ROMA Blindata al Senato. E blindatissima alla Camera. E' il destino della manovra 2019, che oggi approda alla Camera da dove dopodomani dovrebbe uscire con il timbro dell'approvazione definitiva. E' la prima volta dal 2004 che la Camera torna a riunirsi dopo Natale per l'approvazione della Legge di Bilancio perché generalmente il Parlamento riesce a chiudere la sessione di bilancio entro il 22 o al massimo il 23 di dicembre. Ma questa volta - complice l'estenuante trattativa con Bruxelles sul deficit e su altri dettagli - il testo definitivo della Legge è arrivato in Senato tardissimo. Tanto che per la prima volta nella storia recente, le Commissioni Bilancio sia del Senato che della Camera non hanno potuto esaminare la manovra articolo per articolo (come prevede l'articolo 72 della Costituzione). E' stata l'aula del Senato, venerdì scorso, a ricevere direttamente il maxi-emendamento contente tutta la manovra e il voto è stato un prendere o lasciare sulla fiducia.
Con ogni probabilità sarà fiducia anche alla Camera che non può toccare neanche una virgola della legge uscita dal Senato perché altrimenti occorrerebbe una quarta lettura del testo e si rischierebbe di non approvarla entro la fine dell'anno.
Resta il fatto che le due principali misure della manovra, il Reddito di cittadinanza e la Quota 100 per le pensioni, di fatto ne restano fuori. Sia il sussidio che l'anticipo pensionistico partiranno con due decreti, separati ma paralleli, che dovrebbero essere pronti per il 10/15 di gennaio. Entrambi i decreti dovranno dettagliare le misure e saranno piuttosto complessi.
LA SINTONIA
Ma mentre sul fronte Quota 100 si sa già quasi tutto, a partire dal fatto che le pensioni così ottenute saranno più basse anche del 20% di quelle cui si avrebbe diritto rispettando i tempi di pensionamento previsti dalla legge Fornero e che ci saranno alcune finestre d'uscita che rallenteranno l'accesso degli aventi diritto al pensionamento, sul reddito di cittadinanza le incognite sono ancora moltissime.
Non è chiaro infatti se questo strumento sarà destinato a combattere la povertà oppure la disoccupazione. Nel primo caso, logica vorrebbe che a gestirlo fossero i Comuni che già oggi gestiscono il Reddito di Inclusione, nel secondo dovrebbe entrare in scena i Centri per l'Impiego che però sono gestiti dalle Regioni e che quasi ovunque sono inefficienti o comunque hanno difficoltà a gestire il reimpiego di lavoratori in difficoltà.
Sul Reddito c'è anche un problema di sintonia politica fra i due alleati di governo. La Lega insiste perché una parte dei fondi vengano assegnati alle imprese che assumeranno disoccupati. I 5Stelle non sono contrari ma nella loro visione il Reddito dovrebbe andare soprattutto alle famiglie in difficoltà.
Non sarà facile scrivere le norme e soprattutto non sarà facile gestire questi fondi che specialmente nel Mezzogiorno, ma non solo, potrebbero andare ad alimentare chi vive di lavoro nero (e dunque non dichiara il profilo corretto dei propri redditi) e non chi ne ha davvero bisogno.
Superato lo scoglio del decreto o dei decreti per Reddito e Quota 100, la manovra 2019 continuerà a vivere una vita piuttosto difficile. L'Unione Europea, infatti, ha sì deciso di non avviare le procedure di infrazione (ovvero la maxi-multa) a carico dell'Italia per debito eccessivo ma non ha rinunciato a guardare dentro i conti italiani.
A Bruxelles lo hanno detto chiaro e tondo: già a gennaio ci sarà una prima verifica. L'Ue, infatti, non solo vuole controllare il costo effettivo di Reddito e Quota 100, ma soprattutto non si fida del quadro complessivo dei conti pubblici italiani il cui deficit potrebbe facilmente superare la quota del 2% concordata se la crescita dell'economia fosse inferiore alle previsioni.
Il primo febbraio 2019 è la data limite entro cui l'Eurogruppo e l'Ecofin devono esprimersi sulla qualità della manovra italiana. Prima dell'accordo tra Italia e Bruxelles era questa la scadenza entro la quale l'Europa avrebbe ufficializzato la procedura di infrazione. L'accordo ha stoppato quest'ipotesi ma, in definitiva, la legge di Bilancio e i suoi primissimi effetti restano al vaglio della lente della commissione Ue.