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Data: 06/12/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, la gang dei vigilantes: biglietterie come bancomat. «Sto gonfio come un uovo» Così si vantavano al telefono

Da Termini alla stazione di Rebibbia, l'escamotage per garantirsi un doppio stipendio da spendere in shopping e vacanze era semplice ma efficace: incastrare un biglietto nella macchinetta dell'Atac o nel parcometro, impedendo che le monete venissero contabilizzate. Poi, intascare l'incasso, approfittando della mancanza di controlli. Oppure, caricare in eccesso di pezzi da uno o due euro i distributori automatici e, a fine giornata, rubare la rimanenza, mai registrata dal sistema di controllo. Ora, però, la banda dei vigilanti è finita in manette. Gli indagati sono undici in tutto, accusati di peculato. Riuscivano a fatturare fino a 500 euro al giorno. «Un mio amico che fa il doppio lavoro non ci arriva», dice uno di loro intercettato. Sono stati pedinati da giugno fino a pochi giorni fa. A incastrarli, i filmati delle telecamere installate sui furgoni di servizio, che li immortalano mentre si spartiscono i soldi, e le conversazioni captate. Ai domiciliari ci sono le guardie giurate Alessandro Telera, Paolo Paradisi, Fulvio Ferrante, Fabrizio Vattani, Fabio Salvatori, Marco Verdacchi, Giacomo D'Angelo, Fabio Parisse, Adriano Peretti, Luigi Proietti e Davide Costantini. Per i loro colleghi Fabio Luciani e Diego Palone il gip Corrado Cappiello ha disposto l'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. Erano addetti al controllo di 32 casse automatiche, 11 casse manuali e oltre quattromila parcometri. Dalle indagini del pm Laura Condemi e dei Finanzieri del gruppo Frascati è emerso che avrebbero praticamente svaligiato quasi tutte le macchinette.
ASSENZA DI CONTROLLI
Nell'ordinanza il gip sottolinea che hanno agito con «modalità operative collaudate», messe in atto «anche grazie a una sostanziale assenza di controlli», approfittando dell'«obsolescenza delle macchine» e della carenza di manutenzione. In questo modo i vigilanti infedeli sono riusciti a mettere in tasca una «sicura fonte di reddito - scrive il gip - con cui, stando alle parole degli stessi indagati, soddisfare l'acquisto di beni di consumo, ovvero garantirsi la pensione, tanto da non preoccuparsi né dei controlli di polizia né della paventata presenza di telecamere nei furgoni». Per il magistrato, le condotte degli indagati sono «caratterizzate dal più totale disprezzo per le regole, dall'assoluta assenza di senso del dovere e di responsabilità». Ad agevolarli, anche «il malfunzionamento delle macchine che non contabilizzavano fedelmente» gli incassi. Agli atti dell'inchiesta, decine di filmati che riprendono gli indagati mentre, invece di sigillare le buste contenenti il denaro, «le portavano all'interno dell'abitacolo» del furgone di servizio, «dove, dopo aver verificato le cifre portate dallo scontrino indicante il numero dei vari tagli di banconote, sottraevano quelle in più non contabilizzate, riponendole nel vano portaoggetti per poi spartirle al termine della giornata di lavoro».
LA DENUNCIA
L'inchiesta è partita da una guardia giurata onesta, che ha denunciato ai superiori l'operato di alcuni colleghi, in servizio presso la società «Unisecur» che, per conto di Atac, effettua i servizi di vigilanza. È stato proprio il legale rappresentate della ditta a rivolgersi alla Procura, notando discrepanze tra le vendite dei biglietti e i guadagni. «Oggi ho fatto la ricarica. Biglietti bloccati, soldi rubati», dicono gli indagati intercettati, commentando soddisfatti l'escamotage per mettere a segno il colpo. Un «lavoretto», aggiungono.
Atac, intanto, afferma che «tutti gli ammanchi sono a carico del fornitore» e annuncia che «si costituirà parte civile». Mentre la sindaca Virginia Raggi commenta in un post: «Un atto vile e criminale. Macchine distributrici di biglietti bus e metro Atac che sarebbero state letteralmente depredate, a danno di tutti i cittadini».


«Sto gonfio come un uovo» Così si vantavano al telefono

Sono le intercettazioni e i filmati a consegnare agli inquirenti le prove di una storia di ordinario degrado. «Rubo come un matto... tutti i giorni», sintetizza uno degli indagati. Ma è il 26 giugno scorso uno dei dialoghi più emblematici. A parlare sono Fulvio Ferrante e Fabio Salvatori. Il primo, che non voleva nemmeno andare a lavorare, dice di essere già a 300 euro di furto: «Sto già tre metri sopra il cielo e manca tutta Termini». E aggiunge riferendosi alle macchinette depredate: «Mamma mia, sta gonfio come n ovo perché ce stava il concerto a Flaminio... c'era il concerto a Piazza del Popolo, quindi Flaminio, Spagna, Lepanto, Ottaviano... stavano tutte schioppate... tutte piene». Sono sempre le conversazioni captate a raccontare come venissero usati i soldi rubati dai distributori automatici dell'Atac e dai parcometri della Capitale. «Pure oggi il nostro pane quotidiano l'abbiamo tirato fuori - dice Fabio Luciani ridendo, subito dopo avere messo in tasca l'incasso - questi me li metto dentro al portafoglio, sto a riempì il dindero con tutti i pezzi da 2, quando ce l'ho pieno vado a compramme la macchinetta fotografica nuova». Il 29 giugno Fulvio Ferrante e Paolo Paradisi parlano delle montagne di soldi che riescono a fare. Il primo aggiunge di avere comprato per il figlio «il set da tre della Chicco» e, sghignazzando, aggiunge: «Sopra c'è scritto Atac, mica Chicco».
GLI ASTERISCHI
Il 16 giugno, Alessandro Telera racconta che «a Termini oggi ho fatto la ricorica alla 373! Tutti i lettori banconote bloccati... Tutti! Biglietti bloccati, soldi rubati!». Il 25 del mese, invece, chiede a Paradisi di avvertirlo nel caso in cui, nel giro del giorno dopo, dovesse trovare «gli asterischi», cioè parcometri e macchinette con la mancata stampa di quanto contabilizzato. In quel caso lo raggiungerebbe per prendere i soldi in più e dividerli: «Dimme se trovi l'asterischi va... famme lita cortesia... se pjamo er caffè e faccio tutto aumma aumma». Il 9 luglio parlano del parcometro di via delle Belle Arti: «Lì puoi trovare Asterix», dice in codice.
Dopo due perquisizioni della Finanza a bordo dei furgoni di servizio, la banda inizia ad insospettirsi: «Occhio, vedono ve sentono», dice uno degli indagati a un collega, che risponde: «Sì, sì, m'hanno detto che dentro l'84 ce sta a telecamera il microfono». Nonostante questo, tutti gli indagati continuano a sottrarre denaro.
Il 18 luglio, Telera parla sempre dei parcometri. Spiega a Vattani che «rilasciano scontrini che non riportano l'importo reale di quanto incassato». Dice che «a volte all'indicazione di 3 euro corrisponde la somma di 1.000 euro». In questi casi, bisogna prendere tutto quello che è in più: «La manna dal cielo ahò! Perché se in una giornata si fanno circa 14 di questi apparecchi si può arrivare a 3.000 euro». In poche ore mettono da parte 130 euro, «l'amici mia fanno er doppio lavoro e manco c'arivano», dice Telera. E ancora: «Oh qui avemo fatto bingo, ho preso tre piotte eh».
Mic. All.

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