Riammessa la lista di Chieti di “Abruzzo insieme” di Donato Di Matteo.
Il ricorso, presentato dall’avvocato Sergio Della Rocca per conto di Alessandra Storci, delegata per la lista, è stato accolto dalla Corte d’Appello dell’Aquila:
“E’ fondato – hanno scritto i giudici Rita Sannite, Alberto Iachini Bellisarii e Maria De Felice -perchè non necessitava del deposito delle firme di sottoscrittori, essendo espressione del gruppo “Abruzzo futuro” presente in Consiglio regionale, secondo quanto attestato da Mauro Di Dalmazio, presidente del gruppo, ciò risultando dalla nota della Giunta regionale Abruzzo. Tale attestazione comprova la sussistenza del requisito previsto dalla legge regionale per l’esonero dalle sottoscrizioni”.
Bocciato quindi il ricorso di Carlo Masci (accolto solo dal tribunale di Chieti) che lunedì, un attimo prima che uscisse la sentenza, già cantava vittoria su Facebook. Questa volta Masci però tace, mentre Di Matteo affida a Facebook una moderata soddisfazione: “Giustizia è fatta! Ringrazio Carlo Masci per la grande pubblicità fatta in questi giorni. La verità trionfa sempre”.
E insomma alla fine, anche la lista Di Matteo a sostengo di Legnini correrà a pieni ranghi: il colpo di spugna sulla lista di Chieti avrebbe comportato una grave menomazione, pesante anche dal punto di vista psicologico e politico per la lista e la coalizione. Ma avevano ragione loro, così come d’altronde avevano certificato già tre tribunali.
L’avvocato Sergio Della Rocca
Un ricorso articolato, ragionato, a tratti anche irritato, quello dell’avvocato Della Rocca, che aveva messo in rilievo come il tribunale di Chieti avesse usato due pesi e due misure ammettendo altre liste con gli stessi criteri che invece a Di Matteo venivano contestati:
“Tali liste, sia quelle che sostengono il candidato Presidente Legnini, sia quelle che sostengono il candidato Marsilio, hanno attribuito al capogruppo (Presidente del gruppo) la legittimazione a presentare la lista in base alla certificazione attestante la qualità di Presidente del gruppo rilasciata dalla Regione Abruzzo.
In buona sostanza, l’Ufficio di Chieti aveva ritenuto valide, per tutte le altre liste presentate, la certificazione di capogruppo proveniente dalla Regione, “tanto da disporre legittimamente la loro ammissione, salvo considerare che la stessa (identica) certificazione per “Abruzzo Insieme” è solo astrattamente idonea a legittimare la presentazione della lista da parte del Di Dalmazio”.
Mauro Di Dalmazio
“Sfugge in cosa possa consistere il diversamente “concreto” di una identica attestazione regionale che ha consentito allo stesso Ufficio Circoscrizionale di ammettere tutte le altre liste espressioni di gruppo presenti nel Consiglio Regionale”.
La disparità di trattamento,
“insita nel provvedimento di esclusione appare evidente e la contraddittorietà della motivazione costituisce nell’azione amministrativa un manifesto vizio per eccesso di potere che determina la illegittimità ex se dell’atto stesso”, scriveva l’avvocato. .
La Direzione Affari della Presidenza della Regione Abruzzo del 7.01.2019 (depositata al momento della presentazione della lista) certificava d’altronde che Mauro Di Dalmazio ricopre la carica di Consigliere Regionale ed è Presidente del gruppo consiliare “dal 18.6.2014 a tutt’oggi”. Quindi?
“Non si comprende come tale certificazione, che essendo atto pubblico fa fede fino a querela di falso, possa essere dubitata dall’Ufficio di Chieti che solo “astrattamente” considera Di Dalmazio legittimato ad esprimere la volontà del gruppo, e per quel che qui interessa, a presentare la lista in nome e per conto del Gruppo che egli invece rappresenta a tutti gli effetti di legge”.
Di Dalmazio invece, secondo la norma, come Capogruppo, è l’unico soggetto a poter rappresentare il gruppo “Abruzzo Futuro” e a “poter disporre la presentazione di una lista espressione di quel gruppo consiliare che egli stesso rappresenta”, concludeva Della Rocca nel suo ricorso.
E’ il gruppo consiliare costituito in Consiglio regionale che, in forza di tale rilevanza (formalmente attestata dalla Regione) può presentare liste in nome e per conto del Gruppo Consiliare.
Non sono quindi previste altre figure esterne e, seppure vi fossero, non avrebbero titolo rispetto a coloro che rappresentano il gruppo consiliare. Masci quindi con questa lista, in questa fase, non c’entra niente. Anche perché non è più consigliere regionale: non è stato rieletto.
Carlo Masci (al centro)
In tal senso, si era espresso anche il Collegio Regionale per le Garanzie Statutarie (composto dai professori Di Plinio, Orrù e Colavitti) che nel parere del febbraio 2017, esaminando una fattispecie per molti versi analoga, ha evidenziato “l’evoluzione sempre più marcata della rilevanza della natura pubblica del gruppo fino a configurare una sfera di autonomia costituzionale derivante dall’elezione rappresentativa.”
Insomma, alla fine la Corte d’Appello dice a Masci: se vuole rivendicare la titolarità del contrassegno del gruppo, questa “non è di pertinenza di questo ufficio”.
ps: E forse Masci, che fa anche l’avvocato, avrebbe dovuto saperlo.