ROMA Non è un addio facile e glielo si legge in faccia. È triste e anche un po' commossa Susanna Camusso, è normale quando si chiude un ciclo della propria vita. Ieri, dal palco della Nuova Fiera del Levante a Bari, ha tenuto la sua ultima relazione da segretaria generale del più grande sindacato italiano. Lo ha guidato per 8 anni (due mandati) e non sono stati anni facili per il Paese. Camusso avrebbe voluto lasciare una Cgil unita e, invece così non è: attorno alla sua successione si è scatenata una battaglia con la prospettiva di uno scenario inedito di un congresso chiamato a scegliere tra due liste contrapposte. Da una parte c'è Maurizio Landini, il combattivo ex leader Fiom, che negli ultimi anni più volte ha aperto ai cambiamenti politici. Landini è sostenuto dalla stessa Camusso e da gran parte delle segreteria generale. Dall'altra c'è Vincenzo Colla, ex numero uno della Cgil Emilia Romagna, appoggiato dalla potentissima categoria dei pensionati. Due modi completamente diversi di vedere il sindacato.
In platea, ad ascoltare le parole della Camusso, ad applaudirla molte volte fino alla standing ovation finale, ci sono oltre 1.500 tra delegati e invitati. In sala ovviamente anche i generali di Cisl e Uil, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. C'è il presidente di Confindustria e tanti politici. Il presidente della Repubblica, Mattarella, ha inviato un messaggio. Non c'è invece il governo. Ed è un'assenza che la segretaria uscente stigmatizza con parole dure: «Questo governo si sottrae e, secondo me, ciò è coerente rispetto ad una scelta di negare una funzione di rappresentanza e di dialogo con le parti sociali».
Nella sua relazione, oltre un'ora e mezza, Camusso parla di tanti argomenti: la manovra che non va e che «ci indebita drammaticamente, 53 miliardi, per i prossimi 2 anni», blocca i cantieri e gli investimenti. Si indigna per il Mezzogiorno dimenticato o, peggio, rappresentato come non è: «Penso che ognuno di noi senta disagio e anche indignazione per una politica che vuole proporci un Mezzogiorno popolato di persone sdraiate su un divano alla ricerca di un sussidio». Lancia appelli a difesa dell'Europa: «Continuare ad essere europei è una scelta di prospettiva e di campo rispetto alle destre e ai nazionalismi». Si rivolge a Cisl e Uil per ricordare che, l'unità sindacale, «è una scelta obbligata, l'unica che potrebbe fare la differenza» e che «salvaguarda e rafforza l'autonomia». Ma è all'unità interna alla Cgil, messa a dura prova dagli schieramenti a favore dei due candidati alla sua successione, che lancia l'appello più accorato del suo ultimo discorso da leader: «Non rinunciamo ad una idea unitaria della Cgil e del suo gruppo dirigente. Sarebbe incomprensibile. La Cgil non si merita divisioni, non se lo meritano i nostri iscritti». Da oggi parte il rush finale per l'elezione del nuovo segretario che avverrà domani. La sensazione è che si andrà alla conta tra le due liste contrapposte. Anche se la diplomazia è al lavoro e c'è chi spera ancora di trovare un accordo unitario all'ultima curva.