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Pescara, 23/11/2024
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06/01/2019
Il Messaggero
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Migranti, M5S e vescovi in campo: accogliamoli La Lega: no, porti chiusi. Salvini: «Di Maio, Fico, la Chiesa? Parlino pure, tanto decido io» |
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ROMA Restano in mare per i 49 migranti a bordo della Sea Watch 3 e della Professor Albrecht Penck, le navi umanitarie ferme davanti alle coste maltesi. Malta, che nei giorni scorsi ha salvato 250 profughi con una nave militare e secondo la quale i 49 migranti sono stati raccolti più vicino alle coste italiane, ancora non ha ancora dato l'ok allo sbarco. Il vicepremier Luigi Di Maio ieri ha ribadito la disponibilità dell'Italia ad accogliere 10 donne e bambini dopo il loro sbarco a Malta. Con lui il presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico che dice: «Non possiamo permettere che vengano lasciati in condizioni inaccettabili esseri umani che fuggono da dolore, morte e sofferenza». L'altro vicepremier Matteo Salvini mantiene invece la linea dura («non cediamo ai ricatti») e accusa il «vergognoso silenzio dell'Europa». Dalla Germania, intanto, arriva uno spiraglio: potrebbe prendere una parte delle persone soccorse, ma nel contesto di una distribuzione europea. Bruxelles da giorni sta lavorando in questo senso. Ma i 49 migranti, come già avvenuto molte altre volte, sono ormai un simbolo mediatico ed elettorale. Dunque attorno a loro è in pieno svolgimento una guerra retorica ad ampio raggio. E così Salvini conferma la linea porti chiusi e sottolinea che le navi «sono in acque territoriali maltesi: le persone a bordo devono essere fatte sbarcare a La Valletta». Altra possibilità, aggiunge, «visto che le navi delle ong hanno bandiera olandese e tedesca, chiedano aiuto a Berlino e Amsterdam». E comunque, sottolinea, è «vergognoso l'atteggiamento dell'Europa che tace». Anche Di Maio attacca Ue e Malta: «ci sono donne e bambini da 14 giorni a un miglio dalla costa maltese - rileva - e la Ue mette la testa sotto la sabbia, mentre Malta non fa il suo dovere: è una cosa ignobile. Se Malta non li fa sbarcare non prendiamo donne e bambini». Il presidente del Pd Matteo Orfini, intanto, lancia una campagna per chiedere al governo di lasciar attraccare le due navi. E la Regione Toscana, guidata dal centrosinistra, si dice pronta a fare ricorso alla Corte Costituzionale. LA NOVITÀ Ma la vera novità di questi giorni è l'intervento massiccio e diffuso della Chiesa. «La legge del mare - ricorda il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero - ci dice che noi siamo persone tendenzialmente col cuore e con le braccia aperte. Se ci si vuole chiudere il cuore, se ci si vuole incatenare le braccia, ci si costringe a non essere più noi se stessi». La Chiesa è in fibrillazione non solo per l'emergenza migranti ma perché non piace la legge sulla sicurezza. Aleggia negli ultimi giorni una chiamata all'obiezione di coscienza. È «un principio riconosciuto», ha detto l'altro ieri da Genova il cardinale Angelo Bagnasco. Un appello esplicito è stato lanciato anche da padre Francesco Occhetta, gesuita, che per la rivista La Civiltà cattolica, cura le analisi sulla politica italiana: «L'obiezione di coscienza è luce che illumina le tenebre, fa progredire i diritti umani e chiarisce i doveri». Il tema potrebbe essere al centro del Consiglio della Cei che si aprirà il 14 gennaio. Anche se l'intervento a gamba tesa sembra improbabile considerata anche la necessità di un dialogo col governo su temi delicati come l'annullamento del raddoppio delle tasse sul no profit. Ma sui migranti ormai non si contano più le prese di posizione di personalità ecclesiali influenti. Ieri l'Osservatore Romano ha dedicato la prima pagina a ciò che stanno facendo i credenti per profughi e migranti. E solo ieri sono intervenuti a favore dell'accoglienza i vescovi Guerino Di Tora, Antonio Staglianò e Rosario Gisana.
Salvini: «Di Maio, Fico, la Chiesa? Parlino pure, tanto decido io»
«In Italia non arriva proprio nessuno. Porti chiusi, sbarrati. Giusto che Di Maio parli e che dica il suo pensiero. E va benissimo che parlino pure Fico e Di Battista e che si discuta tra di noi e con il premier Conte, ma in materia di migranti quello che decide sono io». Matteo Salvini passa da un bagno di folla all'altro in Abruzzo (si vota per le regionali il 10 febbraio) e sotto una leggera nevicata fa notare nella calca dei mercatini della Befana: «Guardi, io lavoro per non far partire le donne, i bambini e tutti gli altri dai loro Paesi, e per evitare il rischio che muoiano nel deserto o nel mediterraneo. L'Italia è stata troppo a lungo un porto aperto, mentre l'Europa se ne infischiava dei migranti e ci derideva. Ora basta. Non si possono fare concessioni sui principi e il principio è che qui, se non attraverso i corridoi umanitari e in maniera controllata e legale, non entra più nessuno. Questa è la linea e non si cambia. Io ho firmato personalmente per i corridoi umanitari che porteranno in Italia migliaia di donne e di bambini. Questo è il sistema e vie diverse, gli scafisti, i trafficanti e altre schifezze, non devono più esistere». Ma Conte e Di Maio... «Ognuno ha le sue sensibilità - risponde il ministro, - e sul tema migranti stiamo facendo esattamente quello che avevamo detto di voler fare. E i cittadini sono con noi». La Chiesa no, però. «Alla Cei che critica dico: sull'accoglienza abbiamo già dato. E comunque soltanto qualche pretone fa polemica. Vada una mattina in chiesa e vedrà come la pensano i fedeli e anche i parroci. Chi è a contatto con la realtà quotidiana, come lo sono i sindaci, tranne alcuni di sinistra che pensano alla politica e non all'amministrazione delle loro città, sa bene quanto sia sentito, senza razzismo, senza isteria, il problema della sicurezza». Dice questo il vicepremier leghista, mentre sale tra la folla i gradini della chiesa delle Anime Sante, nella piazza del duomo dell'Aquila. Si ferma sull'uscio, sopra la sua testa c'è la cupola del Valadier, e questo è un luogo simbolo del terremoto, fu edificato dopo il sisma del 1703 ed è semi crollato dopo le scosse di dieci anni fa. Ministro, lo sa che è stato Mattarella a inaugurare questo gioiello dopo il restauro? «Ah, sì, bravo presidente». Intanto un trentina di giovani di sinistra barbuti e infagottati lo contestano: «Siamo tutti clandestini!». E lui, sorridendo: «E si vede!». Con Di Maio, se andate avanti così, farete scoppiare la crisi di governo, non crede? «Macché! Ma quale crisi! È una coabitazione che funziona. E sono contento che sia tornato Di Battista dalla sua vacanza, così ci dà una mano. Ognuno dice la sua ma intanto facciamo tante cose insieme, e più di quelli che ci hanno preceduto. Non c'è niente di male ad avere qualche opinione diversa, questa è la politica. Non siamo mica in Unione sovietica!». E ancora: «Da solo non sarei riuscito a fare quello che stiamo facendo insieme ai 5Stelle». Rispetto ai quali, però, il Carroccio è infinitamente più compatto e alcuni degli uomini vicini a Salvini fanno notare, non senza preoccupazione: «Sono un partito poco amalgamato e casinista, sono ragazzi, devono trovare un assetto un po' più stabile sennò si balla troppo. Ricordano un po' la Lega di qualche tempo fa...». E l'incubo del Senato friabile, a dispetto dell'ottimismo del Capitano, nelle schiere lumbard si avverte eccome. Salvini sul taglio dello stipendio dei parlamentari, nuovo slogan pre-elettorale di Di Maio e Dibba dalle Dolomiti, Salvini resta freddo e non solo perché qui in Abruzzo si gela. Osserva: «Quella una priorità? Di priorità ce ne sono almeno 50. Per me il lavoro è la grande priorità. E la prima cosa da fare adesso, quella che poi mi sta a cuore insieme alla legittima difesa, sono i decreti per smantellare la legge Fornero, cioè per restituire e milioni di italiani il diritto alla pensione e al lavoro». LA RIVOLTA Intanto però c'è la rivolta dei sindaci contro il decreto sicurezza, su cui Salvini sembra fare spallucce: «Per qualcuno che protesta, invece di amministrare le proprie città, ce ne sono molto altri, la maggioranza, e di ogni colore politico, che con molto realismo e buon senso ha capito che si tratta di provvedimenti capaci di rendere più facile il loro lavoro e più sicura la vita di tutti. Solo chi è prevenuto non lo sa». Ma anche qui, mentre Di Maio ha i suoi problemi con i sindaci grillini, Conte cerca di mediare. Lei, ministro, andrà a Palazzo Chigi a incontrare i sindaci insieme al premier? «Io, no. Io con i sindaci, anche con De Magistris che dice in privato cose diverse da quelle che dice in pubblico, ho parlato tante volte. Ma adesso non li incontro, non si può parlare con chi non conosce la materia. Si vede che alcuni sindaci, al contrario di tanti altri, non hanno letto il decreto. Sennò non direbbero quello che dicono. Viene tolta l'assistenza sanitaria con questa legge? Ma che bugia! Non è vero proprio. Non si può discutere con chi usa argomenti falsi e ideologici».
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