ROMA Per perdere il reddito di cittadinanza basterà rifiutare un'offerta di lavoro già nel primo anno. Sarà quindi sufficiente un no per non avere più il sussidio. È questa la principale modifica che - su spinta della Lega - i tecnici del ministero del Lavoro hanno inserito nell'ultima versione del decreto che regolerà il sussidio contro la povertà e l'anticipo pensionistico di Quota 100. Una stretta per convincere gli scettici che il provvedimento non aiuta chi resta sul divano e chiudere così il cerchio. Proprio le tensioni nella maggioranza hanno spinto il governo ad accelerare l'iter: entro giovedì prossimo, ha giurato Luigi Di Maio, arriverà in Consiglio dei ministri il provvedimento per la prima approvazione. Il vicepremier vuole che già domani la relazione della Ragioneria generale del Mef sia pronta. Quella che ha rallentato il lavoro dei tecnici del dicastero di Via Veneto e che ha segnalato molte criticità sul fronte delle pensioni di cittadinanza.
IL MECCANISMO
Tornando alle regole d'ingaggio del reddito, soprattutto per evitare un approccio parassitario e respingere le critiche del Carroccio, al ministero del Lavoro stanno studiano le cosiddette «norme anti divano». In primo luogo è stato deciso che si può perdere il reddito anche se si rifiuta un'offerta nel primo anno dall'erogazione del sussidio. Vuoi per scoprire chi ha un'occupazione in nero, vuoi per velocizzare le attività dei Centri per l'impiego, è stato previsto che almeno dopo i primi dodici mesi dovrà essere accettata un'offerta di lavoro, se questa si dimostrerà congrua in termini economici e in relazione alle professionalità del candidato. Per disincentivare i rifiuti, dovrebbero essere inseriti dei bonus per trasferirsi lontano da casa. Cambieranno poi le «distanze» nelle proposte di lavoro: entro i primi sei mesi la distanza tra la propria residenza e la sede di destinazione non potrà superare i 100 chilometri, dopo un anno questo limite sale a 250 chilometri, invece la terza può arrivare da ogni località italiana. In questo modo si vuole fare fronte al gap di offerta delle regioni del Sud. Gli unici che potranno restare vicino casa, sono i disoccupati con disabili e minori a carico. Sempre nell'ultima bozza è stato dato mandato all'Inps di avvertire per posta i potenziali beneficiari della facoltà di accedere al sussidio. Lo stesso istituto previdenziale ha 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto per predisporre i moduli necessari per chiedere il reddito. È stato anche deciso che con la carta di cittadinanza si potrà pagare anche una parte dell'affitto: il bonus è di 280 euro per i disoccupati, di 150 euro per chi riceve la pensione di cittadinanza. Proprio la pensione di cittadinanza è nel mirino dei tecnici della Ragioneria. Dal Mef spiegano che arriverà presto il via libera, ma verso i colleghi del Lavoro sono partite non poche critiche sul computo della platea dei beneficiari. Questo calcolo, invece, andava realizzato non guardando solo ai redditi Isee, ma alla banca dati delle prestazioni welferistiche dell'Inps, visto che mancano regole chiare per evitare sovrapposizioni tra il futuro sussidio e le attuali 13 erogazioni pensionistiche sociali esistenti a oggi. Ma non sono pochi i nodi ancora aperti nel decreto: vanno meglio definiti l'iter procedurale per la presentazione di richiesta del reddito, le risorse per i disabili e le famiglie numerose, il sistema dei controlli con i Comuni e il prestito bancario garantito dallo Stato per l'anticipo del Tfs per gli statali, che altrimenti arriverebbe ai travet anche dopo 5 anni l'uscita.
Sempre il decreto dovrebbe fare luce sul futuro dell'Inps: dato per certo il ritorno del Cda, c'è da decidere il successore di Tito Boeri. Resta in piedi l'ipotesi di un commissariamento, ma per il nome del futuro presidente il premier Giuseppe Conte spinge per Marina Calderoni, storico leader dei consulenti del lavoro, i Cinquestelle guardano al padre del reddito, Pasquale Tridico, mentre la Lega chiede un tecnico.