PESCARA Chi uscirà dal lavoro con quota 100 avrà un assegno pensionistico più basso di quello che avrebbe avuto con l'uscita con l'età di vecchiaia. La forbice oscilla tra il 5% e il 30% dell'importo lordo. La stima è stata diffusa ieri dall'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ed è legata a varie ragioni, dalla minore quantità di contributi versati, all'effetto coefficienti di trasformazione, fino alla possibilità che sia minore la parte calcolata con il metodo retributivo rispetto a quella calcolata con quello contributivo. Nessuna penalizzazione quindi, ma c'è semplicemente l'effetto dell'anticipo del pensionamento in un sistema che ormai è legato strettamente all'aspettativa di vita. Ecco, in estrema sintesi, le ragioni dell'assegno ridotto che comunque non considera il vantaggio dell'aver anticipato il pensionamento e quindi gli anni in più di trattamento ricevuto.MENO ANNI DI CONTRIBUTI. Se si esce con la quota 100 pura (62 anni di età e 38 di contributi) si anticipa l'uscita dal lavoro rispetto alla pensione di vecchiaia (67 anni nel 2019) e alla pensione anticipata attuale (42 anni e 10 mesi di contributi, se i requisiti resteranno bloccati anche per l'anno prossimo come annunciato dal Governo, altrimenti si sale a 43 anni e tre mesi) di circa cinque anni. In questi anni non si verseranno contributi che quindi non andranno a rimpolpare il montante e quindi la pensione futura. COEFFICIENTI TRASFORMAZIONE. Per calcolare l'assegno il montante contributivo viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione che è tanto più alto più è alta l'età alla quale si accede alla pensione. Nel 2019 è prevista una riduzione per cui a 62 anni il coefficiente sarà a 4,790 (è 4,856 fino alla fine di quest'anno) mentre quello di uscita a 67 anni sarà a 5,604. Il montante più basso, quindi, si moltiplicherà per un coefficiente più basso riducendo l'assegno. PIÙ CONTRIBUTIVO, MENO RETRIBUTIVO. Se si esce con quota 100 pura vuol dire che si hanno 38 anni di contributi e si è cominciato a lavorare nel 1980, quindi non si rientra tra coloro che a fine 1995 avevano già 18 anni di contributi. Chi ha cominciato a lavorare dal 1978 in poi avrà calcolata con il sistema retributivo (più generoso) solo la parte tra il 1978 e il 1995, mentre per i contributi versati dal 1996 in poi varrà il sistema contributivo. Anticipando la pensione avrà una parte più consistente di montante che subisce il calcolo svantaggioso con il coefficiente più basso. MENO SCATTI DI ANZIANITÀ. Anticipando l'uscita si ferma anche la progressione della retribuzione, essenziale per raggiungere un montante contributivo sostanzioso. Gli ultimi anni della carriera sono quelli nei quali, soprattutto nel pubblico impiego, in genere si ricevono i maggiori aumenti, aumenti che non si avranno se si decide di lasciare il lavoro con anticipo per poter andare in pensione.