PESCARA Il padiglione Becci del Porto turistico di Pescara li contiene a stento. Sono arrivati da tutto l'Abruzzo i sostenitori di Marco Marsilio, il candidato presidente della Regione espressione di Fratelli d'Italia, a capo della coalizione di centrodestra. Subito, all'ingresso, giovani attivisti distribuiscono manifestini con il programma. Ed è qui che si nota la sparizione del simbolo dell'Udc dal materiale elettorale. La storia è arcinota, ed è quella della presentazione a sorpresa, nella lista dell'Udc, di due candidature (quelle di Marianna Scoccia, moglie dell'ex assessore regionale Andrea Gerosolimo, e del consigliere Mario Olivieri), sulle quali la Lega ha posto il veto. Da questo discende la reazione di Marsilio e la "cacciata" dai manifesti del simbolo dell'Udc, che tuttavia sarà presente nelle schede che saranno distribuite a chi si recherà a votare il 10 febbraio, nello spazio riservato alle liste di Marsilio. Sabato Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell'Udc, prova a trattare con Marsilio, ma ottiene un niet. Sabato notte anche il coordinatore regionale, Enrico Di Giuseppantonio, lancia un appello affinché la questione si ricomponga, ma Marsilio sulla questione è irremovibile. Bloccato dai cronisti Marsilio dichiara: «Non ci sono novità. Ho già dichiarato qual è la nostra posizione e non intendo tornare su questo argomento». Discorso chiuso, dunque, con l'Udc? «Certo», ribatte deciso. E ce n'è anche per Gianfranco Rotondi, segretario nazionale della Dc, che ha paventato una sorta di patto di desistenza della Lega per far vincere il M5S. «Dichiarazioni stupide: la Lega», sostiene, «è in prima fila per sostenere la mia candidatura».
I CLANDESTINI. Ma è dal palco che si capisce che la questione è tutt'altro che chiusa. A rilanciarla è Gaetano Quagliariello, coordinatore di Idea. Quagliariello è un fiume in piena contro «la sinistra, che quando sbaglia si nasconde dietro un simbolo». Tant'è, dice, che è persino riuscita «a prendersi un simbolo del centrodestra, Abruzzo Futuro, che è sempre stato lì, e a portarselo dall'altra parte». E poi l'affondo: «Consentimi», dice rivolgendosi a Marsilio, «di parlare dei clandestini, però per l'ultima volta». È certo che non sta parlando dei poveri cristi che arrivano sui barconi. «Mi riferisco», incalza, «ai due clandestini che sono saliti a bordo l'ultimo giorno e sono entrati nelle nostre liste. Hai fatto bene, siamo tutti con te, a dire che non ci saranno rapporti con loro, né oggi, né domani. Lo dico innanzitutto perché in quella lista c'è anche la mia tradizione, la tradizione di uomini che si sentono liberi e forti come Sturzo, ma Sturzo non taroccava le liste di notte. Essere liberi e forti vuol dire anche essere leali e rispettare gli accordi. Dico questo perché sono il principale testimone del fatto che tu non sapessi niente di questa vicenda. Sono con te perché si rottamino le pratiche cattive, ma non le persone. In quella lista», sottolinea, «ci sono tante persone in buona fede che stanno correndo in situazioni di difficoltà nel non vedere il loro simbolo. Noi abbiamo punito coloro che hanno sbagliato, che hanno fatto qualcosa contro tutti. Addirittura all'Aquila due candidati si sono ritirati. Dai dignità ai candidati in buona fede», ha esortato, «consenti loro di fare una campagna elettorale non da clandestini, ma da persone che sono ben presenti nella tua coalizione. Non facciamo l'errore di premiare i clandestini e di penalizzare i candidati regolari. Io credo e spero di poter oggi chiudere questa polemica e andare insieme verso la vittoria».
IL PROGRAMMA. Garantire il benessere delle persone, valorizzare il "Made in Abruzzo", difendere il territorio, modernizzare le infrastrutture. Questi i temi centrali sui quali Marsilio ha basato il suo programma. «L'Abruzzo», ha detto, «oggi è come se fosse chiuso dentro una gabbia. Abbiamo delle eccellenze incredibili, diamo da bere e da mangiare al mondo e lo facciamo anche muovere con i nostri prodotti , ma che tutto questo possa avvenire senza autostrade, aeroporti, porti, ferrovie, è un miracolo quotidiano». Per non parlare, ha aggiunto, del collegamento ferroviario Pescara-Roma. «Ci vogliono 4 ore e mezzo, a una velocità inferiore a 50 chilometri orari. Neanche in Ecuador», ha aggiunto, «si viaggia in treno in questa maniera».
L'ATTACCO. «C'è una grande voglia di riscatto e l'Abruzzo si rimetterà in piedi con le sue migliori energie». Anche ieri Marsilio, non ha risparmiato le critiche al centrosinistra: «Conta la credibilità delle persone e dei progetti politici», ha detto, «non il numero delle liste. Chi moltiplica le liste per tentare un improbabile recupero dimostra solo la propria debolezza».
IN SALA. Tra i presenti tanti volti della politica: da Francesco Storace a Andrea Scordella, Umberto Di Primio, Angelo Caruso, Pierluigi Biondi, Francesco Maragno, Gabriele De Angelis, Sabatino Aracu a Gianluca Zelli, Etel Sigismondi e Giandonato Morra, Nicoletta Verì, al senatore Nazario Pagano e ai deputati Giuseppe Bellachioma e Luigi D'Eramo, e tutti i candidati ufficiali.
E Salvini fa il pieno a Vasto e Lanciano. Il ministro su Pupillo per la mancata concessione della piazza: qui c'è un sindaco poco democratico
LANCIANO «È commovente vedere tutta questa gente, vuol dire che è tanta la voglia di cambiamento». Sono un bagno di folla anche le ultime due tappe del tour elettorale del ministro e leader della Lega, Matteo Salvini. In piazza Diomede a Vasto si contano mille persone, a Lanciano in serata la cifra è anche superata. Eppure il preavviso è stato poco, tanto da non aver dato il tempo di presentare le autorizzazioni richieste per piazza Plebiscito, con il Comune di Lanciano che -a differenza di quello di Vasto - non ha "chiuso un occhio" per il ministro dell'Interno. «Abbiamo dovuto ripiegare su un cinema al chiuso perché qui c'è un sindaco poco democratico», non si fa sfuggire l'occasione di una frecciata Salvini, «la prossima volta andremo in piazza e daremo al sindaco lezioni di democrazia». Sulla città intanto inizia a cadere la pioggia. Il cinema Ciakcity, nel quartiere periferico di Santa Rita, viene preso d'assalto. I 700 posti disponibili in sala 1, la più grande in assoluto della città, finiscono presto. In circa 400 rimangono fuori, sotto gli ombrelli, ad attendere l'arrivo del leader del Carroccio da Vasto. In sala sventolano le bandierine della Lega, le donne immortalano il momento in un selfie. «Da giovane ero missina, ma dopo Almirante il vuoto. Con Matteo Salvini ho ritrovato un leader carismatico», dice Susanna, milanese trapiantata a Fossacesia. Dal paese costiero arriva un nutrito gruppo di simpatizzanti. Marco, Lorenzo e Francesco si definiscono «salviniani della prima ora, ci rispecchiamo perfettamente in lui, porti chiusi e prima gli italiani. Noi ci svegliamo alle 6 per andare a lavorare, non stiamo a spasso come i migranti ospiti dei centri accoglienza della zona». «Ci aspettiamo un cambiamento», dicono Daniele e Antonella, da Atessa, «c'è bisogno di rimettere regole e che queste vengano rispettate. Vogliamo mandare i nostri figli in giro sapendo che sono al sicuro». «Matteo Salvini non si fa confondere la testa dagli altri», dice Esterina, pensionata di Rapino, che spera nella pensione di cittadinanza. Il capo della Lega si fa attendere per quasi un'ora. Prima di entrare nel cinema sale in piedi su una cassa e con un altoparlante saluta i tanti che non hanno trovato posto dentro: «Ce la metterò tutta per restituire l'Abruzzo agli abruzzesi e ad evitare i problemi che la sinistra e il Pd vi hanno lasciato in questi cinque anni». In sala lo accolgono applausi e strette di mani. Dopo l'intervento del candidato presidente del centrodestra, Marco Marsilio, inizia a snocciolare i temi a lui cari. Ricorda i 10 milioni per i familiari delle vittime di Rigopiano «dopo due anni di chiacchiere», la legge sulla legittima difesa in dirittura d'arrivo, l'arresto di Cesare Battisti, gli sbarchi degli immigrati. «Più ne partono e più muoiono», scandisce, «donne e bambini che scappano dalla guerra li facciamo arrivare in aereo, ma i porti restano chiusi per i delinquenti». E su reddito di cittadinanza e pensioni minime: «Stiamo facendo quello che faceva la sinistra di una volta». Quindi si arriva all'appuntamento elettorale del prossimo 10 febbraio. «Non guardo i sondaggi», dice Salvini, «ma me ne hanno consegnato uno e non siamo messi male». «Mi ha contattato la trasmissione "Chi l'ha visto?"», scherza poi, «in Abruzzo non c'è più traccia di D'Alfonso». «I nostri candidati sono persone normali, scegliete loro fra 21 giorni», dice ancora il leader leghista, «almeno una volta al mese lasceranno gli uffici e gireranno l'Abruzzo per ascoltare i problemi della gente. Sanità, strade, ospedali, trasporti. Qui ci sono posti di mare bellissimi, ma per fare Roma Pescara in treno fai prima ad andare a Tokyo», sottolinea. «Prima gli abruzzesi, prima gli italiani», si congeda dopo 28 minuti. Ma non è ancora il tempo di andare via, prima vengono le foto e i selfie. E in fila si mettono praticamente tutti, ragazzi, donne e perfino bambini, ad aspettare pazientemente il loro turno. Salvini ha un sorriso, una stretta di mano e una pacca per ognuno: «Mi fate fare il lavoro più bello del mondo».