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Pescara, 24/07/2024
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Data: 20/12/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
La Ue sospende la procedura e Conte blocca altri 2 miliardi. `L’Unione accetta le modifiche del governo ma ottiene garanzie in caso di sforamento. L'incubo manovra correttiva E torna l'ipotesi del rimpasto

ROMA Il copione è stato pienamente rispettato: la manovra economica prima clamorosamente bocciata dalla Ue, poi oggetto di febbrili discussioni durante un vero e proprio braccio di ferro tra la Commissione europea e il governo, infine drasticamente corretta sul filo di lana, ha superato il vaglio di Bruxelles. A una condizione: quanto scritto nero su bianco nell'accordo dovrà tradursi in un coerente emendamento al progetto di finanziaria 2019 e poi riflettersi pienamente nella legge votata dal Parlamento.
Insomma, l'Italia resta sotto sorveglianza. Ed è detto chiaramente nella lettera che il presidente della Commissione Juncker, il vicepresidente Dombrovskis e il responsabile degli affari economici Moscovici hanno scritto al premier Giuseppe Conte e al ministro Giovanni Tria: «Prendiamo debitamente atto delle misure di bilancio che il governo italiano intende sottoporre al Parlamento come emendamento del progetto di legge di bilancio, che ci sono state comunicate. L'adozione di tali misure, compresa la prevista clausola di salvaguardia permetterebbe alla Commissione di non raccomandare l'avvio di una procedura per disavanzo eccessivo».
LE MODIFICHE
Per arrivare all'intesa la strada è stata durissima per il governo, che ha dovuto fare una retromarcia evidente: dalla stima/obiettivo di crescita (dall'1,5% nel 2019 e dall'1,6% nel 2020 a un più realistico 1% in entrambi gli anni) al taglio delle spese rispetto ai tetti originariamente previsti. Il pacchetto concordato fino all'ultima cifra con Bruxelles prevede 9,3 miliardi di riduzione: 4,2 miliardi derivanti dalla voce investimenti, in parte compensati da un incremento nella spesa per progetti co-finanziamenti dai fondi Ue, 4,6 miliardi dal taglio della spesa per reddito di cittadinanza, 450 milioni da entrate su scommesse e giochi d'azzardo. Più 3,15 miliardi di flessibilità per il riassetto idro-geologico e il Ponte di Genova. Poi ci sono 2 miliardi di riserva da spendere solo se viene rispettato il target di un deficit nominale al 2,04% del Pil. Se non saranno spesi andranno a riduzione del deficit strutturale. E questa è solo una delle due clausole previste per assicurare che gli impegni siano rispettati. L'altra è l'aumento dell'Iva che dovrebbe essere introdotto nella legislazione per il 2020 e il 2021 come salvaguardia.
Lo stop all'avvio della procedura è giustificato dal fatto che da un peggioramento del deficit strutturale di 0,8% del Pil (per Bruxelles valeva in realtà un terzo in più) il governo scenderà a quota zero: non peggiorerà né migliorerà. La Ue avrebbe voluto un minimo miglioramento, ma non ve n'erano le condizioni. Così l'Italia può uscire dalla casella degli Stati che non rispettano in modo grave le regole Ue, a quella degli Stati che «sono a rischio» di non rispettarli. Quanto basta per non essere sanzionati. «Missione compiuta», dice Moscovici. Aggiungendo: «Il caso italiano dimostra che la Ue non è il problema, ma parte della soluzione».
Con in tasca l'accordo, Conte ha illustrato la manovra rivista e corretta in Senato all'ora di pranzo. Con lui il ministro dell'Economia, Giovanni Tria (elogiato dal premier) e il responsabile degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Assenti Luigi Di Maio e Matteo Salvini che hanno preferito non metterci la faccia. Tra contestazioni e grida dell'opposizione, Conte ha negato la retromarcia: «Abbiamo pienamente salvaguardato l'impostazione della manovra e non abbiamo ceduto sui contenuti. Reddito di cittadinanza e quota 100 partiranno nei tempi che avevamo previsto: ci siamo avvicinati alle posizioni dell'Ue senza mai arretrare rispetto agli obiettivi del voto del 4 marzo». Poi, dopo aver confermato il deficit al 2,04% e ridimensionato la crescita del 2019 dall'1,5% all'1% («la causa è il peggioramento del quadro macroeconomico») ha annunciato che «per assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio il governo ha previsto una norma per l'accantonamento temporaneo di una parte di alcuni specifici stanziamenti per l'importo complessivo di due miliardi». Le somme accantonate saranno rese disponibili nel caso in cui il monitoraggio sui conti certificherà gli obiettivi di bilancio. Infine, su Fb: «La conclusione positiva di questo negoziato dimostra che si può essere coraggiosi e responsabili allo stesso tempo. Da oggi il governo può impegnarsi a fondo per portare a termine la sua azione di rilancio, per liberare le migliori energie del Paese a sostegno della crescita e dell'occupazione. È un grande giorno per la democrazia».

L'incubo manovra correttiva E torna l'ipotesi del rimpasto


ROMA I due più allegri e soddisfatti ieri al Quirinale erano Giuseppe Conte e Silvio Berlusconi. «L'avvocato del popolo» è accolto come una star e davanti a sè ha avuto una lunga fila di alte cariche dello Stato (dall'ex premier Monti, al governatore di Bankitalia Visco) pronte a congratularsi per essere riuscito a salvare il Natale a contribuenti, famiglie e imprenditori. Il secondo, in grande forma, dall'altra parte del salone dei Corazzieri dispensa valutazioni «sulle due settimane da dimenticare» prevede vita breve per il governo e sciorina sondaggi che darebbero il M5S al 23% e la Lega al 26%. «A gennaio vanno a casa», pronostica il Cavaliere. In fondo alla sala uno scoraggiato Giancarlo Giorgetti che - visibilmente segnato dalle trattative con l'alleato - ragiona con il più classico «ma chi me lo fa fare. Se vado a lavorare in una società di consulenza guadagno di più e campo meglio».
A festeggiare è Forza Italia insieme al Pd, seppur ancora in ordine sparso. Ma soprattutto brinda il terzo partito della maggioranza. Quello della prudenza e della trattativa. Quello che fa riferimento a Sergio Mattarella il quale ieri dosa il suo entusiamo per l'accordo proprio per non sottolineare la resa sovranista all'Europa che congela 2 miliardi e dice al governo «ci rivediamo a gennaio».
LA DIFESA
Un partito che però si allarga e che annovera i ministri Enzo Moavero Milanesi, Giovanni Tria Paolo Savona e una lunghissima fila di Alte cariche. Tutti ieri al Quirinale dove invece non c'era il vicepremier Matteo Salvini ma solo Luigi Di Maio. Eppure ai due vice spetterà nelle prossime ore spiegare e sostenere una manovra che ieri sera è arrivata a palazzo Madama a tarda sera e che rischia di contenere una serie di novità non del tutto conosciute ai due. Conte ha giustamente rivendicato di aver difeso Reddito e Quota100 dagli assalti della Commissione, ma il prezzo pagato risulta alto visto il taglio di tre miliardi agli investimenti e misure difficili da digerire come il blocco della rivalutazione delle pensioni da 1500 euro in sù. E così ieri nella lega c'era chi si chiedeva a che cosa sia servito imbracciare una guerra con Bruxelles, festeggiare il 2,4% sul balcone e poi capitolare portando il deficit-pil al 2% (i decimali per la Commissione non contano), la crescita all'1% e magari rischiare tra gennaio e febbraio che arrivi una richiesta di correzione dei conti che obbligherebbe il governo ad una manovra correttiva a ridosso delle elezioni europee. A gennaio riprenderanno le aste dei titoli di Stato. Quaranta miliardi al mese da collocare, senza il QE della Bce e con uno spread che ieri ha apprezzato a metà l'accordo scendendo con prudenza solo fino a 254 punti.
LO ZERO
Al Senato ieri Conte ha parlato e spiegato l'accordo con Bruxelles senza avere al suo fianco Di Maio e Salvini. Segnale di una presa di distanza che il leader leghista certifica per primo avendo organizzato i saluti di Natale a Milano e che Di Maio asseconda per non dare l'impressione di un governo squilibrato e con i soli grillini impegnati a difendere Conte per evitare che la Lega ne faccia un capro espiatorio. Eppure la difesa del premier da parte del M5S è a spada tratta. L'uomo della mediazione è l'unica carta in mano ai grillini che a Bruxelles hanno zero rapporti sia con i Commissari sia con i singoli paesi. Lo scontro tra M5S e Lega è satto ieri ancora una volta rimandato visto che i decreti attuativi delle due misure simbolo, Reddito e Quota100, non vedranno la luce prima di gennaio. Sotto traccia la tensione resta però forte e l'idea di rimettere mano alla compagine di governo ha ripreso quota visto che sarebbe l'unico modo per sostituire il ministro dell'Economia Tria, che non gode di simpatie tra i grillini, e cambiare anche qualche ministro più o meno improvvisato come quello delle Infrastrutture Danilo Toninelli e la signora della Sanità Giulia Grillo.
Salvini spera di poter arrivare indenne a maggio spingendo molto sul versante securitario e sulla caccia all'immigrato, Ma senza investimenti, con il Reddito che piace molto poco alle partite iva del Nordest e gli Ncc che lo inseguono, sarà complicato imporre la propria narrazione. Aver fatto scrivere a Bruxelles molta parte della manovra è invece l'argomento che pesa su Di Maio. Compresa la concreta prospettiva che uno slittamento in avanti dei decreti sarà molto difficile che i centri per l'impiego siano in grado di funzionare per maggio senza produrre pasticci.

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