La «riprogrammazione» del fondo delle Ferrovie dello Stato, del fondo sviluppo e coesione, del fondo Cofinanziamento nazionale consentirà di recuperare 2,25 miliardi nel 2019. È quanto emerge dalle tabelle che accompagnano la lettera che l'Italia ha inviato a Bruxelles. Ma non sono i soli investimenti tagliati. Altri 850 milioni saranno per il 2019 saranno ottenuti con la rimodulazione della quota nazionale per il finanziamento delle politiche comunitarie, mentre 800 dal Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale destinato all'erogazione di risorse finanziarie per le misure volte al superamento degli squilibri socio-economici territoriali. Infine il Fondo per lo sviluppo del capitale immateriale sarà definanziato di 75 milioni.
Meno investimenti e slitta il turn over Sale la clausola Iva
ROMA Una correzione da 10,3 miliardi nel 2019, che sale a 12,2 l'anno successivo e a 16 nel 2021. Sono questi i numeri concordati con la commissione europea, che il governo ha travasato nel maxi-emendamento alla legge di bilancio. Per il prossimo anno il risparmio più grosso in termini assoluti viene dal fondo per gli interventi previdenziali, che viene ridotto di ben 2,7 miliardi, scendendo quindi a circa 4. Il fondo gemello, quello destinato al reddito di cittadinanza, verrà invece ridotto di 1,9 miliardi. Ma una delle voci di importo minore, i 100 milioni derivanti dal rinvio al 15 novembre dell'entrata in servizio dei dipendenti pubblici assunti nel 2019, è forse quella che sta facendo discutere di più, con i sindacati del pubblico impiego che minacciano agitazioni. Ma ci saranno prevedibilmente reazioni anche su alcune delle misure fiscali. Si va dalla web tax, che in realtà era stata introdotta ma non attuata con la precedente legge di bilancio, all'abolizione del credito di imposta Irap applicato in alcune Regioni e di quello per l'acquisto di beni strumentali nuovi, senza dimenticare la cancellazione dell'aliquota Ires ridotta per gli enti non commerciali, una novità che penalizza il terzo settore. Una voce sostanziosa, come in questi tutte le manovre economiche, viene dal settore giochi. Ci sono poi significative riduzioni degli investimenti e dei contributi a imprese pubbliche come le Ferrovie. Questo ultimo taglio vale 600 milioni, mentre rispettivamente 800 e 850 milioni verranno dalla riprogrammazione del Fondo per la sviluppo e la coesione territoriale (che dovrebbe assicurare il superamento degli squilibri socio-economici territoriali) e del Fondo per il cofinanziamento delle politiche comunitarie. La riduzione degli investimenti arriva a 3 miliardi considerando anche 700 milioni per i rischi idrogeologici che le Regioni possono rimpiazzare con fondi comunitari. Gli introiti da dismissioni immobiliari ammontano a 950 milioni nel 2019: si tratta di una voce che può andare a riduzione del disavanzo. Mentre non è chiarissimo il destino dei 18 miliardi complessivi di cessioni di asset pubblici programmati per spingere la riduzione del debito. In realtà il percorso di riduzione sarà più lento di quello presentato alla stessa Unione europea a novembre: dal 131,7% del Pil del 2018 (valore rivisto al rialzo) il debito calerà al 130,7 il prossimo anno e poi al 128,2 nel 2021. Sui due anni successivi al prossimo incombe pesantemente l'ampliamento della clausole Iva: gli ulteriori importi valgono 9,4 e 13,2 miliardi. Siccome resta anche una quota delle clausole precedenti, nel 2020 ci saranno da sterilizzare 23 miliardi di maggiore imposta e nel 2021 quasi 29: l'aliquota ordinaria arriverebbe al 26,5%.