Ma quando mai. No e poi no, si vota a febbraio punto e basta. E invece non era un punto ma una virgola, e invece era un si, e invece i pentastellati abruzzesi lo sapevano almeno da lunedì, quando la copia dell’emendamento ha cominciato a circolare sulle caselle di posta elettronica delle segreterie politiche. Il tentativo di far slittare le elezioni a maggio, confezionato da un gruppo di parlamentari grillini, è durato lo spazio di 24 ore. Poi ieri, in serata, è stato ritirato.
L’emendamento alla manovra economica prevedeva l’accorpamento delle elezioni regionali e delle europee: in Abruzzo quindi il voto sarebbe slittato dal 10 febbraio al 26 maggio.
L’election day era finito così nella legge di stabilità e qualche giorno fa, proprio nelle ultime ore utili, un gruppo di grillini stava preparando il grande salto a primavera. A sorpresa quindi il governo si sarebbe tolto d’impaccio dalle possibili ripercussioni di un voto negativo alle Regionali (i grillini accusano un crollo significativo nei sondaggi), e se la Basilicata aveva già optato per la stessa data, Sardegna, Piemonte e Abruzzo si sarebbero dovute accodare per forza. Un emendamento super blindato, a firma Gallicchio, Accoto, Turco, Pirro, Pellegrini Marco, Presutto, Pesco, Patuanelli, di quelli “segnalati”, cioè destinato a passare a tutti i costi, proprio per evitare le rischiose ripercussioni sul governo giallo verde. Che ha cavalcato argomenti rappresentati da molti sindaci dell’entroterra abruzzese e da alcuni partiti di sinistra. Solo i pentastellati, capeggiati da Sara Marcozzi avevano sempre sostenuto invece la necessità di andare al voto subito, a febbraio.
L’emendamento era chiarissimo:
“Al fine di garantire la più elevata partecipazione dei cittadini alla vita politica…nonché il contenimento dei costi a carico della finanza pubblica…, gli organi che scadono nel primo semestre dell’anno sono rinnovati nel turno primaverile, che si tiene in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno”.
Ma il passaggio clou era un altro:
”Qualora in un turno elettorale si debbano svolgere le elezioni europee, la data del turno e’ stabilita nella stessa data”.
Insomma, ragioni di razionalizzazione della spesa, ufficialmente. Ma secondo l’Huffington post, la ratio sarebbe stata un’altra: tra gli otto firmatari ci sono infatti Daniele Pesco e Stefano Patuanelli, presidente della commissione Bilancio il primo e capogruppo al Senato il secondo. Tutti e due cinquestelle. Che è il partito più in affanno nelle elezioni amministrative. Insomma, a dispetto di tutto, i grillini speravano che dopo l’approvazione del reddito di cittadinanza i sondaggi sarebbero potuti risalire. In Abruzzo anche il gradimento di Sara Marcozzi è piuttosto in declino, nonostante le passerelle con Luigi Di Maio, e qualche mese in più sarebbe potuto tornare utile. Certo, i grillini abruzzesi sono rimasti zitti, nessuno ha pronunciato mezza sillaba sul blitz che stavano preparando a Roma.
Poi, il clamore, la polemica che si è scatenata sui social e sui giornali, ha indotto il governo alla retromarcia e l’emendamento alla fine è stato ritirato.
Certo, lo slittamento delle elezioni avrebbe compromesso la candidatura di Giovanni Legnini che nella sua lettera di una settimana fa aveva precisato che in caso di spostamento del voto a maggio, avrebbe riconsiderato la disponibilità a candidarsi. Forse sabato prossimo, il giorno scelto per l’incontro con i sindaci al porto turistico di Pescara, chiarirà definitivamente la sua posizione.
Diverse le reazioni all’emendamento presentato e subito ritirato: esulta Nazario Pagano, coordinatore di Forza Italia, che punta il dito contro i pentastellati:
“Di questo apparente gesto schizofrenico, la lettura è univoca: il M5s teme le elezioni e teme la vittoria del centrodestra unito, consapevole del fatto che gli abruzzesi non hanno dimenticato le promesse fatte sul sisma in campagna elettorale e mai mantenute. A proposito di questo, ho presentato nuovamente un emendamento che prevede la riduzione e la rateizzazione dei tributi dovuti dai cittadini colpiti dal sisma del 2016, promessa che il M5s aveva fatto ma che poi, bocciando ben tre volte la mia proposta, non ha portato a termine”.
Di tutt’altro tenore la posizione di Maurizio Acerbo, di Rifondazione comunista:
“Una vicenda grottesca. L’Election Day è già legge dal 2011 ma il governo finora ha fatto finta di non accorgersene perchè sia Lega che M5S vogliono votare prima possibile, perchè ritengono di essere favoriti. Il mancato accorpamento comporterà uno sperpero di decine di milioni di euro. La propaganda sui costi della politica va a farsi benedire quando sono in ballo convenienze elettorali. Come Rifondazione Comunista da settimane abbiamo sollevato il caso, a partire dall’Abruzzo, dove le elezioni sono fissate il 10 febbraio, praticamente con la neve nel 70% dei comuni. Si tratta di un vero scandalo alla luce del sole. Nell’ignavia generale il ministro dell’interno disattende una legge vigente con i pentastellati che sostengono la stessa posizione di Forza Italia che nelle regioni è alleata della Lega”.