BRUXELLES «Il clima è positivo» e Moscovici e Dombrovskis si dicono anche «fiduciosi» che si arrivi entro stasera o domani all'intesa che eviterebbe all'Italia la procedura per deficit eccessivo e all'Europa un'altra fonte di caos. Ottimista anche la Cancelliera Merkel che ieri mattina ha fatto colazione con Giuseppe Conte e Enzo Moavero Milanesi prima dell'inizio del Consiglio europeo.
Incrocia le dita il francese Macron che avendo più di un problema in Patria, ha raccomandato a Conte di cercare in qualche modo un'intesa «altrimenti la Commissione si incattivisce anche con me». I problemi sono però ora a Roma dove tra i due alleati è scattato l'allarme su possibili nuove richieste di tagli che dovrebbero servire a ridurre il debito strutturale come previsto dalle regole Ue.
E così i due mister Wolf del governo, Conte e Tria, rientrano sullo stesso aereo in direzione della Capitale. Fissata la cornice del 2-2,04% per gli appassionati di numerologia - e ribadito che «non ci sono margini di negoziazione», resta infatti ora da attendere il non facile lavoro dei tecnici alle prese con un reticolo di norme divenute complicatissime dopo la crisi del 2008. Forse non rende più fluido il lavoro il fatto che a guidare il team di tecnici della Commissione sia un italiano. Marco Buti, direttore generale per gli affari economici della Commissione, da tre giorni incrocia numeri e tabelle con la squadra del Mef guidata da Alessandro Rivera, e non intende essere accusato di favoritismi.
Aggiustare le due misure care a Di Maio e Salvini all'interno del perimetro illustrato giovedì scorso dal presidente del Consiglio a Jean Claude Juncker non è facile. Anche perché secondo l'ortodossia europea l'Italia sarebbe anche chiamata a ridurre, anche di solo pochi decimali, il suo debito strutturale che in soldoni potrebbe voler dire dare la caccia a qualche altro miliardo.
Ma sembra difficile poter trovare a stretto giro di posta dai 3 ai 5 miliardi necessari per abbatter almeno di un minimo (0,2-03%) il deficit strutturale, che alla Commissione sta molto più a cuore di quello nominale.
L'IMPATTO
Conte è convinto di riuscire a limitare al massimo l'impatto se non di ridurlo allo 0,1, ma comunque sia il problema resta. Spettasse alla Commissione decidere dove sforbiciare ancora, non avrebbe dubbi e punterebbe sulla riforma della Fornero che ha un impatto strutturale pesante per gli anni a venire. Senza contare che ad un contribuente tedesco o olandese è più facile spiegare che l'Italia si indebita per sostenere chi non ha o ha perso il lavoro, e molto meno che si può smettere di lavorare a 62 anni. Così, tra M5S e Lega è scoppiata di nuovo la rissa su chi deve fare maggiori passi indietro. Nell'emendamento che la prossima settimana dovrà essere presentato al Senato occorre infatti definire platea e tempi di attuazione delle due riforme, ma in gioco - come ammetta Giancarlo Giorgetti - rischia di finire il contratto di governo.
Conte ieri sera ha voluto Tria al suo fianco nella trattativa con i due vicepremier. La tre giorni nella capitale belga è stata positiva per il premier che in conferenza stampa né rifiuta né accetta di essere definito un «Mario Monti in versione giallo-verde». Eppure la professione di europeismo fatta ieri dal premier risulta evidente specie se confrontata con la valanga di euroscetticismo professata nelle scorse settimana dal governo. Conte ha dalla sua il fatto di non essersi mai esposto con attacchi alla Commissione o a Juncker che ieri - a margine del Consiglio - oltre ad aver ribadito il suo «amore per l'Italia» ha promesso al presidente del Consiglio che «la Commissione non avrà due pesi e due misure». Il sostegno del Quirinale e il lavoro del ministro degli Esteri Moavero, che da tempo naviga' nei palazzi di Bruxelles, hanno fatto il resto.