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Data: 21/01/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Quota 100 costerà il 3,5% per ogni anno di anticipo. Il ricambio. Requisiti ridotti fino a tre anni, assunti i giovani. Opzione donna. Uscita dai 58 anni, importo decurtato con il contributivo. Ape sociale. Un reddito-ponte per invalidi e attività faticose. Riscatto light dell'università solo under 45

ROMA Una scelta molto personale. Alla fine la decisione se andare in pensione con Quota 100, ovvero con 62 anni di età e 38 di contributi, dipenderà da una serie di fattori e considerazioni che possono variare da lavoratore a lavoratore. Quello economico è uno degli aspetti, ma non il solo e probabilmente nemmeno il principale. Per una quota di potenziali interessati, verosimilmente coloro che si trovano in una fascia professionale e retributiva alta o medio-alta, un ruolo lo giocherà probabilmente anche il divieto di cumulare il trattamento previdenziale con una nuova attività lavorativa, ad esempio svolgendo un incarico di consulenza.
I DUE REQUISITI
L'anticipo massimo rispetto alle regole in vigore prima del decretone è di circa cinque anni, per coloro che in questi mesi raggiungono più o meno contemporaneamente i due requisiti. Se invece occorre attendere ancora per raggiungere uno dei due, ad esempio se si hanno i 62 anni ma non ancora i 38 di contributi, allora il vantaggio temporale si riduce progressivamente e lo stesso vale nel caso contrario, perché per chi continua a lavorare resta sempre la possibilità di andare via con la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne) requisito congelato proprio con il provvedimento appena approvato dal governo.
Per quanto riguarda il quantum della pensione, va ricordato che non è prevista una penalizzazione economica esplicita, come quella introdotta invece a suo tempo con la riforma Fornero (e poi cancellata negli anni successivi) che prevedeva una decurtazione progressiva in caso di accesso alla pensione prima dei 62 anni. Stavolta invece l'importo risulterà virtualmente minore, per chi sceglie Quota 100, semplicemente a causa del fatto che in caso di proseguimento dell'attività lavorativa fino all'età della vecchiaia (o della pensione anticipata) si sarebbero versati contributi aggiuntivi, che avrebbero reso più elevato l'assegno attraverso due meccanismi diversi. Da una parte la maggiore anzianità incrementa l'entità del trattamento previdenziale nel sistema di calcolo retributivo, dall'altra nel contributivo oltre all'aumento del montante si ha un coefficiente di trasformazione della rendita più favorevole. L'effetto del contributivo, che tiene conto anche dell'età del pensionamento oltre che della durata della carriera, è però relativo per chi lascia il lavoro oggi perché normalmente la quota di pensione determinata con questo metodo di calcolo è solo quella successiva al 2012 (l'anno di entrata in vigore della riforma Fornero) e quindi corrisponde al 15-20 per cento del totale.
LA DIFFERENZA
Quanto vale alla fine la differenza? Ovviamente varia in proporzione agli effettivi anni di anticipo: ad esempio - partendo da una retribuzione netta mensile di 1.500 euro - con un anno e 9 mesi la pensione netta sarà più bassa del 6,6 per cento rispetto al caso della vecchiaia, mentre con 4 anni la riduzione di fatto arriverà al 15 per cento. Per ogni anno il calo è all'incirca del 3,5 per cento. A fronte di questo minore beneficio economico immediato, il trattamento pensionistico verrà percepito per un numero di anni maggiore e almeno sul piano statistico questo fattore ridà convenienza alla scelta di chi preferisce lasciare il lavoro in anticipo. Per farsi un'idea basta pensare che attualmente l'aspettativa di vita a 67 anni (l'età della pensione di vecchiaia) è calcolata dall'Istat in circa 19 anni. Aggiungendone ad esempio uno solo di pensione si ha un incremento percentuale del periodo medio in cui si percepisce l'assegno superiore al 5 per cento. Alla fine insomma la scelta di lasciare il lavoro non risulta penalizzante nemmeno sotto il profilo economico. D'altra parte, guardando la questione dal punto di vista dei conti pubblici, gli effetti finanziari per lo Stato si prolungano oltre il periodo sperimentale di applicazione di Quota 100, ovvero il triennio 2019-2023.


Il ricambio. Requisiti ridotti fino a tre anni, assunti i giovani.

È prevista la possibilità di un ulteriore anticipo rispetto a Quota 100, fino a tre anni nel caso entri in gioco un Fondo bilaterale costituito tra le parti sociali. Questa struttura può infatti offrire un assegno straordinario per un periodo appunto di tre anni fino al momento in cui siano scattati entrambi i requisiti, i 62 anni di età e i 38 di contributi. Si richiede però un accordo tra sindacati e datori di lavoro, finalizzato all'assunzione di nuovi lavoratori in cambio di quelli che lasciano l'attività. Questo è uno dei canali con i quali il governo punta ad ottenere un reale ricambio generazionale, ma la prospettiva di poterlo utilizzare è reale solo nelle aziende più grandi.

Opzione donna. Uscita dai 58 anni, importo decurtato con il contributivo

Il decretone del governo riporta in vigore la cosiddetta Opzione donna, ovvero la facoltà per le lavoratrici di andare in pensione molto prima dell'età di vecchiaia ma con un assegno ridotto a causa del meno favorevole sistema di calcolo contributivo applicato sull'intera carriera. L'opzione riguarda le lavoratrici dipendenti che hanno compiuto 58 anni e maturato 35 anni di anzianità entro il 31 dicembre 2018. Per le autonome il requisito di età è 59. Dopo aver maturato il diritto c'è però da attendere una finestra lunga di un anno un anno e mezzo. La penalizzazione economica dipende dalla carriera dell'interessata ma si aggira intorno al 20-25 per cento, oltre all'effetto della minore contribuzione.


Ape sociale. Un reddito-ponte per invalidi e attività faticose

Il governo ha deciso di prorogare per un anno l'Ape sociale, uno strumento introdotto dalla precedente maggioranza di centro-sinistra che permette di percepire un sussidio-ponte in attesa della pensione vera e propria a partire dai 63 anni di età. Questa possibilità è però riservata a particolari categorie: i disoccupati di lungo corso, gli invalidi (oltre il 74%) coloro che assistono familiari disabili o malati, i lavoratori impegnati in mansioni ritenute particolarmente faticose. Nei primi tre casi il requisito contributivo richiesto è di 30 anni, nell'ultimo di 36. Dunque per chi può si tratta di un anticipo maggiore rispetto a quello permesso da Quota 100.

Riscatto light dell'università solo under 45

Una novità potenzialmente molto popolare contenuta nel cosiddetto decretone del governo è la possibilità di riscattare il periodo di studi universitari pagando una cifra fissa e relativamente bassa (poco più di 5 mila euro per ogni anno) che però permette di valorizzare la laurea solo ai fini del diritto alla pensione e non del suo importo. Questo aiuto potrà servire ad avvicinare in futuro il momento della pensione, ma attualmente è riservato solo a coloro che hanno meno di 45 anni; dunque dovrebbero utilizzarlo i lavoratori relativamente giovani mentre resterebbe non accessibile a coloro ai quali mancano efffettivamente pochi anni alla pensione.

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