ROMA I numeri spaventano un po' tutti. Perché un voto sul Global compact potrebbe di botto creare nuove maggioranze e mandare «in crisi il governo». Lo dicono dalla Lega facendo notare, forti del voto sul dl sicurezza dell'altra sera, che il patto dell'Onu potrebbe passare nell'ottica di un'alleanza Carroccio-Fratelli d'Italia - pezzi di Forza Italia e «alcuni grillini che voterebbero insieme a noi». Ne servono tanti. Troppi, forse. Anche perché Luigi Di Maio, dicono dal M5S, «non lascerebbe mai libertà di espressione su questo tema che di sicuro non è etico».
I NUMERI
E quindi il leader pentastellato avrebbe due possibilità: dire sì al Global compact, facendo saltare tutto, in un'ottica di accordo con il Pd e Leu («Fantascienza»), oppure viceversa fare asse con Salvini. Ma è qui che ritorna il pallottoliere. L'altra sera sono mancati - tra missioni e assenze dall'aula - 36 voti pentastellati: il 15% della truppa che siede sui banchi di Montecitorio. Un'ala vicina a Roberto Fico, ma anche più vasta. Il rischio spaccatura è fortissimo e prevedibile in caso di forzature. Anche perché dal Senato le dissidenti Nugnes e Fattori stanno già suonando le trombe di Gerico: «Pretendere una gestione condivisa dell'immigrazione e poi disertare le sedi dove se ne parla è come minimo un'idiozia ma si avvicina ad essere una vergogna», dice Fattori. «Demandare la decisione sul Global Compact al Parlamento è un atto velleitario: non ci sono i tempi, è solo un modo per dire che questa cosa non si vuole fare. È demagogia che si usa per non dare una risposta», aggiunge Nugnes. Ma sono critiche rivolte più verso l'interno. E così la strategia messa in atto in queste ore prevede la seguente mossa: evitare la mozione sul global compact presentata da Fratelli d'Italia e calendarizzata per il 22 dicembre. Giocare così d'anticipo, spingendo il premier Giuseppe Conte a presentarsi in Aula per fare il punto sulla pratica. Per terminare così con un documento condiviso della maggioranza che ributta la palla nel campo del governo per ulteriori approfondimenti. D'altronde, spiegano dal M5S, c'è tempo fino a marzo per aderire al patto Onu. Con il premier in trasferta in Argentina, la pratica è nelle mani di Riccardo Fraccaro, ministro per i rapporti con il Parlamento. È questa la mediazione raggiunta in serata (di fatto è un rinvio a tempi migliori) dopo una giornata di forti tensioni con il braccio di ferro tra i due «contraenti».
LA TENSIONE
In mattinata, arrivando alla Camera, il ministro dell'Interno Matteo Salvini non molla di un centimetro, ribadendo che sui migranti «decidono gli italiani», e non, è il ragionamento chiaro, seppur implicito, l'Onu. Quindi, come ha fatto annunciando la parlamentarizzazione della decisione prima di Palazzo Chigi, anticipa i tempi. E assicura che in Parlamento «ci sarà una posizione comune Lega-Cinque Stelle». «Non riusciranno a farci litigare», dice in serata a Porta a Porta. Luigi Di Maio, anche lui smussa e evita parole nette. «Discuteremo in Parlamento - promette il vicepremier - per trovare la soluzione migliore nell'interesse degli italiani. Non ne faccio assolutamente un mistero che le due forze politiche non hanno una visione identica, ma troveremo una soluzione». La soluzione è un documento di buoni intenti, solo dopo l'intervento del premier Conte in versione pompiere.