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Pescara, 24/07/2024
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Data: 28/12/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
«La manovra farà salire il peso del fisco al 42,4%». Reddito e Quota 100 in un unico decreto Manovra, faro del Colle

ROMA La pressione fiscale che sale e gli investimenti che scendono, in un quadro nel quale l'Italia rischia addirittura la recessione. L'Ufficio parlamentare di Bilancio avverte che per effetto del maxiemendamento «la portata espansiva della manovra va ridimensionata». Tanto che, avverte il presidente, Giuseppe Pisauro, in audizione in commissione bilancio della Camera, «c'è un'inversione di segno nell'effetto netto complessivo sulla spesa per investimenti e contributi agli investimenti nel 2019: da un aumento di 1,4 miliardi inizialmente previsto si passa a una riduzione di circa un miliardo». E poi, appunto, la questione tasse. Secondo l'Upb, per effetto delle misure inserite in manovra, la pressione fiscale salirà nel 2019 al 42,4% del Pil dal 41,9% del 2018. «Negli anni successivi ha precisato Pisauro senza considerare le clausole che valgono un punto e due, un punto e 5 in più, si arriva al 42,8% nel 2020 e al 42,5% nel 2021. Il messaggio sostanziale e che c'è leggero aumento che poi rimane stabile: dal punto di vista politico sarà enorme, dal nostro è mezzo punto». Il numero uno dell'Upb ha avvertito che la nuova versione della manovra, anche se ha evitato il rischio della procedura per disavanzo eccessivo, è comunque soggetta al rischio di una deviazione significativa rispetto alle regole europee, inclusa la flessibilità per gli investimenti. «Siamo sempre su un crinale pericoloso» l'ammonimento di Pisauro. Ad ogni modo, a giudizio dell'Upb, la nuova previsione di crescita del governo «è accettabile, anche se vanno segnalati notevoli rischi al ribasso a partire da quelli legati all'andamento delle esportazioni e del commercio internazionale».
LE STIME
Le stime del governo e quelle dell'Upb sono allineate per il 2018 intorno all'1%, mentre nel 2019 ci sono divergenze sulla crescita reale (+1% per il governo, +0,8% per l'Upb). Sul nuovo quadro finanza pubblica, Pisauro ha segnalato piuttosto che «il dato preoccupante è quello sul 2020 e sul 2021, con rischi al ribasso superiori rispetto al 2019» Pisauro ha ribadito che «i rischi maggiori sono collegati soprattutto alla presenza esaltata dell'aumento futuro dell'Iva». La manovra è «chiaramente recessiva nel 2020-21, lo dice anche il governo», ha chiarito Pisauro. Secondo il presidente dell'Upb, «non vi è dubbio che nel 2019 l'Italia corra il rischio di una recessione, anche se è presto per cominciare già ora a parlarne come di una realtà: la possibilità c'è». La manovra è stata invece difesa con energia da Giovanni Tria. «La nuova versione garantisce una compliance con le regole fiscali europee evitando l'avvio che sarebbe stato disastroso di una procedura sul debito» ha spiegato in serata il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, nel corso di un'audizione di fronte alla commissione Bilancio della Camera. Il numero uno del dicastero di Via XX Settembre ha confidato nella possibilità di disinnescare le clausole di salvaguardia Iva, portate per il 2020 a circa 23 miliardi e per il 2021 a poco meno di 28,8 miliardi. Tria ha precisato che «rispetto alla prima versione della manovra, quella definitiva attuale riduce la spesa corrente del 2019 e non lo fa a scapito della spesa per investimenti». Il ministro è stato protagonista anche con uno scambio polemico in particolare con i deputati del Pd ed alla fine ha sbottato: ««Mi avete massacrato per un'ora, potrò pure parlare!». Sono seguite urla e insulti.
I TEMPI
Quanto alle misure contenute nella legge di Bilancio, il ministro ha garantito che «l'erogazione al ribasso prevista nel 2019 in 7,1 miliardi per il reddito di cittadinanza non ne modifica minimamente la portata». La misura partirà «tra fine marzo e il 1 aprile». E in riferimento al tema previdenziale, Tria ha detto che «per quota 100 si confermano l'impianto e l'impatto della riforma». Si potrà andare in pensione con 62 anni e 38 di contributi, con un preavviso di 9 mesi per i dipendenti pubblici, «senza alcuna riduzione dell'assegno pensionistico». Il ministro ha anche reso noto alcuni dettagli sul taglio delle pensioni alte. «La riduzione ha quantificato il ministro porterà a un risparmio totale di 415,26 milioni di euro tra il 2019 e il 2023, di cui circa 80 nel 2019». Tria ha anche confermato la volontà del governo di intervenire sulle indicizzazioni oltre tre volte il minimo chiarendo che la riduzione dell'adeguamento all'inflazione per le pensioni oltre tre volte il minimo sarà di «5,4 euro lordi al mese, 3,4 euro netti. Una perequazione che incide meno rispetto alle leggi vigenti finora e che porterà 2 miliardi di euro nel triennio».

Reddito e Quota 100 in un unico decreto Manovra, faro del Colle

ROMA «La colpa è di Bruxelles. Sono stati quelli della Commissione europea a chiederci la norma che raddoppia l'Ires per le associazioni no profit». Nel più classico degli scaricabarile, nel giorno in cui spunta l'ipotesi di un unico decreto per varare reddito di cittadinanza e quota 100, al ministero del Lavoro dove regna Luigi Di Maio garantiscono che la responsabilità della tassa sulla solidarietà «non è del governo». E dunque «è del tutto indolore annunciare che la cambieremo per non colpire chi aiuta i più deboli».
Alla retromarcia, annunciata per primo da Di Maio e confermata dal premier Giuseppe Conte, si è subito associato Matteo Salvini. Ma mentre per i 5Stelle il Terzo settore è «un terreno amico» e come tale «va difeso a tutti i costi», per la Lega l'argomento è quasi neutro. In più, osservano in casa lumbard, «Di Maio si deve coprire a sinistra per evitare altri problemi nel Movimento e con Fico. Noi no...».
Pasticcio sul no profit a parte, di certo c'è che Sergio Mattarella in queste ore sta valutando se stigmatizzare nel suo discorso di fine anno (una volta sventato il rischio dell'esercizio provvisorio) l'iter della legge di bilancio, in cui il Parlamento è stato completamente bypassato: la bacchettata presidenziale a governo e maggioranza giallo-verde è invocata da tutte le opposizioni. Ed è altrettanto certo che ieri è andato in scena l'ennesimo psicodramma con Giovanni Tria protagonista.
Nonostante la Commissione bilancio della Camera fosse impegnata a esaminare la manovra economica, il responsabile dell'Economia poco prima di pranzo ha fatto sapere che avrebbe disertato l'audizione. E immediatamente è ripreso il tam tam degli ultimi mesi, con il solito carosello di domande: Tria si dimette? Non vuole mettere la faccia su una manovra che fin dall'inizio voleva rispettosa dei parametri europei e alla fine è stata dettata da Bruxelles? E' arrabbiato perché i 5Stelle continuano ad attaccare i tecnici del Mef e chiedono la testa del ragioniere generale Daniele Franco?
A palazzo Chigi si sono limitati a far sapere che in realtà Tria aveva deciso di prendersi un giorno di vacanza. E che è dovuto intervenire Conte, con una telefonata, per spingere il ministro a presentarsi in Commissione alle 20.30. In casa 5Stelle, invece, hanno aggiunto la solita dose di veleno: «Tria è sempre più un problema. Probabilmente voleva disertare l'audizione dopo le altre brutte esperienze...». Il riferimento è a inizio dicembre, quando Tria rifiutò di rispondere alle domande dei commissari. «L'addio del ragioniere generale Franco? Tra poco se ne andrà, in pensione...». E c'è chi, soprattutto tra i leghisti, torna a parlare di un rimpasto di governo. Con un cambio della guardia all'Economia, ai Trasporti (Toninelli), Salute (Giulia Grillo), Istruzione (Bussetti). E con un peso maggiore per la Lega, visto che il contratto è stato stipulato quando il Carroccio era al 17%, mentre ora è quotato (in leggero calo rispetto a qualche settimana fa) tra il 32 e il 34%.
LA VERIFICA E IL DECRETO
Un nodo (una volta si sarebbe parlato di verifica) che verrà sciolto a gennaio. Come la questione del reddito di cittadinanza e di quota 100. Per evitare di essere sorpassato da Salvini e blindare la sua misura di bandiera che al Mef vorrebbero rinviare a giugno, Di Maio ha chiesto all'ufficio legislativo del suo ministero di elaborare un unico decreto che tenga insieme reddito e riforma della Fornero. Una soluzione, non sgradita alla Lega, che eviterebbe anche la competition parlamentare su quale provvedimento approvare prima. «In ogni caso», garantisce una fonte che segue il dossier, «se dovessimo confermare lo schema dei due decreti, questi verranno varati lo stesso giorno».
Il problema è quello di sempre: Salvini e Di Maio vogliono arrivare alle elezioni europee e regionali del 26 maggio con reddito e quota 100 già operativi. Ma mentre la riforma delle pensioni è fatta, quella grillina è ancora solo abbozzata.

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