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Pescara, 24/07/2024
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Data: 19/12/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Gelata di fine anno drammatico calo dei posti di lavoro. Nel 2018 perse 26 mila unità colpita soprattutto l’industria. L’economista Giuseppe Mauro «Peggio della media nazionale»

PESCARA La brutta sorpresa di fine anno - inattesa dagli stessi analisti economici - arriva dai dati sull'occupazione forniti ieri dalla Cisl Abruzzo Molise e confermati dai rilevamenti Inps. Negli ultimi 9 mesi dell'anno, l'Abruzzo ha visto volatilizzarsi 26mila posti di lavoro (-5,1% rispetto al 2017), a conferma del rallentamento dell'economia della regione e della prudenza che starebbe caratterizzando il mondo delle imprese nel rinnovo dei contratti a tempo determinato. Un trend negativo determinato dal calo consistente registrato soprattutto nel settore industriale dove si segnala la perdita di 22mila posti di lavoro (-13,3% rispetto allo scorso anno). L'altro dato che colpisce riguarda il numero totale dei disoccupati, saliti a 67mila unità: il doppio rispetto al 2008, anno in cui è iniziata la grande crisi piombata dagli Stati uniti. Così, secondo il report dell'Aps Ciancaglini relativo al terzo trimestre, il tasso di disoccupazione in Abruzzo ha superato il 12%, contro il 9,7% dell'anno precedente e il 9,3% della media nazionale.
Solo il settore delle costruzioni registra un leggerissimo incremento della forza lavoro: da 38mila a 39mila occupati.
STALLO
Una condizione di stallo e di incertezza, a cui il segretario della Cisl Abruzzo Molise, Leo Malandra, attribuisce anche ragioni politiche, sia afferenti alle decisioni del governo nazionale che a quelle della Regione: «Le aziende hanno scelto di non rinnovare i contratti perché ingabbiati nelle causali stabilite dal cosiddetto Decreto dignità che avrebbe dovuto favorire l'aumento dell'occupazione stabile e il tourn over dei lavoratori. Invece - osserva Malandra - non si è considerato che, in un clima socio economico politico così incerto, le aziende restano in attesa di un quadro più chiaro». Da qui la richiesta (già inoltrata dall'organizzazione sindacale a Palazzo Chigi) di prevedere una modifica legislativa che, anche attraverso la contrattazione aziendale, possa garantire maggiore flessibilità alle singole imprese. Misura da accompagnare con l'eliminazione dell'aggravio contributivo dello 0,5% sui rinnovi.
Anche questo, come sottolinea l'economista Pino Mauro, non basta tuttavia a spiegare il caso Abruzzo, visto che gli ultimi dati sull'occupazione e sulla crescita del Pil risultano peggiori della media nazionale e dello stesso Mezzogiorno.
SEGNALI
Segnali più confortanti arrivano invece dall'export, mentre Mauro torna a evidenziare il carattere duale dell'economia regionale: «E' evidente la distanza tra grandi e piccole imprese, una crescita asimmetrica che si regge solo sulla grande industria, mentre ciò che è auspicabile è un modello di sviluppo basato sulla competitività e senza meccanismi di squilibrio». Malandra è tornato a incalzare la Regione su molti punti, chiamando in causa anche la futura classe dirigente alle prese con la campagna elettorale: «Manca una vera politica industriale sul territorio. L'Abruzzo rimane una regione di transizione, ma gli ultimi dati ci fanno temere il rischio di una nuova fase di recessione». Da qui la richiesta di un confronto con il sindacato sugli strumenti che stentano a decollare, come il Masterplan e la Carta di Pescara. L'altra richiesta è quella di affiancare le piccole e piccolissime imprese, ritenute l'ossatura dell'economia regionale, con una più efficace politica creditizia e di sburocratizzazione della macchina amministrativa.
Il sindacalista ha poi invitato la Regione e il presidente vicario, Giovanni Lolli a non sottovalutare il ruolo che potrebbe avere la Zes (Zona economica speciale) nell'ottica del corridoio Tirreno-Adriatico, tra Civitavecchia e Ortona, e delle rotte verso i Balcani e il Medio Oriente. «Ma - ha ricordato Malandra - resta da colmare il buco che taglia l'Abruzzo fuori dalle reti Ten-T, lungo la dorsale adriatica e del Corridoio Baltico». Il rischio - sottolineato ieri sia dal segretario generale della Cisl che da Mauro - è che le turbolenze dovute agli scenari internazionali, con ricadute negative su tutti gli stati europei, possano sommarsi alle anomalie che continuano a caratterizzare l'economia abruzzese, dove è ormai evidente la stagnazione sia sui contratti a termine che a tempo indeterminato. Qualche miglioramento è atteso dai dati sul quarto trimestre.

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