CHIETI Stava usando il telefonino l'autista della Panoramica che ha investito e ucciso una donna in via Pescara. Due anni dopo il grave incidente in cui ha perso la vita Giuseppina Venditti, 68 anni, cominciano a emergere le prime certezze sullo schianto avvenuto nel cuore di Chieti Scalo. Sotto processo è finito P.C., 45 anni: il 19 novembre del 2016, quando si è consumata la tragedia, era alla guida di un autobus della linea urbana 3/ che collega il quartiere San Martino con Manoppello Scalo. L'uomo, difeso dall'avvocato Mariagrazia Sciubba, è imputato per omicidio stradale. Le condizioni della pensionata, che stava attraversando sulle strisce pedonali, erano apparse serie già nell'immediatezza, considerando soprattutto l'entità del trauma cranico riportato. Nel giro di poche ore la situazione è precipitata, perché l'anziana è andata in coma. Da quel momento, non ha più ripreso conoscenza: a distanza di 6 giorni, il suo cuore ha smesso di battere nel reparto di Rianimazione dell'ospedale Santo Spirito di Pescara. Quel sabato pomeriggio la donna, originaria di Torremaggiore (provincia di Foggia), si trovava a Chieti per fare visita alla figlia che si era trasferita in Abruzzo per motivi di lavoro. Lunedì scorso, nell'udienza davanti al giudice monocratico Andrea Di Berardino, sono stati ascoltati tecnici e testimoni. La procura, rappresentata dal pm d'aula Sergio Di Feliciantonio, accusa P.C. di «colpa consistita in imperizia, imprudenza e negligenza, in particolare per aver fatto uso durante la marcia di un apparecchio telefonico che gli impegnava le mani, nonché per aver omesso di arrestare la marcia del mezzo in modo da dare la precedenza a Giuseppina Venditti, mentre era intenta ad oltrepassare la strada sull'attraversamento pedonale, da destra verso sinistra rispetto al senso di marcia tenuto». A incastrare l'autista sono le immagini delle telecamere del bus. Su tutti i 70 mezzi a disposizione della Panoramica, come spiegato dal direttore di esercizio Franco Chiacchiaretta, è presente un sistema di videosorveglianza che si attiva automaticamente in caso di urto o brusche frenate, registrando in memoria i 30 secondi precedenti e successivi all'evento: gli occhi elettronici sono puntati sia all'interno che all'esterno dei pullman. Le immagini sono state acquisite e analizzate dall'ingegnere informatico Domenico D'Orazio, consulente nominato dalla procura. «Il decesso è dovuto in via del tutto esclusiva al politrauma riportato nell'investimento», ha specificato davanti al giudice il medico legale Cristian D'Ovidio, che ha eseguito l'autopsia individuando come causa della morte una «sindrome da insufficienza multiorgano». Le indagini sono state condotte dalla polizia municipale. «Le immagini delle telecamere hanno smentito l'autista», ha ricostruito in aula il maresciallo intervenuto sul posto per i rilievi. «L'uomo dichiarò che il pedone aveva attraversato passando tra due veicoli in sosta, il che non corrisponde al vero perché non c'era nessuna macchina parcheggiata. Il mezzo procedeva a 27 chilometri all'ora, poi è passato a 22 e, subito dopo, ha arrestato la marcia». Sul luogo dell'incidente, avvenuto in un tratto poco illuminato, «non sono state trovate tracce di frenata. È come se il conducente non si fosse proprio accorto della presenza del pedone sulla strada». Da tempo P.C. non lavora più con la Panoramica. L'udienza conclusiva è in programma il 17 dicembre. Verranno ascoltati gli ultimi testimoni, poi ci sarà la sentenza.
Si rischiano fino a 18 anni di carcere
L'omicidio stradale, reato entrato in vigore il 25 marzo 2016, prevede fino a 18 anni di carcere. Resta la pena già stabilita in precedenza (da 2 a 7 anni) nell'ipotesi base, quando cioè la morte sia stata causata violando il codice della strada. Per chiunque provochi il decesso di una persona in seguito a comportamenti pericolosi alla guida, conducendo un veicolo sotto l'effetto di droga o in stato di ebbrezza, è prevista una pena che va dagli 8 ai 12 anni. Che diventano 18 in caso di aggravanti: fuga o omicidio di più persone.