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Data: 30/12/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tasse locali, un 2019 con il rischio aumenti

ROMA Più tasse per un miliardo di euro. Ecco il prezzo che i contribuenti italiani potrebbero pagare nel corso del 2019 per effetto della decisione del governo di lasciare mano libera a Comuni e Regioni in materia di imposizione locale. Una stangata che andrebbe ad aggiungersi ai 13 miliardi di gettito aggiuntivo calcolati dai commercialisti in materia di imposte nazionali. Con la legge di Bilancio, infatti, Palazzo Chigi ha rimosso lo stop agli aumenti già adottato nel triennio 2016-2018. Non solo: sindaci e governatori potranno anche applicare nuovi tributi e ridurre le agevolazioni già concesse ai contribuenti. Il risultato, secondo le valutazioni della Cgia di Mestre, è che circa l'80% delle amministrazioni territoriali potrebbe muoversi alzando le tasse. Anche se c'è chi, come l'Anci (l'associazione dei comuni italiani) frena. Con la manovra, tra l'altro, il governo ha concesso il potere di mantenere attiva la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille (portando l'aliquota massima all'1,4 per mille), ma solo per i comuni che l'hanno istituita e confermata negli anni precedenti, applicando la stessa aliquota. Non viene meno neppure il potere di graduare le tariffe Tari, aumentandole o diminuendole del 50%, per assicurare una loro maggiore equità rispetto a quelle fissate dal regolamento sul metodo normalizzato. Quanto all'Irpef comunale, i sindaci che applicano già l'aliquota massima dello 0,8 per mille (a Roma è fissata allo 0,9) non potranno andare oltre. Ma tutti gli altri potranno azionare la leva delle tasse. Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e delegato Anci alla Finanza locale, è comunque convinto che i primi cittadini saranno cauti: «È chiaro che potranno esserci alcuni aumenti ma la mia sensazione è che i sindaci si muoveranno con prudenza. Tra l'altro il prossimo anno è in programma una tornata elettorale molto importate e a nessuno piace aumentare le tasse in una fase come questa».
LA MAPPA
Sotto osservazione ci sono i comuni più piccoli del Nord Italia, mentre i grandi centri dovrebbero essere esclusi. A Roma, Milano, Torino e Napoli le tasse locali sono già posizionate sui limiti o quasi. Mentre forse a Firenze ci sarebbe qualche margine. Insomma la stangata, se ci sarà come profetizza la Cgia, riguarderà i comuni periferici. Quelli che, è bene ricordarlo, potrebbero soffrire maggiormente del taglio di circa 200 milioni operato con la manovra al Fondo utilizzato dai sindaci per finanziare detrazioni Tasi in favore dei cittadini a reddito medio-basso. Una sofferenza che è generalizzata. Tra il 2010 e il 2017, osserva ancora la Cgia, le varie manovre di finanza pubblica a carico delle autonomie locali hanno comportato una contrazione delle risorse disponibili pari a 22 miliardi. I più colpiti sono stati i Comuni. Se nelle casse dei sindaci la contrazione ha raggiunto l'anno scorso gli 8,3 miliardi, alle Regioni a Statuto ordinario le minori entrate si sono stabilizzate sui 7,2 miliardi. Le Province, invece, hanno subito una diminuzione delle risorse pari a 3,5 miliardi, mentre le Regioni a statuto speciale formalmente non hanno sopportato alcuna contrazione, anche se lo Stato centrale ha imposto loro di accantonare ben 2,9 miliardi. Con questi chiari di luna, aumentare le tasse per far quadrare i conti appare quasi inevitabile. Anche se c'è chi non ci sta.«Il via libera ai Comuni all'aumento di Imu e Tasi è un pessimo segnale per la proprietà immobiliare, che si aspettava, anzi, che avesse finalmente inizio una riduzione dello spropositato carico fiscale patrimoniale che dal 2012 sta mettendo in ginocchio il settore e il suo infinito indotto», avverte il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, aggiungendo che «lo sblocco delle aliquote deciso dal governo avrà anche ricadute negative sul piano sociale, visto che mette a rischio, in particolare, gli affitti abitativi a canone concordato, sui quali le aliquote di Imu e Tasi si erano finora mantenute relativamente più contenute». A questo proposito, Confedilizia segnala alcune città nelle quali i canoni concordati consentono di ridurre il peso delle tasse. Tra le più importanti si distinguono Milano: 7,3 per mille, Firenze, Venezia e Bologna: 7,6 per mille, Catania 9,6 per mille e Pisa e Bari: 4 per mille.

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