Costa (consigliere comunale di Chieti), Giancarlo Barrella (già sindaco di Casoli), Mario De Santis (ex sindaco di Morro d'Oro), Maurizio Bucci (sindaco di Gamberale). Cravatta blu di Marinella con pois fucsia ed elegantissimo completo notte, Di Stefano ha già lanciato la livrea arancio della sua comunicazione, tutto il sistema social di diffusione e, soprattutto, un programma già uscito dalla tipografia, corposo e dettagliato, frutto di un anno e mezzo di incontri ad Alba Fucens e di contributi tecnici (tra cui quello di Giorgio Paravano per la cultura). Insomma, la macchina è bella pronta a partire e rodata.
AUSPICIO
L'auspicio, però, è che il centrodestra se ne renda conto: «La mia storia è ben riconducibile a quell'area politica, senza infingimenti. Un'area politica oggi oggettivamente in difficoltà che deve assumersi la responsabilità di esprimere una candidatura che dal giorno dopo sappia cosa fare con competenza, concretezza, conoscenza del territorio. E' ovvio che i primi interlocutori sono i partiti del centrodestra, di cui, in alcuni casi, ho contribuito a scrivere la storia abruzzese. Sono disponibile». Di Stefano non ha risparmiato, a precisa domanda, una valutazione, sebbene molto politically correct, sulla triade di nomi proposta da Fratelli d'Italia, mostrando una rassegna stampa delle critiche arrivate da Lega e Forza Italia: «Prima di me si sono pronunciati altri, più autorevoli. Non giudico, ma è evidente che ci sono difficoltà». E allora perché no a Fabrizio Di Stefano? «Ho fatto due volte il consigliere regionale, due volte il parlamentare, il consigliere comunale, sono farmacista, docente di legislazione sanitaria, imprenditore. Perché no?».
La critica immediata possibile è quella su una mossa, la discesa in campo, che potrebbe danneggiare il centrodestra: «Non sono io a far crescere i Cinque Stelle. Magari lo sono i 53 staffisti di D'Alfonso, le candidature piovute dall'alto, i concorsi sulla sanità già con nomi e cognomi, la cattiva politica di destra e sinistra. Non sono io a far perdere il centrodestra, io posso far vincere il centrodestra».
LEGNINI
La possibile sfida con Legnini? «E' un grosso personaggio, credo che qualifichi la competizione. Più si alza l'asticella e meglio è». Di Stefano vede un Abruzzo «in ginocchio» che può ripartire da un nuovo piano sanitario («Ce l'abbiamo già, tagliando i servizi sono aumentati i costi: possiamo invertire»), dal potenziamento dei collegamenti («Fossi stato in Lolli avrei presentato a Tiburtina una delibera per la revoca dei rifiuti da Roma»), dagli investimenti infrastrutturali, dalla tutela delle eccellenze, dal turismo montano, marittimo e religioso. Gianluca Zelli, di Azione Politica, ha benedetto Di Stefano: «Cercheremo di essere collante tra Di Stefano, che è l'unico candidato di area, e il centrodestra. Chiediamo l'azzeramento della terna».