Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/07/2024
Visitatore n. 738.555



Data: 04/12/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il grido delle imprese: «Tav e infrastrutture, la pazienza è finita». In oltre tremila al raduno di Torino. Di Maio: «Pronti a incontrarvi». Boccia: Conte convinca i suoi vice a tagliare 2 miliardi ciascuno o lasci

TORINO L'immagine dell'Italia che viaggia veloce è quella dell'insalata prodotta in Puglia e spedita a Dubai. «Ma provate a spostarvi da Bari a Taranto e vedrete in che condizioni sono le strade», si indigna il presidente dell'Ance, l'associazione dei costruttori, Gabriele Bui.
IL MANIFESTO
C'è un Paese che va, produce, crea lavoro e benessere. E un'Italia che perde 70 miliardi di export per colpa del divario logistico con il resto d'Europa, una voragine per un'economia che trae più del 30% del pil dalle vendite all'estero. Così il 65% del prodotto interno lordo nostrano, e cioè tremila imprenditori di dodici associazioni che rappresentano tre milioni di aziende con 13,3 milioni di addetti, si sono riuniti ieri alle Officine grandi riparazioni per firmare il loro manifesto. Una protesta nazionale per dire «sì alla Tav, si alle grandi infrastrutture europee, si al futuro, allo sviluppo, alla crescita sostenibile». Nel manifesto uno slogan efficace: Milano-Parigi in quattro ore e mezza. Destinatario del messaggio è il governo. Avverte il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «La nostra pazienza è quasi limite. È un segnale importante che si vuole dare all'esecutivo: si parte dalla tav ma si pone la questione infrastrutture in senso ampio, grandi e piccole». E' un richiamo alla politica, dice, «da parte dei corpi intermedi dello Stato: avere il senso del limite». Boccia fa notare che il governo ha convocato i vertici torinesi delle associazioni e non quelli nazionali, «questo la dice lunga sul l'idea che ha della Torino-Lione, come se fosse un fatto locale». Invece è «una questione nazionale», affermano compatti gli imprenditori. A cominciare dai 9 miliardi di ricadute positive in termini economici: un euro speso per l'opera equivale a 3,77 euro di pil italiano e i lavori creeranno occupazione per 55 mila addetti. Le infrastrutture sono le porte sul mondo: ogni anno 44 milioni di tonnellate di merci passano da Ventimiglia al Monte Bianco, 68 dal mar Ligure occidentale, 39 al confine con la Svizzera, l'anno scorso sono transitati dai valichi 619 milioni di tonnellate. «Abbiamo bisogno di una rete di trasporto multimodale collegata con l'Europa, non sappiamo come gestire questi imponenti flussi di merci», sostiene Roberto Zucchetti, docente di metodologie di valutazione delle infrastrutture alla Bocconi. Nel Vecchio continente esportiamo beni per 290 miliardi, verso la Cina per 51 e se è vero che il tasso di crescita dell'export asiatico viaggia a ritmi del 6% all'anno, il nostro business resta l'Europa. Altro ottimo motivo per dire sì alla Tav, come si legge nel manifesto degli imprenditori, è la quota di finanziamento a carico dell'Unione europea salita dal 40% al 50% e il fatto che «quella a carico dell'Italia è già stata tutta impegnata programmaticamente e non avrebbe impatti negativi sui saldi di finanza pubblica».
«PAGANO I DUE VICEPREMIER»
Non solo. A conti fatti, rimarca il documento, completare la Torino-Lione costerebbe meno che non realizzarla, e senza la nuova linea il trasporto di merci su tutto il versante ovest delle Alpi sarebbe più costoso. Costruendola, invece, al 2030 si ridurrebbe il transito stradale di quasi un milione di veicoli pesanti l'anno, tagliando emissioni inquinanti per tre milioni di tonnellate equivalenti di Co2. Boccia non va per il sottile: «La Tav non serve? Se dobbiamo restituire un miliardo alla Francia e all'Europa perché qualcuno ha deciso che l'opera è inutile, che sia lui a pagare e non gli italiani». E lancia una provocatoria proposta al premier Giuseppe Conte: «Se fossi in lui convocherei i due vicepremier e chiederei loro di togliere due miliardi per uno, visto che per evitare la procedura d'infrazione bastano 4 miliardi. Se qualcuno rifiutasse mi dimetterei e denuncerei all'opinione pubblica chi non vuole arretrare». Poi una promessa a Di Maio: «Se ci convoca tutti e dodici non lo contamineremo». E a Salvini, «che ha preso molti voti al Nord, dico di preoccuparsi dello spread». In serata il ministro Di Maio si dice disponibile a incontrare gli imprenditori assieme al premier. Più polemico Salvini che intervistato a Bruxelles da Politico 28 dice: «Alcuni come Confindustria non so quanto rappresentino gli imprenditori veri».

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it