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Data: 18/01/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Per Salvini il sussidio slitterà: 5Stelle destinati a schiantarsi

ROMA Raccontano a palazzo Chigi che «mai vertice è filato così liscio». In meno di un'ora, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini in mattinata hanno sciolto l'ultimo nodo: i fondi per garantire il trattamento di fine servizio ai dipendenti pubblici che godranno di quota 100. E poi, in meno di venti minuti, a sera il governo ha varato il decretone. Ma a margine del summit mattutino, i due vicepremier hanno affrontato le grane rimaste sul tavolo. Quelle che faranno fibrillare il governo giallo-verde da qui alle elezioni europee: la Tav e la riforma delle autonomie. E qui i sorrisi e il clima di intesa sono evaporati.
Nel breve colloquio Salvini, pressato dai governatori di Lombardia e Veneto, dagli industriali e dalla società civile del Nord, è tornato a chiedere lumi sul destino dell'Alta velocità Torino-Lione. Di più, avrebbe anche rilanciato sulla questione delle trivelle nel Mar Ionio. Due questioni che fanno venire l'orticaria ai 5Stelle. Il capo della Lega, com'è nel suo stile, è andato diretto al punto: per il Carroccio la Tav si deve fare. Può essere ridimensionata, può diventare low cost con qualche taglio al progetto iniziale, come la cancellazione del tunnel sotto la Collina Morenica alle porte di Torino. «Ma va assolutamente fatta, altrimenti si va a referendum. Mica sarete contrari ai sentire i cittadini?!», ha chiesto non senza ironia a Di Maio.
TORNA LA TENSIONE
Il capo 5Stelle non l'ha presa bene. Dalle pacche sulle spalle, in un attimo è passato a una faccia seria. A un umore pessimo. Perché i grillini, che già hanno dovuto ingoiare il gasdotto Tap e il terzo Valico, non possono accettare «anche la Tav». E perché Di Maio, che in fondo potrebbe aprire la porta a una mediazione sul progetto («possiamo cambiarlo fino al punto di far passare il via libera all'Alta velocità ridimensionata come una loro vittoria», suggerisce un alto esponente leghista), ha le mani legate dal muro alzato da Beppe Grillo, Roberto Fico e dal rientrante Alessandro Di battista.
Altro nodo affrontato una volta chiuso il vertice sul decretone, è stato quello dell'autonomia rafforzata per Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Qui è Salvini, che guarda anche agli elettori del Sud, a essere messo alle strette. Il governatore veneto Luca Zaia scalpita e il presidente della Lombardia Attilio Fontana proprio ieri ha lanciato un aut aut: «Se non passa la riforma è meglio la crisi di governo prima delle elezioni europee di maggio...». Così il leader leghista con Di Maio è andato al cuore del problema: per il Carroccio la riforma delle autonomie è una questione di vita o di morte, va assolutamente sbloccata, superando le resistenze del Movimento che temono che sia a danno del Sud. Dice un altro alto esponente lumbard: «Ci sono alcuni ministri 5Stelle che frenano, a partire dalla Grillo, Costa e Bonafede che difende la sua competenza sui giudici di pace. Ebbene, Di Maio avvisi quei signori che è arrivato il momento di deporre le armi...».
BRUTTO CLIMA NELLA LEGA
Nella Lega il clima non è esattamente amichevole verso gli alleati pentastellati, accusati di essere «pasticcioni e incompetenti». E soprattutto fautori di un reddito di cittadinanza macchinoso, complesso e suscettibile di dare luogo a milioni di truffe. Ma Salvini, di fronte a queste obiezioni, ha replicato: «Il reddito sono fatti loro, non fate nulla, non presentate emendamenti per inasprire la vigilanza o le sanzioni. Se si andranno a schiantare, com'è probabile, vorrà dire che avranno fatto tutto da soli. E poi sarà difficile che riescano a farlo partire per aprile...». In tempo per le elezioni del 26 maggio. Il che è una buona notizia per la Lega, vista la competition elettorale con i grillini.
Il capo della Lega, che in conferenza stampa non si è voluto far fotografare con in mano il cartello dedicato al reddito di cittadinanza, è inoltre orientato a mettere mano alla parte del decretone che riguarda i disabili e le famiglie numerose. Dopo una lunga battaglia è riuscito a rastrellare i fondi per garantire il sussidio a 255 mila famiglie con disabili. «Ma si può fare e si deve fare di più». «Sono contento a metà», ha detto in serata il ministro della famiglia Lorenzo Fontana, «ma ho avuto da Matteo la promessa che in Parlamento si potrà cambiare». Una promessa confermata da Salvini in conferenza stampa, tanto per far capire a Di Maio che aria tira: «C'è un Parlamento che avrà il diritto e il dovere di intervenire per apportare miglioramenti a favore delle famiglie numerose».
Insomma, la battaglia non è finita. Probabilmente è appena cominciata.

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