ROMA Il 2019 per gli statali potrebbe essere l'anno dell'esodo. La pubblica amministrazione italiana ha un'età media decisamente elevata, che ha superato ormai i cinquant'anni (52 per l'esattezza). Già secondo le stime del precedente governo nel triennio appena cominciato, ben 450 mila dipendenti pubblici raggiungeranno i requisiti per il pensionamento. A questi, adesso, si aggiungeranno coloro che potranno lasciare il lavoro con Quota 100, il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi. Si tratta di una platea, per il solo 2019, di altri 140 mila statali, anche se, secondo le stime del governo, solo 120 mila di loro utilizzeranno effettivamente lo scivolo. A questi si aggiungeranno, ovviamente, coloro che nel 2019 hanno raggiunto i requisiti della legge Fornero. Si tratterebbe di altre 90-100 mila persone. Insomma, quest'anno potrebbero lasciare i ranghi delle amministrazioni più di 200 mila statali. Con qualche rischio, come per esempio, che un certo numero di posti (alcune stime parlano di 40 mila) possano restare scoperti. Il ministro della Funzione pubblica, Giulia Bongiorno, in una recente intervista al Messaggero ha garantito che il turn over sarà del 100%. I lavoratori, insomma, saranno tutti sostituiti. Il problema, secondo i sindacati, potrebbe essere la discrasia tra le uscite e le assunzioni. Nella manovra è stato inserito un blocco delle assunzioni fino al 15 novembre del 2019. Se, come chiede il vice premier Matteo Salvini, ai dipendenti pubblici sarà permesso uscire con i requisiti di Quota 100 già dal primo luglio, in quattro mesi potrebbero restare scoperte fino a 40.000 caselle. Dal ministero della Funzione pubblica, invece, puntano ancora a ottenere che le prime uscite arrivino a ottobre, avvicinandosi così alla scadenza del blocco delle assunzioni. C'è da dire che sono previste - in manovra è scritto nero su bianco - nelle amministrazioni centrali e decentrate oltre 33.000 assunzioni da qui al prossimo quinquennio: tra dirigenti e non, medici, magistrati, amministrativi nella macchina giudiziaria, insegnanti, personale per i beni culturali, in un plotone di nuovi travet dove tra reclutamenti in deroga e stabilizzazioni brilla la sistemazione degli 11.500 addetti alle pulizie nelle scuole. Ma il processo, come noto, è stato rinviato di un anno: con la decisione di bloccare gli ingressi fino a metà novembre, alla fine, è stata salvata per il 2019 soltanto la prima tranche dei 6.150 uomini delle Forze dell'Ordine, con i quali da qui a cinque anni il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha voluto ampliare la dotazione di personale del comparto sicurezza. Senza contare che il comparto non sottostà agli obblighi della Fornero e non ha bisogno di Quota 100 per uscire in anticipo.
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Il blocco del turnover, avviato nel 2010 dal governo Berlusconi, ha ridotto di quasi un milione di unità la pianta organica della Pa. E mai come quest'anno si potrebbe vedere un ulteriore appesantimento della situazione, il tutto dettato da una scelta di forte contenimento della spesa pubblica. Dal fronte del governo fanno capire di non credere a una fuga in massa dal pubblico impiego: dei 120.000 travet che potenzialmente possono andare in pensione, circa un 20 per cento è composto da dirigenti, quindi personale con stipendi più alti che con l'anticipo andrebbe in quiescenza con assegni più bassi del previsto. Ma alle speranze potrebbero seguire interventi concreti per scongiurare un esodo: infatti, come detto, potrebbe slittare di qualche mese la finestra pensionistica, il tempo che intercorre tra la presentazione della domanda e la prima erogazione, che nel pubblico impiego è di sei mesi. Giocando un po' con i tempi della maturazione del requisito, nel 2019, la finestra potrebbe essere unica. E tanto basterebbe per ridurre il numero dei prepensionamenti e salvaguardare la tenuta del sistema.
Andrea Bassi