ROMA Il primo scivolone della maggioranza gialloverde è tutto un paradosso: accade sulla norma più avversata dall'opposizione, su un emendamento presentato da Forza Italia ma, soprattutto, con il voto favorevole di Gregorio De Falco e l'astensione di Paola Nugnes, due ribelli a 5stelle. «Ora subito fuori dal gruppo», è la reazione furiosa dei vertici pentastellati.
E' il decreto Genova il terreno del primo inciampo parlamentare del governo Conte, ed è l'articolo sul condono a Ischia a portare i grillini a quella deflagrazione interna sfiorata ma poi evitata sul decreto sicurezza. La stessa norma che per l'opposizione porta le impronte digitali di Luigi Di Maio. Finisce con 23 voti a favore, 22 contrari e un'astensione. Un incidente che era dietro l'angolo. Bastava guardare le proposte di modifica e gli ordini del giorno firmati dai pentastellati nelle commissioni di palazzo Madama in cui si esamina il provvedimento. Circa una ventina, alcuni dei quali firmati da tre dei cinque frondisti deferiti ai probiviri per non aver partecipato al voto di fiducia sul decreto Salvini. Oltre a De Falco e Nugnes anche Elena Fattori. Per i due pentastellati determinanti nel voto in commissione il capogruppo usa una parola che non dà adito a fraintendimenti: traditori. Per Stefano Patuanelli, infatti, quello che è successo «non riguarda né il governo né la maggioranza, che è e resta solida. Riguarda solo due persone che hanno tradito l'impegno preso con i cittadini».
LA SCOSSA
Per loro si andava già profilando un provvedimento disciplinare, una sospensione di due mesi, ma il governo non era ancora stato battuto. Ora i vertici pentastellati fanno trapelare l'intenzione arrivare all'espulsione. «Sono uscite le rendicontazioni e De Falco non vuole restituire. Vuole farsi cacciare. Questo è il punto», è l'accusa che fanno circolare. Resta da capire se questa volta la fronda rischia di estendersi. E' una questione di sostanza, in nome dell'ambientalismo pilastro delle origini. Ma anche di forma, fuoco amico verso la gestione governativa del movimento. Sono una decina i grillini che considerano le norme contenute nel decreto Genova uno stravolgimento della vocazione originaria. E nel loro mirino, guarda caso, oltre al condono su Ischia c'è anche la norma sullo sversamento dei fanghi da depurazione nei campi agricoli. Tecnicamente, la proposta di modifica che è stata approvata, firmata dalla senatrice di Forza Italia Urania Papatheu, chiede di sopprimere la parte dell'articolato in base alla quale alle istanze di condono si applicano le norme della legge del 1985. Un testo molto simile a quello presentato da De Falco. In serata Di Maio ha riunito ministri e capigruppo e non ha nascosto la sua furia: «Nugnes e De Falco? Gravissimo». E non manca una dose di veleno: «Questo è periodo di restituzione, di tagli di stipendio e mi auguro che tutti i parlamentari vogliano restituire i loro stipendi agli alluvionati...».
Arriva anche la spiegazione della Nugnes: «Non ho paura di niente, perché so di essere nel giusto. Stiamo solo cercando di far lavorare il Parlamento, ma è difficilissimo. In realtà non mi sono astenuta, non ho partecipato al voto perché ho chiesto al governo di trasformare l'emendamento in un ordine del giorno e il governo ha accolto la mia richiesta. Per me conta l'impegno del governo».
LE REAZIONI
L'idea della maggioranza gialloverde era quella di arrivare in aula con un provvedimento blindato, anche perché il decreto è in scadenza. In serata la commissione lo ha approvato e oggi comincia l'esame dell'aula. A questo punto l'ipotesi di ricorrere alla fiducia, presentando un maxiemendamento che contiene il testo già approvato dalla Camera e che quindi spazza via la nuova norma modificata su Ischia, si fa ancora più concreta. In casa grillina, però, temono che possa contribuire ad acuire ancora di più le tensioni. «In Aula correggeremo questa spiacevole stortura», assicura Patuanelli. Anche alla Camera, dove pure i numeri contano meno, serpeggiano malumori. E c'è già chi sembra pronto a raccogliere l'eredità dei cinque senatori ribelli contro il decreto sicurezza tanto caro a Matteo Salvini. I leghisti temono problemi e rallentamenti anche se in commissione Affari costituzionali, il presidente 5stelle, quel Giuseppe Brescia molto vicino a Roberto Fico, ha proposto che si proceda all'esame senza audizioni, generando le proteste dell'opposizione. Intanto esulta il senatore Pd Matteo Renzi: «Dico pubblicamente grazie ai senatori M5S che hanno avuto il coraggio di votare contro questa schifezza».