L'AQUILA Silenzio e gesti che valgono più di qualsiasi parola. Pur priva di dichiarazioni ufficiali, la sesta visita di Mattarella in Abruzzo, la quarta all'Aquila, ha assunto un significato straordinariamente intenso e profondo. Intanto è bastata la sola presenza per tornare a far sentire lo Stato vicino a una ricostruzione che, soprattutto negli ultimi mesi, è parsa accantonata. In secondo luogo il presidente ha scelto di benedire la riapertura di una chiesa, quella del Suffragio, certamente non tra le più amate dagli aquilani prima del sisma qualcuno ricorderà persino lo stato di abbandono -, ma dall'altissimo valore simbolico: fu edificata come segno di rinascita dopo il sisma del 1703, in suffragio, appunto, delle tante vittime e aprendo la città ai migliori contributi esterni. Ecco perché, oggi, nell'epoca della crisi del messaggio europeo, il gemellaggio tra L'Aquila e la Francia, a braccetto nella ricostruzione di questo edificio, è uno straordinario segnale di fratellanza transnazionale. C'è poi il grande abbraccio che i bambini hanno tributato al presidente: sono i piccoli nati nel 2009 e 2010, la generazione che del terremoto ha visto solo i danni e la difficile ricostruzione, ma proprio per questo quella a cui dedicare i maggiori sforzi a garanzia del futuro. Nelle loro mani i due tricolori, italiano e transalpino, e mille palloncini nero verdi, simbolo di dolore e speranza, che hanno solcato il cielo velato di grigio, squarciato a tratti da caldi e luminosi raggi solari: una bellissima metafora della giornata. Mattarella ha poi voluto omaggiare la memoria delle vittime del sisma. Lo ha fatto leggendo i nomi su una lapide commemorativa e sfogliando lentamente, ma attentamente, fino all'ultima pagina, un libro con tutti i volti, sistemato nella cappella della Memoria della chiesa. Non è sfuggita la volontà di non trasformare questa giornata in una passerella: all'arrivo in piazza, infatti, Mattarella si è infilato nella porta laterale del Duomo, ancora distrutto, rimanendo sinceramente colpito dall'immobilismo della ricostruzione. Sulla stessa piazza la gioia, la festa, il dolore, le difficoltà, l'attesa.
L'EMOZIONE
Non appena il presidente, al termine degli interventi istituzionali dal palco allestito in piazza, ha varcato la soglia della rinata chiesa, i bambini hanno fatto volare in cielo gli oltre mille palloncini. Dall'interno delle Anime Sante, grazie ai maxi schermi allestiti per l'occasione, sono risuonati i due inni, splendidamente eseguiti dalla Sinfonica abruzzese e dal coro Verdi di Roma: è stato il frangente più emozionante. La Francia è stata rappresentata da Nathalie Loiseau, ministro agli Affari europei e dall'ambasciatore in Italia Christian Masset. Per il governo italiano c'era il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli col sottosegretario Gianluca Vacca. Lunghissimo l'elenco delle autorità presenti. Tra queste anche il capo della Protezione civile Borrelli, Gianni Letta, Giovanni Legnini. Il sindaco Biondi ha detto che la chiesa è «emblema di resurrezione e, al contempo, monito perenne e omaggio alle vittime» e che L'Aquila «è questo: speranza, innovazione, sapienza, storia, arte e architettura. Dieci anni fa non avremmo saputo immaginare domani più franco, magico e pieno di promesse». Il presidente vicario della Regione, Giovanni Lolli, che «è speciale ogni giorno in cui la città si riappropria di qualcosa»: «E' come se ci ricongiungessimo a un pezzo della nostra identità. Questa chiesa è più speciale delle altre: ci ricorda un altro devastante terremoto, fu edificata a ricordo delle vittime e a monito delle generazioni future». La Loiseau ha detto che «la ricostruzione della chiesa è il più bel simbolo della nostra amicizia, della solidarietà indefettibile che lega da secoli i due Paesi, della volontà di superare insieme tali prove». «Le sue ferite ricordano le vittime del sisma aquilano. Ma è anche la testimonianza della capacità di rialzarsi».