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Data: 21/01/2019
Testata giornalistica: Il Sole 24 ore.com
Perché questo lunedì i mezzi pubblici sono in sciopero

No, non è il solito sciopero fatto per chiedere più soldi ad amministrazioni locali che non ne hanno: se lunedì i mezzi pubblici resteranno fermi per quattro ore, è per chiedere più sicurezza per autisti, passeggeri e tutti gli altri utenti della strada. Infatti, stavolta non è in gioco il rinnovo del contratto di lavoro, ma la riforma delle regole europee sui tempi di guida e di riposo di tutti gli autisti di mezzi pesanti, compresi i camion. Da mesi è in corso un braccio di ferro nelle istituzioni Ue, tra i Paesi fondatori e quelli dell’Est. E ora siamo alla fase decisiva.
Il braccio di ferro va oltre le distinzioni che siamo abituati a vedere ultimamente tra le forze politiche più o meno europeiste e quelle sovraniste. Più semplicemente, la partita è fra autisti dell’Est (abituati a paghe basse e turni di guida lunghi oltre ogni limite ragionevole) e dell’Ovest (anche loro sempre più sfruttati per star dietro alla concorrenza, ma le principali organizzazioni sindacali vogliono mettere uno stop per quanto possibile).

Così Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Faisa-Cisal e Ugl-Fna hanno proclamato unitariamente lo sciopero, «a seguito delle proposte europee di modifica
peggiorativa dei regolamenti sui tempi di guida e di riposo». La protesta riguarda anche «la liberalizzazione del mercato dei servizi di trasporto passeggeri, svolto con autobus e pullman nell’Unione europea (caso Flixbus e dintorni, ndr». Nei giorni scorsi c’era stato anche uno sciopero nazionale dell’autotrasporto merci (il secondo, sulla questione).


Mezzi pesanti, scontro su riposi e paghe degli autisti per il dumping dell'Est

I punti critici
I contrasti erano emersi già in sede di trattative fra Stati e nel primo passaggio della proposta di direttiva al Parlamento europeo. Tra i punti più critici, la giornata di riposo settimanale. Per due motivi:
- la proposta dell’Est di “spalmare” i tempi di riposo su quattro settimane, invece delle due attuali, per cui lo stop settimanale “lungo” di 45 ore potrebbe essere ridotto fino a 24 ore per due volte di seguito (a condizione che nelle due settimane successive venga aumentato per recuperare le ore sottratte al lavoratore nelle due settimane precedenti) e rendendo possibile la situazione-limite in cui il recupero avviene tutto nella quarta settimana (quindi, per 18 giorni lavorativi l’autista terrebbe un ritmo alto o normale, fermandosi poi per ben 87 ore, quando la paga gli verrebbe per questo decurtata sensibilmente);
- la proposta dell’Ovest di abolire l’attuale possibilità di trascorrere il riposo settimanale anche a bordo del veicolo, se si trova in un’area attrezzata (non basta poter scendere per farsi una doccia).
In generale, il problema di come si trascorre il riposo è stato riproposto tragicamente a inizio anno a Termoli (Campobasso), dalla morte di un camionista polacco probabilmente ucciso dalle esalazioni del fornello da campo che usava per cucinare a bordo, come ha denunciato Maurizio Diamante, segretario nazionale della Fit-Cisl.
Problemi anche sull’abuso del cabotaggio, utilizzato dagli operatori dell’Est per effettuare anche trasporti interni agli altri Paesi, scardinando il sistema tariffario locale. La proposta di direttiva su cui si discute contiene limitazioni, che però molti ritengono insufficienti. Si parla di limitare a 48 ore il tempo di permanenza in cabotaggio e allineare il salario a quello del Paese in cui si opera effettivamente.
Le ultime novità
A inizio dicembre sono iniziati i round decisivi. Prima con un teso vertice dei ministri dei Trasporti, poi con un voto in commissione Trasporti del Parlamento europeo, dove molte forze politiche si sono presentate divise.
Per ora le modifiche peggiorative sui punti critici sono state respinte. Ma ora il Parlamento europeo deve pronunciarsi in seduta plenaria ed è qui che si teme rispuntino emendamenti peggiorativi. Di qui la mobilitazione dei sindacati, con gli scioperi di questi giorni.

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