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Data: 19/11/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Ici, immobili della Chiesa il cerino passa ai Comuni. L'Unione europea chiede all'Italia di recuperare le somme non pagate per gli anni 2006-2012. Lo Stato non ha gli strumenti per accettarle e allora...

*Lo Stato italiano dovrà recuperare l'Ici (Imposta comunale sugli immobili) non versata dalla Chiesa per gli anni 2006-2011. E' quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea che, con sentenza del 6 novembre 2018, ha ribaltato la pronuncia di primo grado del 15 settembre 2016, con la quale il Tribunale Ue aveva stabilito che l'Italia si trovava nell'«impossibilità di recupero dell'aiuto a causa di difficoltà organizzative» nel reperimento dei dati catastali e nelle banche dati fiscali relative agli enti non commerciali.
UNA LUNGA BATTAGLIA. Si è chiusa così l'annosa battaglia legale promossa da una scuola privata, la Maria Montessori di Roma, e dal proprietario di un Bed&Breakfast toscano, che avevano adito la giurisdizione europea al fine di richiedere l'annullamento della decisione del 19 dicembre 2012 della Commissione Europea.Al termine di un procedimento di indagine formale, quest'ultima aveva infatti dichiarato preliminarmente che l'esenzione concessa ai fini Ici agli enti non commerciali per lo svolgimento di attività specifiche negli immobili in loro possesso si configurasse quale aiuto di Stato illegittimo, incompatibile con il mercato interno. Aveva però poi propeso per l'improcedibilità del recupero di tali aiuti, stante la presunta impossibilità, per l'Italia, di darvi effettiva esecuzione.
LA NORMA ITALIANA. A finire sotto i riflettori - ancora una volta - è stato, dunque, il sistema normativo italiano. L'art. 7 del D. Lgs. 504/1992 aveva originariamente introdotto un'esenzione generalizzata dal versamento dell'imposta comunale sugli immobili per gli enti non commerciali (cd. "no profit") che svolgevano, senza scopo di lucro, negli edifici in questione, attività ricettive, scolastiche, e altre attività di rilevanza sociale tassativamente indicate. Tale regime agevolativo era stato oggetto di critiche, sin dalla sua entrata in vigore, da parte di coloro i quali svolgevano le medesime attività, dovendo però pagare l'imposta in questione; nonché dalle istituzioni europee, che consideravano tale normativa discriminatoria e distorsiva delle logiche concorrenziali tipiche del mercato interno.
DECRETO MONTI. Da qui, la "correzione" posta in essere dal D.L. 1/2012 (cd. "Decreto Monti") il quale, in parallelo rispetto alla sostituzione dell'Ici con l'Imu, all'art. 91 bis aveva escluso dal pagamento dell'imposta comunale solo le parti dell'immobile dedicate ad attività "non commerciali". Era stata prevista, dunque, la possibilità di un uso "promiscuo" dell'immobile, con assoggettamento ad imposta delle sole attività commerciali, identificate come tali sulla base di un confronto con le tariffe medie del territorio di riferimento. Successivamente, il D.M. n. 200/2012 aveva definito il requisito soggettivo di applicazione dell'esenzione fiscale, prevedendo che per "enti non commerciali" dovessero intendersi gli "enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all'art. 73, comma 1, lettera c), del Tuir, che non hanno per oggetto esclusivo principale l'esercizio di attività commerciale". Tale meccanismo - oltre a porre difficoltà interpretative in relazione alla concreta individuazione della natura commerciale o non commerciale dell'attività svolta - scontava l'impossibilità di una propria applicazione retroattiva. Doveva pertanto ancora definirsi la legittimità del regime agevolativo goduto dagli enti religiosi fino al 2012.
ITER INTRICATO. Da qui, l'avvio dell'intricato iter comunitario che aveva portato, nel prosieguo, all'assunzione delle decisioni della Commissione Europea e del Tribunale UE; poi superate da quella, più recente, della Corte di Giustizia. A tal fine, la Corte ha chiarito che l'impossibilità di recupero di tali aiuti (dovuta a presunte causa di difficoltà organizzative) non può configurarsi «quando lo Stato membro si limiti a comunicare alla Commissione difficoltà interne, (...), senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l'aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione di tale decisione che consentano di sormontare tale difficoltà». Spetterà, ora, allo Stato italiano individuare tali «modalità alternative», rivolgendosi ai Comuni per applicare (retroattivamente e comunque nel rispetto dei limiti prescrizionali) un meccanismo di calcolo che dovrà essere pensato al fine di individuare le «superfici paganti». Si dovrebbe procedere, in tal modo, al recupero del relativo gettito (che, secondo le prime stime, ammonterebbe a circa a 4-5 mld/EUR) scongiurando l'apertura, in danno dell'Italia, di una procedura di infrazione.* Avvocato tributarista, titolare dello Studio Legale Tributario Torcello in Montesilvano info@studiotorcello.it www.studiotorcello.it

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