E’ tutto pronto. O quasi. Domani si presentano le liste e il Pd ha ancora qualche casella vuota. Invece il centrodestra prepara la grande sfida al centrosinistra: proprio lì nel padiglione strapieno del porto turistico dove Giovanni Legnini ha annunciato la propria candidatura, proprio nello stesso posto il candidato presidente di Fratelli d’Italia Marco Marsilio domenica presenterà le sue liste. La sua prima convention ufficiale, fissata non a caso nello stesso posto scelto da Legnini. E se non è una sfida questa. Sarà lì quindi che a dispetto di ogni sondaggio, il centrodestra misurerà il proprio consenso: una specie di applausometro, di misurometro per rispondere pan per focaccia al centrosinistra.
Ben più grosse le grane del Pd che dopo un tira e molla lunghissimo, ha strappato all’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco, indagato per la tragedia di Rigopiano la rinuncia alla candidatura. Una decisione che Di Marco ha affidato sui social a un manifesto ermetico, “Candido e concreto per il bene del nostro Abruzzo: sostengo il Pd della Provincia di Pescara per far vincere il candidato presidente del campo largo”, firmato Antonio Di Marco, “concreto nel fare”. Nel manifesto il nome di Legnini non c’è e viene indicato solo, con ironia, come “presidente del campo largo”
Un post condiviso dall’ex governatore Luciano D’Alfonso, che lo ha sostenuto fino all’ultimo istante, parlando dal palco del convegno promosso dall’ex presidente di Provincia nello stesso luogo di Legnini (anche lui), e minacciando di impugnare la bacchetta dopo il 10 febbraio per punire non si sa bene chi. Un post indecifrabile, sotto il quale Dalfy aveva lasciato commenti ancora più ermetici, vagamente minacciosi, barocchi come nel suo stile. Uno per tutti: “Un’onesta’ intellettuale che fara’ venire le vertigini ai minoritari”. Rimossi, dopo un’oretta: sotto il post non c’è più la possibilità di commentare, per fortuna.
No, Di Marco non si candiderà. Ma ci sono volute pressioni forti, incontri, azioni di persuasione per convincerlo a buttare la spugna. La linea che il partito aveva tentato di imporre all’inizio era stato il no a ogni persona coinvolta nella tragedia di Rigopiano, dagli indagati alle stesse vittime, come aveva denunciato Simona Di Carlo, che nella tragedia ha perso il fratello e la cognata. Una linea ingiusta, ha urlato su Facebook l’assessore al Comune di Pescara, ingiusto mettere sullo stesso piano vittime e indagati.
E alla fine non si candiderà Di Marco e neppure la Di Carlo, ma si candiderà invece Leila Kechoud, che nell’inchiesta ha avuto un ruolo da testimone (quella che non parlò al Core, al quale partecipò per curiosità, così disse, degli allarmi lanciati da Del Rosso a partire dalla mattina di quel 18 gennaio: “non toccava a me parlare”).
Il Pd deve però riempire la casella lasciata vuota da Vittoria D’Incecco, che si è candidata con Legnini nella lista “Solidali e popolari”, e anche da lei con questa mossa è arrivato un segnale di protesta rispetto al suo partito che non l’aveva ricandidata il 4 marzo scorso.
Incerto anche il destino di Cristiana Canosa, che il Pd di Ortona vorrebbe candidare a tutti i costi, ma che alla fine forse resterà a casa nonostante nella lista di Chieti manchi ancora il nome di una donna.
In area centrodestra, a quanto pare Mario Colantonio, fedelissimo di Fabrizio Di Stefano, fino a questo momento non ha trovato ospitalità dentro Fratelli d’Italia mentre altri sostenitori dell’ex parlamentare che si è ritirato due giorni fa dalla corsa per le Regionali, correranno dentro l’Udc.
ps: ma fino a domani, tutto è ancora possibile